Aborto e diritti delle donne, Di Pietrantonio: «Perdiamo le conquiste degli anni ’70»

30 Marzo 2025

La scrittrice Premio Strega riflette sull’eredità (mancata) delle battaglie della sua generazione: «Il collasso dei consultori ha fatto strada agli studi medici»

PESCARA. «La cosa che più mi sconvolge», dice Donatella Di Pietrantonio al Centro, «è che le tante conquiste degli anni ’70 e ’80 che davo per scontate sono di nuovo messe in discussione». Così il Premio Strega parlando della storia della giovane Maria, uno degli oltre 1300 drammatici casi di interruzione di gravidanza che fanno riemergere i temi odiosi delle incursioni politiche in una sanità sempre più depauperata, del collasso delle case consultorie e del bollino nero che sulla regione grava per il numero di obiettori tra i medici degli ospedali pubblici.

Un diritto all'autodeterminazione conquistato con la lotta e che oggi compare come un corpo sbiancato. Di Pietrantonio, che quelle battaglie le ha vissute e raccontate attraverso le pagine dei suoi romanzi, ha riflettuto sul significato di episodi come questo e sulle ripercussioni che hanno nella lunga e tortuosa strada per i diritti fondamentali.

Ha letto il caso di “Maria”, costretta ad andare fuori regione per poter abortire?

«Non conosco nei dettagli il caso in questione e non vorrei esprimermi strettamente su quello, ma è certo che nel disastro generale della sanità abruzzese garantire alle donne il diritto all’aborto non è tra le priorità di chi la malgoverna. Né mi sembra che abbia senso prendersela con un singolo primario quando il problema è evidentemente del sistema in sé».

In che senso è un problema di mal governo?

«Sul tema specifico abbiamo assistito nella nostra regione a un drammatico arretramento rispetto alle conquiste degli anni ‘70 e ’80, per cui ci ritroviamo oggi con la legge 194 svuotata dall’interno e impossibile da applicare. L’aborto sul nostro territorio è di fatto un diritto negato o, almeno, molto ostacolato. Pagheremo più tasse per coprire i buchi di bilancio della nostra sanità, ma nello scadimento generale dei servizi e nella lunghezza delle liste d’attesa non posso credere che solo per caso l’accesso all’interruzione di gravidanza sia così difficile».

Allora quel dato che dice che l’Abruzzo è la regione con più medici obiettori insieme alla Sicilia va interpretato anche in senso politico?

«L’aborto non è un tema neutro, meno che mai di questi tempi in cui, per esempio, irrompono i movimenti pro-vita nei consultori a suggerire alle donne cosa devono fare. Dietro tutte le difficoltà che non si risolvono nell’erogare il servizio, anche riguardo alla somministrazione della pillola RU 486, vedo certamente delle intenzioni politiche e ideologiche che si scaricano sul corpo delle donne».

A proposito delle case consultorie, alla base c’è un dato più allarmante: non vengono usate. Perché?

«Perché quei consultori sono stati distrutti. Avendo un’età matura ho seguito tutto l’involversi di questo genere di servizi, progressivamente svuotati come gli ospedali di comunità e un po’ tutto ciò che riguarda la sanità di prossimità. Non dobbiamo pensare che le donne non vogliano andare nei consultori, semplicemente l’utenza si è adattata all’offerta sempre minore del servizio e ha guardato altrove».

Dove?

«Il collasso delle strutture dei consultori è andato di pari passo con l’aumento dell’importanza degli studi medici. Quando ero giovane, per tutto quello che riguardava la storia ginecologica, le donne della mia generazione si rivolgevano ai consultori, poi c’è stato un progressivo orientamento verso gli studi privati, ma non ha nulla a che vedere con la singola volontà delle donne. D’altro canto, a chi converrebbe economicamente?».

Cosa ricorda delle conquiste degli anni ’70 che oggi sembra venir meno?

«Negli anni ‘70 c’era grande entusiasmo e c’era la consapevolezza di far parte di un movimento, di un cambiamento che riguardava la vita di noi tutte. Insomma, vedere di nuovo tutto sotto esame, assistere all’ingresso dei movimenti pro-life nei consultori e la pretesa di parlare a donne che hanno già preso una decisione così importante e sofferta sulla propria pelle… mi lascia veramente basita, delusa. Ho pensato di essere stata anche ingenua a ritenere che, dopo quelle conquiste, potessimo procedere verso il futuro».

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