La crisi ambientale: La sfida della sostenibilità tra burocrazia e riarmi

La grande scommessa degli investimenti eco-friendly a cinque anni dalla scadenza degli Obiettivi Europei: ma il 79% dei Ceo italiani non crede nel progetto
PESCARA. Il concetto di sostenibilità ha ormai acquisito una dimensione che va ben oltre la sola componente ambientale. Oggi la sostenibilità si fonda su un approccio integrato che, oltre a considerare gli aspetti ecologici, analizza anche gli aspetti sociali ed economici dell’impatto che le organizzazioni hanno sulla società con cui interagiscono. I 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdgs) delle Nazioni Unite coprono una vasta gamma di temi, dalla lotta contro la povertà e l’ineguaglianza, alla promozione di un’economia inclusiva e alla giustizia sociale.
A settembre 2024, con l’annuncio della nuova Commissione europea guidata ancora da Ursula Von Der Leyen, è stato riaffermato l’impegno dell’Unione europea verso l’attuazione degli Sdgs. Sebbene non esplicitamente citata nelle linee politiche della Commissione, l’attuazione di questi obiettivi emerge come una priorità nelle mission letter indirizzate ai commissari.
L’attuale Commissione, in carica fino al 2029, è l’ultima che potrà perseguire gli obiettivi fissati per il 2030, ma si troverà ad operare in un contesto di crescente complessità. La 28ª edizione dell’Annual Global Ceo Survey di PwC (l’indagine annuale che raccoglie le prospettive di 4.701 Ceo a livello globale, di cui 122 in Italia) mostra alcune tendenze rilevanti. Il cambiamento climatico non rientra più tra le prime preoccupazioni dei Ceo, risultando al penultimo posto, preceduto da temi come la volatilità macroeconomica, l’inflazione, i rischi informatici e la mancanza di competenze. A livello italiano, la percentuale dei Ceo che ritiene il cambiamento climatico una priorità è scesa dal 45% nel 2023 al 38% nel 2024, confermando una tendenza ancor più marcata rispetto agli altri Paesi. Inoltre, nel corso del 2024, solo il 20% dei Ceo italiani ha riportato un aumento dei ricavi derivante da investimenti in prodotti o servizi ecosostenibili, contro il 33% a livello globale.
Di fatto, il 69% dei Ceo italiani non ha riscontrato effetti positivi sui ricavi da investimenti sostenibili, rispetto al 56% della media globale. A questo scenario si accompagna una diminuzione significativa di coloro che sono disposti ad accettare tassi di rendimento inferiori per investire in sostenibilità: nel 2023 il 39% dei Ceo italiani era disposto ad accettare rendimenti più bassi, mentre nel 2024 solo il 21% si è dichiarato pronto a fare lo stesso. Gli ostacoli principali nell’attuazione di investimenti ecosostenibili in Italia sono legati alla complessità della regolamentazione e alla mancanza di domanda da parte degli stakeholder dell’organizzazione. A livello globale, il 48% dei Ceo menziona la complessità della regolamentazione come un freno agli investimenti sostenibili, e in Italia questa percentuale cresce fino al 63%.
Inoltre, il 44% dei Ceo globali evidenzia la mancanza di richieste da parte degli stakeholder esterni, mentre in Italia questa percentuale sale al 52%. Un altro fattore che influisce sulla centralità della sostenibilità è la crescente rilevanza di tematiche come la sicurezza internazionale e l’instabilità geoeconomica. L’annuncio del progetto ReArm Europe, che prevede una spesa di 800 miliardi di euro per rafforzare la difesa e la sicurezza degli stati membri dell’Unione europea, rischia di decentralizzare la rilevanza di altri temi prioritari. Nonostante questi segnali di freno, la sfida della sostenibilità è ancora aperta. La risposta alle problematiche sociali, economiche ed ecologiche richiede un impegno che vada oltre le policy di breve termine e abbracci un orizzonte di medio-lungo periodo, in cui la cooperazione tra istituzioni, aziende e cittadini possa fare la differenza.