Gianni Di Vincenzo, costruttore con la passione per le regate

L’azienda, nata nel Dopoguerra, è sul mercato da settantacinque anni: negli ultimi cinque il fatturato è cresciuto a un ritmo del 20% l’anno
Di professione costruttore, armatore per passione. Gianni Di Vincenzo, di Pescara, è a capo della società di costruzioni Dino Di Vincenzo e tra gli shareholders del gruppo Igefi, con 370 milioni di fatturato l’anno. L’entusiasmo delle regate in mare, con il Ker 46 Lisa R, è lo stesso che guida, da anni, le scelte aziendali. E lo stesso che ha portato la Di Vincenzo Spa, società di progettazione e di costruzioni generali con una storia più che settantennale alle spalle, a diventare una delle realtà più solide e affidabili del panorama italiano. Ha firmato di recente la realizzazione, a Milano, dell’Nh Citylife, un hotel che ingloba una vecchia chiesa sconsacrata: la hall trova spazio nell’involucro ristrutturato della cappella, con annessa una torre per l’hotel. Altra chicca, la ristrutturazione del palazzo del Touring club a Milano, in corso Italia, un edificio storico di raro fascino trasformato in albergo.
Partiamo dall’inizio. Come nasce la storia della vostra azienda?
«L’azienda è nata nel primo Dopoguerra. Insieme all’attività di general contractor, fin dagli anni ’50 è stato sviluppato il settore delle opere geotecniche. L’investimento di competenze ed energie ha permesso alla divisione geotecnica di posizionarsi tra i principali operatori del settore e di contribuire alla realizzazione di alcune delle più grandi opere completate sul territorio italiano».
Dove operate prevalentemente?
«Fuori regione. Abbiamo cantieri a Milano, a Roma, a Napoli. Siamo impegnati nella ricostruzione del sisma 2016 nelle Marche e in Abruzzo. Molti dei nostri clienti sono fondi di investimento immobiliari. Facciamo edilizia residenziale, direzionale e ricettiva».
Una bella realtà...
«Lavoriamo per la Sea di Milano, manutenzione aeroporti. È un’azienda che guarda a 360 gradi, copre un po’ tutti i settori. Negli ultimi cinque anni siamo cresciuti notevolmente, a un ritmo del 20% di fatturato l’anno, grazie a una visione strategica. Abbiamo colto l’opportunità della crescita del mercato spingendo con un impegno che ha portato risultati brillanti. Siamo sul mercato da 75 anni e già questo è un buon indicatore della solidità aziendale».
Grande attenzione viene riservata al tema della sostenibilità nel costruito. Come lo declinate?
«Nel settore delle costruzioni abbiamo due grandi filoni: cosa costruiamo e cosa facciamo in tema di eco sostenibilità. Sul primo fronte lavoriamo con cura nella scelta dei materiali utilizzati, che in parte vengono da riciclo, e nella cura del materiale di scarto da avviare al recupero. Prestiamo grande attenzione anche alle politiche dei consumi dell’organizzazione: negli ultimi quattro anni abbiamo redatto il bilancio di sostenibilità monitorando il miglioramento nella riduzione dei consumi diretti e indiretti».
Anche nel comparto infrastrutturale?
«Oltre all’edilizia civile operiamo nel settore infrastrutturale, con le grandi infrastrutture, e in quello geotecnico, con lavori di fondazione speciale tipo pali, diaframmi, tiranti, consolidamento terreni. Siamo impegnati nel trattamento delle acque; abbiamo in corso la realizzazione di un grande potabilizzatore nel nord del Piemonte, nella zona della Valle dell’Orco. Inoltre, stiamo costruendo depuratori e vasche per il sistema idrico di Rimini e per il depuratore di Altidona, nella Marche».
Con grande attenzione all’eco-sostenibile?
«Nel settore ambientale l’Europa ha fatto molto, ma ha dato luogo a una iper regolamentazione e ci sono già stati segnali rilevanti per ridurre alcune norme. Restando ferma la necessità di rendere più autonoma l’Europa sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico investendo nelle rinnovabili, alcuni obblighi, soprattutto di stampo burocratico, sono stati allentati. Ad esempio, i bilanci di sostenibilità dovevano registrare alcuni approfondimenti che sono stati rinviati di un paio d’anni».
Ma il discorso delle rinnovabili resta centrale...
«Nel settore edile le finalità del Superbonus 110% restano attuali. La formula è dispendiosa e non ha colto tutti gli obiettivi, ma se si vogliono ridurre gli impatti ambientali vanno trovate forme di sostegno per la qualificazione energetica e strutturale del patrimonio edilizio italiano».
L’Europa ha dato delle indicazioni?
«Sì. Regole facili da attuare, ma costose. Andrebbero trovate delle misure stabili, di lungo respiro, che consentano la pianificazione degli interventi e la certezza delle misure di sostegno per i proprietari e per le imprese».
Quanto conta la sostenibilità sul nuovo, in edilizia?
«Tutto viene realizzato con standard molto elevati. Ci sono enti che certificano la qualità del realizzato che valuta consumi, materiali utilizzati, il contenuto energetico degli stessi, la capacità dell’edificio di ridurre i consumi e, possibilmente, di non richiederli affatto. Molto varia anche in base alle fasce climatiche».
In che senso?
«Fare un edificio a consumo ridotto, per zone ad alto impatto climatico invernale, è più semplice, mentre è più difficile aggiungere l’autonomia energetica in presenza di impianti di climatizzazione estiva».
Per farlo, che tipologia di materiali utilizzate?
«Per lo più riciclabili, come alluminio e legno. Nel caso delle terre si possono utilizzare terre di recupero, così come per i materiali inerti».
Guardare alla sostenibilità abitativa per l’acquirente è tanto più costoso?
«Lavorando sul nuovo poco. Oggi, chi acquista una casa nuova con classe A ha un miglior riscontro sul mercato e una maggiore commerciabilità. Edifici a prova di futuro; poi, l’investimento iniziale viene recuperato nel tempo con un abbattimento dei costi energetici».
Dalla sostenibilità al comfort?
«Il passo è breve, grazie all’utilizzo di materiali salubri. La gestione dei ricambi d’aria, nei nostri edifici, avviene con impianti di controllo della qualità ambientale che danno luogo a un miglior comfort».
Un’opera realizzato con queste tecniche innovative?
«Abbiamo appena consegnato un nuovo edificio per Tsh, investitori olandesi. A Roma, in zona scalo San Lorenzo. Le migliori tecniche innovative, cementi a basso consumo, la garanzia nella progettazione della riduzione dei consumi complessivi lo rendono eco- sostenibile e assolutamente innovativo».