Manoppello

Nicola Di Sipio (Gruppo Raicam): «L’automotive è cambiato tanto I veicoli elettrici? “Autofonini”»

11 Aprile 2025

Raicam nasce nel 1982 in un’officina di Manoppello: oggi è leader nella produzione di componenti ad alta tecnologia

MANOPPELLO. Un tempo l'automobile rappresentava il sogno di libertà per le giovani generazioni. Simbolo per eccellenza di emancipazione e indipendenza. Oggi siamo di fronte a una trasformazione radicale, influenzata dalla digitalizzazione e dalla transizione energetica. Come racconta Nicola Di Sipio, fondatore del gruppo Raicam. L'auto diventa sempre più un "autofonino", ossia un dispositivo tecnologico su quattro ruote. L'imprenditore padre dell'azienda nata nel 1982 in una piccola officina meccanica di Manoppello, in provincia di Pescara, e diventata leader nella progettazione, sviluppo e produzione di freni, frizioni e altri componenti ad alta tecnologia, oltre che di sistemi propulsivi e di raffreddamento per veicoli elettrici, in questa intervista approfondisce le sfide e le opportunità legate alla transizione energetica e alla trasformazione digitale in un mercato globale in rapida evoluzione.

Quali sono i cambiamenti in atto nel settore dell'automotive?

«Oggi l'automobile è diventata il centro della transizione green, ma il processo è globale e l'auto rappresenta solo una parte del cambiamento. Le nuove generazioni, a differenza della mia, non subiscono più il fascino dell'automobile. Noi da ragazzi sognavamo di prendere la patente a 18 anni, comprare un’auto  e diventare liberi e maturi. L'auto incarnava questi ideali. Oggi il mondo cambia alla velocità della luce e con esso anche il concetto stesso di automobile»

Come saranno le nuove automobili?

«Oggi l'automobile è un po' barocca: piena di addobbi, modellature d'acciaio, manopole. L'auto elettrica è invece molto più vicina a un telefonino. lo la
chi amo "autofonino": un telefonino con quattro ruote e i sedili».

L'auto elettrica rappresenta davvero una svolta sostenibile o è solo un'illusione?

«Si parla tanto di transizione energetica ma non basta realizzare auto elettriche per diventare green. Serve un sistema complessivo che includa anche una produzione di energia pulita, non fossile, in futuro probabilmente sarà nucleare. lo, per esempio, uso un auto elettrica da oltre dieci anni e la ricarico nel mio stabilimento a Manoppello. Ma se devo andare a Vasto, arrivo e poi non posso tornare perché le colonnine non ci sono. È questa la "sostenibilità non sostenibile" di cui parlo. In queste condizioni, l'auto elettrica non è ancora una vera alternativa competitiva né per il consumatore, né per l'industria».

Come possono le aziende mantenersi competitive in questo tipo di mercato?

«E molto difficile, specie in una fase: di grande confusione e cambiamenti epocali negli stili di vita e nei consumi. Ma ogni gande trasFormazione porta anche opportunità. L'"autofonino", per esempio, è composto per il 20% da batterie, dominate dalla Cina; un altro 20% da microchip e processori, per lo più asiatici; un ulteriore 20-30% da soft-ware, sviluppato principalmente negli Stati Uniti, Corea del Sud e Cina. Solo il restante 30-40%, fatto di gomme, sterzo, carrozzeria e interni, è quello che possiamo ancora considerare una commodity. Ed è qui che si gioca la sfida industriale europea».

Perché è stato un errore puntare esclusivamente sull'elettrico?

«Penso che sia stato un errore strategico per l'Europa stabilire gli obiettivi di riduzione delle emissioni e indicare anche la tecnologia per raggiungerli. Questo compito spettava alle università, alla ricerca, e soprattutto all'industria: dovevamo fissare gli obiettivi a lungo termine e lasciare al sistema produttivo la libertà di scegliere la tecnologia migliore, che potesse essere elettrica, ibrida o termica. Cosi facendo, invece, abbiamo creato un vantaggio competitivo per l'Asia, costringendo le aziende europee a rincorrere».

Quali sono state le conseguenze di questa scelta?

«Oggi il mercato è in stagnazione. Si vendono meno auto termiche, ma nemmeno quelle elettriche decollano, perché i consumatori sono disorientati e preferiscono riparare le auto che gia possiedono, con un parco circolante vecchio di 10-12 anni. Questo paradosso sta causando una crisi profonda nel settore automotive, che colpisce duramente anche l'Abruzzo e l'Italia».

Su quali altre tecnologie si dovrebbe puntare?

«La vera rivoluzione saranno il robotaxi e la guida autonoma. Questo sistema permetterà a tutti di avere un autista personale, migliorando la qualità della vita. Pensiamo a una giovane coppia che oggi deve acquistare casa, due auto, garage, assicurazione, bollo, revisione. Tutti costi pesanti sul bilancio familiare. Con il robotaxi, invece, non si compreranno più auto né garage: si userà un'app per farsi venire a prendere. E anche andare a cena fuori cambierà: potremo concederci un calice di vino senza preoccuparci di metterci al volante. Sarà un modo nuovo e intelligente di vivere la mobilità, e contribuirà anche a svuotare le città dalle auto parcheggiate ovunque».

L'Italia che ruolo può avere in questo processo?

«Dobbiamo correre, perché siamo rimasti indietro. In Cina ci sono già citta dove il robotaxi è realtà, e molti autobus viaggiano senza autista. A San Francisco si usa da due anni. Ma noi italiani possiamo essere protagonisti di questo cambiamento. Nel 2024 l’Italia ha partecipato con il Politecnico di Milano all'Indy Autonomous Challenge all'Indianapolis Motor Speedway: una competizione internazionale tra veicoli a guida autonoma, vincendo il primo posto nella gara di sorpasso ad alta velocità. Questo dimostra che, quando uniamo università, ricerca e impresa, l'Italia può giocare un ruolo di primo piano».