ALBA ADRIATICA
Uccisa da un fulmine in spiaggia: sequestrato il defibrillatore
Non si escludono consulenze sull’apparecchio, che durante l’utilizzo registra le voci di chi lo impiega. Le indagini scattate dopo l’esposto presentato dai familiari
ALBA ADRIATICA. Il fascicolo giudiziario resta contro ignoti, ma è un’inchiesta che si arricchisce di nuovi elementi di indagine quella aperta per accertare eventuali ritardi nei soccorsi istituzionali. Il caso è quello di Pamela Di Lorenzo (foto in basso), la 42enne di Alba Adriatica morta nove giorni dopo essere stata colpita da un fulmine mentre si trovava sulla spiaggia.
Su disposizione della Procura, la polizia ha sequestrato il defibrillatore usato nei soccorsi. Va detto che questi apparecchi, al momento dell’utilizzo, registrano le voci di chi li usa e proprio per ricostruire quei drammatici momenti l’esame del defibrillatore potrebbe essere importante.
L’inchiesta è stata aperta dopo l’esposto del compagno della vittima. Alla Procura (titolare del fascicolo il pm Enrica Medori) la famiglia ha chiesto di verificare, così si legge nell’esposto, «se la causa del decesso sia da attribuire a negligenze e ritardi nel soccorso, soprattutto in relazione al tempo trascorso in arresto cardiaco a causa del ritardo negli interventi». E così si ricostruisce sempre nell’esposto dei familiari (assistiti dall’avvocato Tiziano Rossoli): «A dire delle persone presenti l’arrivo dei sanitari, quelli del 118 con ambulanza, è avvenuto a circa 30 minuti dalla prima chiamata, con un ritardo che, oltre ad essere inspiegabile, di certo ha compromesso le funzioni vitali a cui, peraltro, si doveva andare ad aggiungere il fatto che non vi fosse la disponibilità del defibrillatore».
Quella mattina di agosto la donna, conosciuta barista benvoluta da tutti, per quasi mezz’ora venne sottoposta a interventi rianimatori con un lungo massaggio cardiaco eseguito prima da un turista e poi da un infermiere mentre altri nel frattempo avevano avviato la ricerca di un defibrillatore pubblico, visto che quello più vicino non era disponibile perché la postazione era stata spostata per i lavori sul lungomare. L’apparecchio usato appartiene a una postazione distante circa 500 metri dal posto in cui si trovava la donna. «Si chiede di verificare il ritardo nel soccorso», si legge nell’esposto, «anche a causa della mancata presenza di un defibrillatore rimosso da dove era stato allocato sul lungomare durante il lavoro di rifacimento del manto stradale nello spazio antistante lo stabilimento Copacabana e riposizionato solo dopo qualche giorno». L’autopsia, eseguita dopo la donazione degli organi con cui sono state salvate sette vite, ha accertato che l’arresto cardiaco provocato dalla scarica elettrica aveva determinato un’anossia (mancanza di ossigeno al cervello) con danni cerebrali irreversibili.
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