Violentata a 13 anni, teramano condannato
Il giudice infligge 4 anni e 4 mesi all’uomo arrestato per aver fatto sesso con la ragazzina ma gli revoca i domiciliari
TERAMO. Il pm ha chiesto una pena di 2 anni e 8 mesi, ma il giudice evidentemente non l’ha ritenuta congrua condannando a 4 anni e 4 mesi Aldo Pavone, il 55enne teramano arrestato a dicembre con l’accusa di violenza sessuale per aver fatto sesso con una ragazzina di 13 anni. Per l’uomo, assistito dall’avvocato Luca Pilotti, il giudice ha disposto la revoca dei domiciliari. Si chiude così in primo grado una vicenda da cui sono scaturite due delicate inchieste: una che ha portato in carcere l’uomo e l’altra che, invece, ha portato in carcere i genitori della ragazzina accusati di sfruttamento aggravato della prostituzione minorile. La sentenza di ieri è stata emessa dal gup Domenico Canosa al termine di un rito abbreviato che prevede la riduzione di un terzo della pena. L’uomo venne arrestato dopo essere stato sorpreso dai carabinieri mentre stava avendo un rapporto sessuale con la minorenne in un posto appartato, alla periferia del capoluogo. Le indagini erano scattate quando i militari avevano iniziato a seguire la ragazzina sulla base di alcune segnalazioni arrivate in caserma. Dopo l’arresto le indagini, coordinate dal pm Silvia Scamurra, sono proseguite arrivando all’emissione di due ordinanze per i genitori della ragazzina accusati di sfruttamento aggravato della prostituzione minorile. Reato che il codice affida alla competenza della procura distrettuale, in questo caso quella dell’Aquila. Il padre e la madre sono due rom di 59 e 37 anni: l’uomo è finito in carcere, la donna ha l’obbligo di presentarsi tutti i giorni alla polizia giudiziaria. La ragazzina da qualche mese è ospite di una comunità.
La sua storia racconta che accanto alla tratta delle immigrate, accanto alla vendita sui marciapiedi di minorenni straniere, schiave di protettori e tratte, sopravvive un’altra prostituzione minorile. Ed è una delicata e complessa indagine dei carabinieri quella che via via porta allo scoperto uno squallido giro di adulti intorno alla ragazzina. I militari mettono insieme un meticoloso lavoro di ascolto che li porta a raccogliere elementi che provano che ci sono più adulti che frequentano la ragazzina, ma che soprattutto a spingere la tredicenne ci sono il padre e la madre. Per venti, trenta euro. Tutto si consuma in una spirale di povertà culturale, emarginazione sociale, ma anche di complicità con chi avrebbe dovuto denunciare . A dicembre è fissato il giudizio immediato per i due genitori.(d.p.)
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