Teramo, assolto l'84enne accusato dalla nipote stupro
Pensionato imputato di violenza sessuale, per i giudici non ha commesso il fatto
TERAMO. Quando nelle aule di tribunale i vuoti probatori si riempono solo di deduzioni sfugge ogni certezza sull’oltre ogni ragionevole dubbio. E allora, spesso, le sentenze di assoluzione chiudono processi e fascicoli. Come quella che i giudici hanno messo nero su bianco nell’assolvere un teramano di 84 anni accusato di aver violentato più volte nel corso degli anni la nipote oggi trentenne. La pubblica accusa aveva chiesto 8 anni, ma il tribunale in composizione collegiale (presidente Giovanni Spinosa, a latere Roberto Veneziano e Belinda Pignotti) lo ha assolto per non aver commesso il fatto. Per capire i perchè bisognerà aspettare di conoscere le motivazioni, ma è evidente che l’istruttoria dibattimentale non è stata sufficiente a colmare dei vuoti. Perchè ci vuole sempre un bagaglio probatorio sufficiente per affermare o negare la responsabilità di ciascuno. Anche di fronte alle accuse pesanti e circostanziati di una giovane donna che nel corso della sua deposizione ha mostrato delle foto scattate da lei nel giorno dell’ultima aggressione, quella che – secondo l’accusa – sarebbe avvenuta quattro anni fa e per cui l’anziano era imputato. Nell’aula di corte d’assise, in una udienza a porte chiuse, sono comparse le immagini di lividi sui polsi. Compatibili con un’aggressione? Per l’accusa sì. Con lei, che si era costituita parte civile, sono sfilati come testi anche le operatrici di un centro antiviolenza di Roma dove la ragazza si era rifugiata e la sorella che ha raccontato di essere a conoscenza dello stupro. L’uomo (di cui non citiamo le generalità per tutelare la privacy di una vittima di violenza sessuale) era accusato di aver afferrato la donna per i capelli, di averla scaraventata a terra, percossa con pugni e schiaffi, ma anche colpita con un bastone di legno fino alla violenza. L’anziano ha sempre negato tutto allegando agli atti un certificato medico che accerta una sua disabilità motoria. La donna nel 2010 aveva denunciato i fatti a Roma ed erano stati proprio gli agenti della squadra mobile della capitale ad avviare le indagini diventate poi un rapporto approdotato sul tavolo del pm Irene Scordamaglia . L’uomo era difeso dagli avvocati Francesco e Stefano Mariano, mentre la parte civile era rappresentata dall’avvocato Domenico Giordano.(d.p.)
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