Vaccini, l'Italia blocca l'export di dosi Astrazeneca

5 Marzo 2021

BRUXELLES - L'Italia è il primo Paese dell'Ue a rifiutare l'export delle dosi di vaccini di AstraZeneca. Secondo quanto si apprende a Bruxelles, venerdì le autorità italiane hanno notificato alla Commissione europea la decisione di bloccare l'export di una partita di vaccini della casa farmaceutica in Australia. La competente autorità italiana, viene spiegato, ha ricevuto una richiesta di autorizzazione all'esportazione di vaccini anti COVID-19 da parte di AstraZeneca. La richiesta è stata fatta ai sensi del Regolamento di esecuzione Ue 2021/111 della Commissione, approvato lo scorso 30 gennaio, "che subordina l'esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione". Secondo quanto previsto dallo stesso Regolamento, l'Italia ha quindi inviato la proposta di decisione di non autorizzazione formulata a livello nazionale alla Commissione europea  che ha l'ultima parola, dal momento che ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 5, lo Stato membro è tenuto a decidere in merito alla richiesta di autorizzazione "conformemente al parere della Commissione". La proposta italiana di diniego dell'autorizzazione ha incontrato il favore della Commissione europea, che mantiene un quadro aggiornato e onnicomprensivo delle richieste di esportazioni di vaccini anti Covid-19 e dei corrispondenti impegni delle case farmaceutiche assunti nel quadro dei richiamati accordi di pre-acquisto, e non ha obiettato alle valutazioni formulate dall'Italia.  Di conseguenza, il ministero degli Esteri ha provveduto ad emanare formalmente il provvedimento di diniego all'esportazione, lo stesso giorno in cui la Commissione ha informato l'Italia che concordava con il provvedimento in oggetto. Sono oltre 250mila le dosi del vaccino di AstraZeneca che l'Italia ha proposto di bloccare, secondo quanto si apprende a Bruxelles, sulla base del nuovo meccanismo europeo sul controllo dell'export. La proposta ha incontrato il favore della Commissione. L'Italia si è mossa d'intesa con la Commissione Ue per il blocco dell'export di 250mila dosi del vaccino AstraZeneca. Lo spiega la Farnesina in una nota, ricostruendo i passaggi che hanno portato a tale decisione. Il Ministero degli Esteri ha ricevuto lo scorso 24 febbraio una richiesta di autorizzazione all'esportazione di vaccini anti COVID-19 da parte di AstraZeneca, ai sensi del Regolamento UE 2021/111 della Commissione Europea, approvato lo scorso 30 gennaio, "che subordina l'esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione". In precedenti casi di richieste di autorizzazione ricevuti da AstraZeneca, l'Italia - d'intesa con la Commissione - ha concesso il proprio nulla osta, trattandosi di modiche quantità di campioni destinati ad attività di ricerca scientifica. Nel caso di quest'ultima richiesta, tuttavia, si trattava di ben 250.700 dosi di vaccino. Per tale ragione il MAECI, dopo aver consultato le altre Amministrazioni italiane competenti - che hanno tutte espresso parere negativo - ha inviato il 26 febbraio scorso la proposta di non autorizzazione alla Commissione europea che, ai sensi del Regolamento, ha l'ultima parola in quanto lo Stato membro è tenuto a decidere "conformemente al parere della Commissione". Le motivazioni alla base della proposta italiana di non accogliere la richiesta sono le seguenti: il fatto che il Paese destinatario della fornitura (Australia) sia considerato "non vulnerabile" ai sensi del Regolamento; il permanere della penuria di vaccini nella UE e in Italia e i ritardi nelle forniture dei vaccini da parte di AstraZeneca nei confronti dell'UE e dell'Italia; l'elevato numero di dosi di vaccino oggetto della richiesta di autorizzazione all'esportazione rispetto alla quantità di dosi finora fornite all'Italia e, più in generale, ai Paesi dell'UE. La proposta italiana di diniego dell'autorizzazione è stata approvata dalla Commissione Europea e il Ministero degli Affari Esteri ha quindi provveduto, nello stesso giorno, ad emanare formalmente il provvedimento di diniego all'esportazione, notificato alla controparte il 2 marzo 2021. Intanto a livello europeo l'Ema ha avviato la valutazione del vaccino russo Sputnik V. Lo rende noto la stessa Agenzia europea. Nel comunicato, l'Ema specifica che a presentare domanda per l'Ue è stata la filiale tedesca del gruppo farmaceutico russo R-Pharm. La decisione di avviare la revisione in tempo reale, prosegue Ema, si basa sui risultati di studi di laboratorio e studi clinici sugli adulti. La revisione continuerà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per la domanda formale di autorizzazione all'immissione in commercio. L'Ema non è in grado di prevedere le tempistiche generali, ma precisa che "dovrebbe richiedere meno tempo del normale per valutare un'eventuale domanda a causa del lavoro svolto durante la revisione progressiva". L'Ente comunicherà ulteriormente quando sarà stata presentata la domanda di autorizzazione all'immissione in commercio per il vaccino. "Dopo l'approvazione da parte dell'Ema" del vaccino Sputnik V contro il Covid, "saremo pronti a fornire vaccini per 50 milioni di europei a partire da giugno 2021": lo ha dichiarato il capo del Fondo Russo per gli investimenti diretti, Kirill Dmitriev, in una nota dell'ente ripresa dall'agenzia Interfax.  "Al momento non ci sono colloqui in corso per integrare lo Sputnik nel portafogli vaccini dell'Ue": lo ha detto un portavoce della Commissione europea, ricordando che la strategia comunitaria di approvvigionamento dei vaccini "è condivisa da una task force della Commissione e gli Stati membri, e se la task force dovesse decidere di inserire lo Sputnik nel portafogli vaccini europeo lo comunicheremo". Il portavoce ha sottolineato che anche se Ema dovesse raccomandare l'approvazione del vaccino Sputnik "non c'è nessun obbligo da parte dell'Ue di inserirlo nel portafoglio vaccini con un acquisto anticipato".