Fini: «In politica solo chi è senza sospetti»
Il presidente della Camera: «Contro la mafia più risorse a giudici e forze dell’ordine».
PESCARA. «Paolo Borsellino si ricorda dimostrando gratitudine a quelli che oggi, da vivi, sono impegnati a combattere la mafia. Ma dire grazie alla magistratura e alle forze dell’ordine non si fa a parole. Grazie si dice coi fatti, con più mezzi e risorse contro la mafia».
Il presidente della Camera Gianfranco Fini arriva a Pescara per la cerimonia conclusiva del premio Borsellino, ritira il riconoscimento «per l’impegno politico» dedicato alla memoria del sottosegretario Nino Sospiri dalle mani del nipote Lorenzo e dice che è «con la forza degli esempi» che si combatte il malaffare. «È con i fatti e non con le parole che bisogna dire grazie a Borsellino e agli altri eroi silenziosi», afferma Fini che parla agli studenti nella sala del consiglio comunale. «Più mezzi e più risorse per combattere la mafia», chiede Fini e il primo ad applaudire è il procuratore capo Nicola Trifuoggi.
Fini chiede uno «scatto» alla politica per fare terra bruciata intorno a chi è «colluso, vicino, compiacente» con la malavita: «Bisogna avere la forza di dire “Io quel signore non lo voglio candidato perché è portatore di interessi che non hanno nulla a che vedere con gli interessi generali della collettività”. Voglio invitare la politica», prosegue, «a essere, nei confronti della criminalità organizzata, come un tempo si diceva avrebbe dovuto essere la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto». Ma nella sala gremita, ad ascoltare il monito della terza carica dello Stato, i politici non sono schierati al gran completo: non ci sono i senatori del Pdl Filippo Piccone e Paolo Tancredi, del Pd Franco Marini e Giovanni Legnini e dell’Idv Alfonso Mascitelli. All’incontro con Fini sono assenti anche i deputati del Pdl Sabatino Aracu, Paola Pelino, Marcello De Angelis, del Pd Giovanni Lolli, Lanfranco Tenaglia, Tommaso Ginoble e Vittoria D’incecco.
«Ognuno faccia quel che può», dice Fini, «la politica può fare molto a condizione che sia una politica con la p maiuscola, fatta di servizio, etica della responsabilità, idealità. Se la politica torna a essere tutto ciò», osserva, «torna a essere l’antidoto a quella mentalità, a quella cultura di tipo para-mafioso che a volte c’è nella società e che non necessariamente si traduce in una infrazione del codice penale». Batte sul valore dei gesti concreti il presidente della Camera e tende una mano alle vittime dalla mafia: «Per combattere la mafia occorre dare concreta solidarietà a chi resiste. La lotta alle mafie si fa anche mostrando vicinanza e solidarietà alle vittime intimidite dai boss. L’indifferenza», afferma Fini, «uccide più del tritolo e di una calibro nove. Le istituzioni devono dimostrarsi attente alle esigenze di commercianti e cittadini: il vero modo per dire a chi è vittima “lo Stato è con te”, è far seguire alle intenzioni comportamenti coerenti».
Dopo le parole di Fini, a fare rumore è l’intervento di padre Luigi Merola, sette anni nel rione Forcella di Napoli a combattere la camorra prima di passare al ministero della Pubblica istruzione: «Sono a Roma da un anno e mezzo ma il ministro Maria Stella Gelmini non mi ha mai incontrato. Io vado in tutte le scuole d’Italia per promuovere la legalità ma non ho capito da che parte sta il governo», dichiara il parroco che guarda Fini e fa: «Ma come è possibile che al ministero c’è il prete anticamorra e il ministro non l’ha mai ricevuto? Io questo l’ho scritto al presidente Silvio Berlusconi e non mi ha risposto, neanche Gianni Letta l’ha fatto. Lo chiedo a Fini: ma devo continuare ad andare nelle scuole o no?». Dopo le parole graffianti, Fini fa il suo gesto concreto: il prete anticamorra va a colloquio con il suo segretario per fissare un appuntamento e ricominciare da zero.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini arriva a Pescara per la cerimonia conclusiva del premio Borsellino, ritira il riconoscimento «per l’impegno politico» dedicato alla memoria del sottosegretario Nino Sospiri dalle mani del nipote Lorenzo e dice che è «con la forza degli esempi» che si combatte il malaffare. «È con i fatti e non con le parole che bisogna dire grazie a Borsellino e agli altri eroi silenziosi», afferma Fini che parla agli studenti nella sala del consiglio comunale. «Più mezzi e più risorse per combattere la mafia», chiede Fini e il primo ad applaudire è il procuratore capo Nicola Trifuoggi.
Fini chiede uno «scatto» alla politica per fare terra bruciata intorno a chi è «colluso, vicino, compiacente» con la malavita: «Bisogna avere la forza di dire “Io quel signore non lo voglio candidato perché è portatore di interessi che non hanno nulla a che vedere con gli interessi generali della collettività”. Voglio invitare la politica», prosegue, «a essere, nei confronti della criminalità organizzata, come un tempo si diceva avrebbe dovuto essere la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto». Ma nella sala gremita, ad ascoltare il monito della terza carica dello Stato, i politici non sono schierati al gran completo: non ci sono i senatori del Pdl Filippo Piccone e Paolo Tancredi, del Pd Franco Marini e Giovanni Legnini e dell’Idv Alfonso Mascitelli. All’incontro con Fini sono assenti anche i deputati del Pdl Sabatino Aracu, Paola Pelino, Marcello De Angelis, del Pd Giovanni Lolli, Lanfranco Tenaglia, Tommaso Ginoble e Vittoria D’incecco.
«Ognuno faccia quel che può», dice Fini, «la politica può fare molto a condizione che sia una politica con la p maiuscola, fatta di servizio, etica della responsabilità, idealità. Se la politica torna a essere tutto ciò», osserva, «torna a essere l’antidoto a quella mentalità, a quella cultura di tipo para-mafioso che a volte c’è nella società e che non necessariamente si traduce in una infrazione del codice penale». Batte sul valore dei gesti concreti il presidente della Camera e tende una mano alle vittime dalla mafia: «Per combattere la mafia occorre dare concreta solidarietà a chi resiste. La lotta alle mafie si fa anche mostrando vicinanza e solidarietà alle vittime intimidite dai boss. L’indifferenza», afferma Fini, «uccide più del tritolo e di una calibro nove. Le istituzioni devono dimostrarsi attente alle esigenze di commercianti e cittadini: il vero modo per dire a chi è vittima “lo Stato è con te”, è far seguire alle intenzioni comportamenti coerenti».
Dopo le parole di Fini, a fare rumore è l’intervento di padre Luigi Merola, sette anni nel rione Forcella di Napoli a combattere la camorra prima di passare al ministero della Pubblica istruzione: «Sono a Roma da un anno e mezzo ma il ministro Maria Stella Gelmini non mi ha mai incontrato. Io vado in tutte le scuole d’Italia per promuovere la legalità ma non ho capito da che parte sta il governo», dichiara il parroco che guarda Fini e fa: «Ma come è possibile che al ministero c’è il prete anticamorra e il ministro non l’ha mai ricevuto? Io questo l’ho scritto al presidente Silvio Berlusconi e non mi ha risposto, neanche Gianni Letta l’ha fatto. Lo chiedo a Fini: ma devo continuare ad andare nelle scuole o no?». Dopo le parole graffianti, Fini fa il suo gesto concreto: il prete anticamorra va a colloquio con il suo segretario per fissare un appuntamento e ricominciare da zero.