Licenziamenti, record in Abruzzo
Regione più povera: persi 23.800 posti di lavoro. Nel 2009 Pil -5,9%
PESCARA. Gli investimenti rallentano, le famiglie non consumano. Sono le cause principali dell'andamento recessivo che non si arresta e fa dell'Abruzzo una tra le regioni più in difficoltà d'Italia secondo il rapporto Svimez 2010 presentato ieri a Roma.
Fotografia impietosa sullo stato della economia nel Mezzogiorno. Dei circa 530mila posti di lavoro persi nell'ultimo anno e mezzo, 335mila sono al Sud. Nel 2009, tutte le regioni meridionali sono state interessate da difficoltà occupazionali ma le perdite più consistenti sono state registrate in Abruzzo (-4,6%, pari a 23.800 posti di lavoro in meno), seguito da Campania (-4,1%) e Puglia (-3,8%).
Dieci anni da dimenticare. «Il 2009, l'anno della crisi, ha visto il Pil dell'Abruzzo scendere di - 5,9 punti sul 2008, che pure è stato negativo (- 0,6), rispetto a una media nazionale del 5 per cento» commenta Roberto Campo, segretario Uil Abruzzo. «Scendono di più le regioni del Nord, e l'Abruzzo si muove con loro. Si conferma l'analisi che vede l'Abruzzo, dal 2000, accumulare record negativi in compagnia ora delle regioni del Sud, ora di quelle del Nord. Da questo tremendo ciclo temporale, l'Abruzzo esce ancora in testa alle regioni del Sud per Pil pro capite ma le distanze dal Centro si sono ampliate».
Industria: uno stillicidio. Dal 2008 al 2009, l'industria manifatturiera del Sud ha perso oltre 100mila posti di lavoro, di cui 61mila soltanto lo scorso anno. Dal 2004 al 2008, il valore aggiunto industriale al Sud ha perso il 2,4% contro il + 9,7% dei paesi dell'area Euro.
Disoccupazione in crescita. Il tasso di occupazione nella media del 2009 è sceso di quasi un punto percentuale rispetto al 2008, da 58,7% a 57,5%. Su 380mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese, 186 mila sono stati al Centro-Nord (-1,1%). Situazione più pesante nel Mezzogiorno, con 194mila unità in meno (-3%). Gli occupati al Sud sono tornati ai livelli di dieci anni fa.
Settori produttivi. La domanda di lavoro in agricoltura continua a scendere, soprattutto al Sud (-5,8% contro il +0,9% del Centro-Nord). In calo anche l'industria, che segna - 6,3% al Sud e -2,7% nell'altra ripartizione. Nella classe di età 15-24 anni, i senza lavoro sono arrivati al 20,1% nel Centro-Nord e al 36% nel Sud. Qui crescono anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,6% del totale, erano il 6,4% nel 2008). All'Italia spetta il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile più alto in Europa, di cui è responsabile soprattutto il Mezzogiorno. Nel 2009, gli occupati in età 15-24 anni crollano del 13,2%.
La laurea paga in ritardo. Nel 2009, il tasso di occupazione dei laureati 25-34 anni è stato del 53% contro il 75% del Centro-Nord. Solo in età adulta, oltre i 40 anni, il tasso di occupazione dei laureati si allinea tra le due ripartizioni: 90,3% al Sud, 92% al Centro-Nord in età 45-54 anni.
Cosa fare per interrompere il ciclo negativo? I piani di riordino nella sanità e nei trasporti rappresentano le emergenze in Abruzzo secondo la Uil. Ma non basta. «Non condividiamo l'affermazione del presidente Chiodi», riprende Campo, «secondo il quale per il ciclo 2007-2013 siamo la prima regione del Mezzogiorno». Da superare, per la Uil, è il conflitto creato tra spese per la ricostruzione post-terremoto e le spese per lo sviluppo (Masterplan). «I dati della Svimez sono l'ennesima conferma di una situazione di declino che questo governo continua volutamente a ignorare». Così, in una dichiarazione congiunta, i segretari regionali del Pd, Silvio Paolucci (Abruzzo), Danilo Leva (Molise), Enzo Amendola (Campania), Sergio Blasi (Puglia), Adriano Musi (commissario Calabria), Roberto Speranza (Basilicata), Giuseppe Lupo (Sicilia), Silvio Lai (Sardegna). «A pagare un caro prezzo», proseguono, «sono ancora una volta i lavoratori, le famiglie e le imprese. Dopo lo scippo dei Fas, con la manovra si rischia di dare un colpo definitivo alle speranze di ripresa del Mezzogiorno condannando metà del Paese a una marginalità che può far piacere solo agli incoscienti. I tagli pesantissimi imposti ai bilanci regionali si tradurranno in un aumento dell'imposizione fiscale e in una riduzione di servizi, che già dimostrano di essere al limite dell'accettabile. E' una situazione insostenibile a cui ci opporremo con tutte le nostre forze».
Fotografia impietosa sullo stato della economia nel Mezzogiorno. Dei circa 530mila posti di lavoro persi nell'ultimo anno e mezzo, 335mila sono al Sud. Nel 2009, tutte le regioni meridionali sono state interessate da difficoltà occupazionali ma le perdite più consistenti sono state registrate in Abruzzo (-4,6%, pari a 23.800 posti di lavoro in meno), seguito da Campania (-4,1%) e Puglia (-3,8%).
Dieci anni da dimenticare. «Il 2009, l'anno della crisi, ha visto il Pil dell'Abruzzo scendere di - 5,9 punti sul 2008, che pure è stato negativo (- 0,6), rispetto a una media nazionale del 5 per cento» commenta Roberto Campo, segretario Uil Abruzzo. «Scendono di più le regioni del Nord, e l'Abruzzo si muove con loro. Si conferma l'analisi che vede l'Abruzzo, dal 2000, accumulare record negativi in compagnia ora delle regioni del Sud, ora di quelle del Nord. Da questo tremendo ciclo temporale, l'Abruzzo esce ancora in testa alle regioni del Sud per Pil pro capite ma le distanze dal Centro si sono ampliate».
Industria: uno stillicidio. Dal 2008 al 2009, l'industria manifatturiera del Sud ha perso oltre 100mila posti di lavoro, di cui 61mila soltanto lo scorso anno. Dal 2004 al 2008, il valore aggiunto industriale al Sud ha perso il 2,4% contro il + 9,7% dei paesi dell'area Euro.
Disoccupazione in crescita. Il tasso di occupazione nella media del 2009 è sceso di quasi un punto percentuale rispetto al 2008, da 58,7% a 57,5%. Su 380mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese, 186 mila sono stati al Centro-Nord (-1,1%). Situazione più pesante nel Mezzogiorno, con 194mila unità in meno (-3%). Gli occupati al Sud sono tornati ai livelli di dieci anni fa.
Settori produttivi. La domanda di lavoro in agricoltura continua a scendere, soprattutto al Sud (-5,8% contro il +0,9% del Centro-Nord). In calo anche l'industria, che segna - 6,3% al Sud e -2,7% nell'altra ripartizione. Nella classe di età 15-24 anni, i senza lavoro sono arrivati al 20,1% nel Centro-Nord e al 36% nel Sud. Qui crescono anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,6% del totale, erano il 6,4% nel 2008). All'Italia spetta il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile più alto in Europa, di cui è responsabile soprattutto il Mezzogiorno. Nel 2009, gli occupati in età 15-24 anni crollano del 13,2%.
La laurea paga in ritardo. Nel 2009, il tasso di occupazione dei laureati 25-34 anni è stato del 53% contro il 75% del Centro-Nord. Solo in età adulta, oltre i 40 anni, il tasso di occupazione dei laureati si allinea tra le due ripartizioni: 90,3% al Sud, 92% al Centro-Nord in età 45-54 anni.
Cosa fare per interrompere il ciclo negativo? I piani di riordino nella sanità e nei trasporti rappresentano le emergenze in Abruzzo secondo la Uil. Ma non basta. «Non condividiamo l'affermazione del presidente Chiodi», riprende Campo, «secondo il quale per il ciclo 2007-2013 siamo la prima regione del Mezzogiorno». Da superare, per la Uil, è il conflitto creato tra spese per la ricostruzione post-terremoto e le spese per lo sviluppo (Masterplan). «I dati della Svimez sono l'ennesima conferma di una situazione di declino che questo governo continua volutamente a ignorare». Così, in una dichiarazione congiunta, i segretari regionali del Pd, Silvio Paolucci (Abruzzo), Danilo Leva (Molise), Enzo Amendola (Campania), Sergio Blasi (Puglia), Adriano Musi (commissario Calabria), Roberto Speranza (Basilicata), Giuseppe Lupo (Sicilia), Silvio Lai (Sardegna). «A pagare un caro prezzo», proseguono, «sono ancora una volta i lavoratori, le famiglie e le imprese. Dopo lo scippo dei Fas, con la manovra si rischia di dare un colpo definitivo alle speranze di ripresa del Mezzogiorno condannando metà del Paese a una marginalità che può far piacere solo agli incoscienti. I tagli pesantissimi imposti ai bilanci regionali si tradurranno in un aumento dell'imposizione fiscale e in una riduzione di servizi, che già dimostrano di essere al limite dell'accettabile. E' una situazione insostenibile a cui ci opporremo con tutte le nostre forze».
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