Luca Tosto: «Innovazione, sostenibilità e formazione: così costruiamo il futuro»

11 Aprile 2025

La Walter Tosto nasceva nel 1960 come azienda che produceva serbatoi,
oggi si occupa di progetti nel nucleare

La Walter Tosto rappresenta un esempio di eccellenza abruzzese. Nata nel 1960 come azienda che produceva i serbatoi per imprese vinicole e frantoi locali, si è poi sviluppata nel settore metalmeccanico, diventando un leader riconosciuto a livello internazionale. In questa espansione il figlio del fondatore Walter, Luca, ha avuto un ruolo fondamentale. Nominato amministratore delegato a soli 26 anni, ha saputo proiettare l’azienda verso il futuro. Dunque, è l’uomo giusto con cui parlare delle sfide attendono l’industria di domani.

Luca Tosto, partiamo da qui. Uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni è quello della transizione energetica. Che è un po’ il vostro cavallo di battaglia.

«Dal 2010 la Walter Tosto è impegnata in Iter, il più grande progetto al mondo per l'energia da fusione che, rispetto a quella a fissione nucleare, promette di essere più pulita (sostanzialmente risolve il problema delle scorie) e di produrre molta più energia».

Ricordiamo ai lettori la sua celebre definizione di questo nuovo metodo di produzione.

«Si tratta di prendere il Sole, metterlo in una scatola isolata, dargli una bella “shakerata” e riprodurre l’energia delle stelle per trarne energia».

Bellissima. E voi producete gli spicchi che devono contenere l’energia del sole.

«Esattamente. Nel nucleo del reattore la temperatura arriva a 150 milioni di gradi. Noi costruiamo gli spicchi che devono contenere questo calore. Tecnicamente si chiamano vacuum vessel, ma in azienda li chiamiamo “fagioloni”, per la loro forma».

Saranno pure “fagioloni”, ma per contenere temperature del genere devono essere altamente tecnologici.

«Richiedono livelli di precisione altissima: i micron possono fare la differenza. Pensi che quando mio padre fondò l’azienda nel 1960, si occupava della produzione di serbatoi per imprese vinicole e frantoi locali».

Con Iter, nel 2010, avete svoltato. Allora il tema dell’energia green non aveva la stessa centralità di oggi.

«Siamo stati un po’ incoscienti, ma il tempo ci ha dato ragione. Pensi che la nostra divisione Nuclear & Big Science attualmente contribuisce al 35% del valore della produzione. È il nostro fiore all’occhiello».

E per quel che riguarda la sostenibilità dei processi interni all’azienda?

«È un principio che adottiamo in ogni fase del nostro operato. Ci impegniamo concretamente per garantire un futuro sostenibile all’intero settore industriale: c’è un legame profondo tra sostenibilità e innovazione».

Si riferisce ancora al reattore a fusione?

«La fusione nucleare rappresenta il futuro dell’energia. Ma c’è dell’altro. Abbiamo in ballo un progetto importante relativo all’idrogeno, un elemento fondamentale della transizione energetica».

Ci dica di più.

«Si chiama progetto Sphero. È un serbatoio brevettato per lo stoccaggio di idrogeno verde ad altissima pressione».

Che impatto avrà sul futuro?

«Migliorerà la gestione dell'idrogeno, offrendo così una spinta significativa per l'intero settore dell’energia pulita, che è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi globali di decarbonizzazione. E non lo dico solo io: Sphero ha già ricevuto riconoscimenti a livello internazionale».

Un altro tema a cuore alle imprese che guardano verso il futuro è quello della ricerca e della formazione del personale.

«Noi cerchiamo di entrare dentro le scuole per ispirare i ragazzi e mostrargli ciò che facciamo. Collaboriamo con imprese, università e istituti tecnici per formare giovani professionisti e aiutare i talenti a fiorire».

Mi faccia un esempio.

«Dal 2006 abbiamo avviato corsi di formazione professionale per saldatori, dando a oltre quattrocento ragazzi l’opportunità di qualificarsi e di inserirsi nel mondo del lavoro. Con l’Istituto professionale Di Marzio-Michetti di Pescara abbiamo dato vita a un modello di formazione innovativo. Ogni anno, gli studenti hanno la possibilità di proseguire la loro formazione nei mesi estivi con un contratto di formazione retribuito, in un contesto lavorativo concreto».

La famiglia della Walter Tosto, però, si è allargata ben oltre i confini dell’Abruzzo.

«Noi cerchiamo di attrarre i giovani, ma non è facile trovare ragazzi che vogliano fare i saldatori. E poi abbiamo sedi all’estero e più di 1.300 dipendenti».

Sono tanti.

«Il 35% dei lavoratori proviene da Paesi esteri. Abbiamo integrato talenti provenienti da tutto il mondo, tra cui 240 indiani, 170 rumeni, 20 uzbeki, 10 moldavi e molti altri. Tutti bravissimi ragazzi».

Come li avete trovati?

«Il decreto flussi ha dato una grande mano a rispondere alle difficoltà nel reperire manodopera qualificata. Ci hanno portato nuove idee e competenze, che hanno consolidato il know how dell’azienda e ne hanno favorito l'espansione a livello globale. E anche grazie a loro che la Walter Tosto è quella che è oggi».