Ercolino Ranieri: «Il futuro? Il ritorno all’autenticità»

L’Ad di Xenia sulle opportunità di cambiamento: «Sul turismo l’Abruzzo potrà costruire molto»
PESCARA. ll mondo sta cambiando, radicalmente e velocemente. Non solo a livello tecnologico e culturale ma anche strutturalmente in tutti i settori, dalle industrie, alla farmaceutica, dall’automotive, all’agricoltura, dal turismo, all’enogastronomia. Uno scenario che potrebbe far paura, ma che l’impresa considera invece un’opportunità. «La sfida è proprio questa opportunità di cambiamento». È la prima cosa che ci dice Ercolino Ranieri, fondatore, nel 1994, della società Seneca Consulting Marketing e Promotion e oggi amministratore delegato di Xenia Spa, una delle prime società benefit abruzzesi, attiva nel settore hotellerie e travel. È quest’ultimo un campo molto sensibile a qualsivoglia variazione di tipo economico: dalle più piccole, come le nuove tendenze, fino alle catastrofi, come è stata quella dell’emergenza Covid. Ma è forse proprio il fatto stesso di assorbire a dare l’opportunità poi di generare, come fa un germoglio, nuove trasformazioni.
Le questioni cruciali su cui si interrogano oggi le imprese, dottor Ranieri, sono la transizione energetica, la trasformazione digitale, la necessità di nuove competenze. Come sta reagendo il settore dell’hotellerie?
«Da anni ormai, sia le imprese che la comunità in generale ci hanno portato a rivedere strutturalmente alcune abitudini del quotidiano. Nel mio settore le strutture tendono a guardare a soluzioni più green, oltre che più efficienti ed efficaci dal punto di vista dei risparmi, ma che abbiano qualche volta la capacità di misurare questa nuova dimensione anche in termini di impatto ambientale. Molti anni fa, forse, si sarebbe pensato a un impianto che fa risparmiare più soldi, oggi invece si pensa a un impianto che abbia una ricaduta migliore anche sull’ambiente».
Quali soluzioni green vengono adottate dalle strutture alberghiere?
«Il settore della ricettività e del turismo già da tempo stava affrontando nuovi orientamenti. Oggi c’è anche molta più competenza tecnica nella ricerca. Un esempio pratico sono quelle che definiamo amenities, ovvero quei servizi e comfort necessari per rendere piacevole il soggiorno, con un occhio all’impatto ambientale. Abbiamo quindi un minor consumo di plastica per prodotti che vanno poi in dispersione, maggiore attenzione ai prodotti per l’housekeeping che richiedono oggi materie organiche, certificate, meno aggressive, così come per l’illuminazione. Il tutto, ovviamente, da condividere con il cliente, che deve sentirsi parte attiva in questa trasformazione etica, prima ancora che ecologica ed economica. Tanto più che questi servizi e prodotti non sono a basso costo, ecco perché parlo di investimento green. Ci sono poi le colazioni a km zero, con la scelta di prodotti mirati, biologici, che favoriscano la narrazione di un territorio. Si tratta non tanto di un cambiamento, ma di un’evoluzione naturale dei modelli di consumo».
Un’altra sfida è rappresentata dalle nuove competenze.
«È questa la vera questione: oggi il turismo, come tutti gli altri settori, deve inevitabilmente ritrovare degli equilibri nella ricerca delle professionalità necessarie: finora non è riuscito a seguire i tempi, ma in questi anni siamo partiti. C’è bisogno di formazione, di un rapporto con la scuola differente, bisognerebbe che la scuola si adeguasse alle nuove competenze. Oggi ci sono tipologie di professionalità necessarie al nostro settore che fino a pochi anni fa erano completamente impensabili, per esempio il digital marketing, oppure il revenue management, ovvero il processo che utilizza dati e analisi di dati per capire e anticipare il comportamento degli ospiti e la domanda futura. Si tratta quasi di utilizzare la statistica applicata, la ricerca operativa matematica, in atmosfere quasi ingegneristiche, prima appannaggio di settori completamente diversi. Questa è la sfida più importante che dobbiamo affrontare: individuare queste professionalità, formarle. Siamo una regione piccola che ha ancora tutto da costruire attorno al turismo, abbiamo da poco avviato questa narrazione della Costa dei trabocchi, ma tutto questo fa parte di un mondo che deve essere disegnato, ci vuole tempo. Il turismo è fatto di infrastrutture, ma abbiamo bisogno di aeroporti che funzionino, stazioni, collegamenti. In Abruzzo, come nel resto del paese, ci sono degli operatori eccellenti, altri meno avveduti, ma ci si può costruire. Certo ci vuole tempo, ma non siamo lontani da una possibilità come quella che hanno gli altri».
Come state gestendo il bilanciamento tra investimenti a lungo termine nella sostenibilità e le necessità immediate di profitto?
«Abbiamo due tipi di bilancio, uno di profitto e uno di sostenibilità. Credo che nei prossimi anni si arriverà rapidamente a coniugare meglio le iniziative Esg (Environmental, social and governance, ndc) con le corrispondenti risultanze economiche. C’è sempre la tentazione di ragionare solo per profitto, ma il pensare a lungo termine e all’impatto che si lascia accadrà sempre di più in futuro. La chiave è sempre la conoscenza, la capacità di interpretare i tempi lo è ancor di più».
Com’è cambiata la domanda nel settore del turismo?
«Come gruppo lavoriamo su due segmenti: quello della clientela che viaggia per lavoro e quello che si muove nella fascia premium, non di lusso, ma con una clientela medio alta. Ebbene, oggi siamo tutti alla ricerca di elementi che possano garantire più esperienze, contatti con i territori più vicini, narrazione del territorio, responsabilità etica del nostro impatto sull’ambiente e interconnessione. E notiamo un ritorno verso il concetto di semplicità e autenticità».