Naselli a giudizio senza aggravante mafiosa
L’ex comandante provinciale dei carabinieri va a processo per rivelazione di segreti d’ufficio
TERAMO. La Cassazione lo aveva già stabilito quando aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare mettendo nero su bianco che l’ex comandante provinciale dei carabinieri Giorgio Naselli non ha voluto favorire la ’ndrangheta. Lo ha ribadito il gup Claudio Paris che al termine della camera di consiglio nell’aula bunker di Rebibbia ha rinviato a giudizio il militare escludendo l’aggravante mafiosa e stabilendo che non c’è stata connessione con i fatti contestati dalla Procura di Catanzaro (guidata da Nicola Gratteri) all’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli nell’ambito della maxi inchiesta Rinascita Scott. Il processo per Naselli (assistito dagli avvocati Gennaro Lettieri e Giuseppe Fonte) inizierà ad aprile. Naselli è accusato di rivelazione di segreti d’ufficio a Pittelli. Accuse che l’ufficiale dei carabinieri ha respinto davanti al Riesame con i magistrati di questo tribunale che, all’epoca dei fatti, hanno ritenuto insussistenti due ipotesi di reato relativi alla rivelazione del segreto d’ufficio preservando la rivelazione del segreto solo per un procedimento amministrativo all’epoca in corso davanti alla prefettura di Teramo. Su questo la Cassazione ha scritto: «Risulta che il ricorrente, pur mostrando disponibilità nei confronti del Pittelli, tenne subito a precisargli che la pratica “era in mano alla prefettura” e si limitò ad esaminare gli atti, a confermare le criticità della pratica, a fornire solo vaghe assicurazioni al Pittelli quando questi gli prospettò la necessità di ottenere almeno un differimento, evitando la rapida adozione di un provvedimento negativo: ma aldilà della comunicazione di tali notizie e della data di trattazione della pratica non vi è prova della utilizzazione e strumentalizzazione delle informazioni riservate per procurare a sè o ad altri un indebito vantaggio patrimoniale o non patrimoniale. Ne deriva che nei fatti non è ravvisabile la gravità indiziaria per il reato contestato ma solo per il reato di cui al primo comma dell’articolo 326 del codice penale». La Cassazione, inoltre, aveva accolto il ricorso della difesa per l’abuso d’ufficio.
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