«Questa crisi ci sta togliendo tutto»
L’artigiano Savino Saraceni lancia un Sos: siamo andati avanti per anni investendo tutto ciò che abbiamo guadagnato poi è arrivato il terribile 2008
Segue dalla prima pagina.
Forse proprio per questo abbiamo difficoltà nell' esprimerci ed a raccontare le nostre esperienze, le nostre storie. Io ci provo, cercando di superare anche quel cerchio di timidezza, di vergogna che ci impediscono di farlo. Spero altri mi seguiranno. Così, voglio raccontare la mia storia di artigiano per dimostrare che non bisogna aver paura nell'esporre agli altri le proprie difficoltà. Abbiamo costituito la nostra società nel Ottobre del 1983. Eravamo tre soci Aldo, Raffaele ed io, Savino. Infatti il nome della nostra ditta è Sar come le nostre iniziali. Raffaele purtroppo non ha resistito molto e siamo rimasti Aldo ed io. Non mi metto ad elencare tutte le varie esperienze fatte e le emozioni vissute in ventinove anni di attività, sarebbero entrambe lunghe e comunque non sarei in grado di descriverle. Quello che posso dire e che Aldo ed io, la Sar c'è la siamo sempre sentita come parte di noi stessi, inseparabile da noi. Siamo andati avanti per diversi anni, investendo tutto quello che abbiamo guadagnato e raggiungendo dei buoni risultati, dando lavoro ad altri, dando il nostro contributo alla società, costruendoci una reputazione ed una stima da parte di quanti operano nel nostro settore.
Il terribile 2008.
Poi è arrivato il 2008. Anno terribile. Anche se alcuni segnali già si avvertivano, Aldo ed io pensavamo di essere abbastanza bravi da poter resistere meglio di altri. Del resto, chi poteva immaginare una simile crisi, sia per durata, che per intensità. Abbiamo deciso anche di ampliare il nostro capannone proprio durante l'estate 2008 . Si fanno queste scelte con l'idea ed ambizione di essere più competitivi, di poter meglio svolgere il proprio lavoro e meglio soddisfare i clienti, soprattutto perché si crede in ciò che si fa. Scelta però che ci ha prosciugato di quelle poche risorse di denaro che avevamo.
All'inizio della crisi, si diceva che sarebbero stati gli avventurieri a scomparire, gli imbroglioni. Si diceva che si sarebbe fatta pulizia, che la serietà e la professionalità avrebbero a lungo termine pagato. In questo noi abbiamo creduto, ma ci siamo resi conto che non è sempre così. Pensavamo che la crisi sarebbe passata subito perciò, all'inizio, non abbiamo preso precauzioni importanti. Giorni di ferie ad alcuni dipendenti, abbiamo attrezzato la parte di capannone ampliato senza ricorrere a ditte esterne, ma nient'altro. Quindi abbiamo perso tempo e soldi. In una fase successiva, quando le commesse non arrivavano e nemmeno il telefono squillava più, abbiamo cercato di ristrutturarci sia come operatività e produzione, sia per quanto riguarda il credito. Abbiamo licenziato, abbiamo cercato di utilizzare in modo migliore le maestranze nelle nostre officine, abbiamo cercato di ristrutturare i nostri debiti ma anche di trovare qualche alternativa al lavoro che già facevamo. Abbiamo ridotto di molto, se non addirittura azzerato le spese superflue, sponsorizzazioni, cene di lavoro, regali natalizi. Abbiamo cercato di ridurre al minimo gli scarti di lavorazione, di riciclare tutto ciò che era possibile ufficio, ed in officina, ed in fine, non abbiamo rinnovato il contratto con la ditta che veniva a fare le pulizie nei nostri uffici, caricandoci Aldo ed io anche di questo impegno. Abbiamo cercato di allungare i tempi di pagamento con i nostri fornitori e ridurre i tempi di incasso con i nostri clienti, ma questa è risultata una missione impossibile, sia gli uni che gli altri ci chiedevano l'esatto contrario.
Il fatturato crolla.
In quatto anni, noi abbiamo perso circa il 40 per cento del nostro fatturato. Ci siamo trovati a dover pagare più interessi passivi sullo scoperto e sull'anticipo fatture in quanto li utilizziamo molto di più, ma anche sui mutui, in quanto per sanare alcune situazione, ne avevamo nel frattempo, contratto altri. Per aggiunta, visto la percentuale alta di insoluti sulle riba, i tassi di interessi quando li portiamo allo sportello bancario per farli anticipare sono sempre più alti. Se un cliente poi è recidivo, la banca non accetta più la riba e quindi non la possiamo più scontare. Nel frattempo abbiamo attinto ai nostri risparmi, abbiamo perso il sonno e la tranquillità nostra e delle nostre famiglie. Con le insolvenze che aumentano, i ricavi che si riducono, spesso Aldo ed io ci chiediamo se saremo in grado di venire fuori da tutta questa situazione. Spesso ci chiediamo se abbiamo le capacità per venire fuori da questa situazione. Ci chiediamo quand'è che abbiamo iniziato a sbagliare senza che c'è ne rendessimo conto. I dubbi, le incertezze, le paure stanno logorando la nostra esistenza. Così come i sensi di colpa per non riuscire a garantire alla propria famiglia ai propri figli delle opportunità di studio e di vita pari agli altri. Il dramma più grande che adesso ci troviamo ad affrontare, oltre a quello fondamentale delle poche commesse, è quello delle riscossioni e quello degli insoluti. Ci sono molti dei nostri clienti abituali che hanno sempre pagato e che ora non c'è la fanno più, di conseguenza anche noi non riusciamo a pagare tutti i fornitori. Alcuni di questi avendo con noi una conoscenza più che ventennale ci danno ancora fiducia altri sono più severi. Non esiste cosa più imbarazzante che dire ad un fornitore, il quale legittimamente chiede di essere pagato, di non poter onorare quel debito perché non si hanno i soldi. In quei momenti veramente mi sento incapace, sento di aver perso il mio decoro, la mia dignità di uomo e mi vergogno. Forse per questo motivo sono più indulgente con i miei debitori, anche se questo non mi aiuta a risolvere i nostri problemi.
Non può durare.
Si va avanti così, rinviando un pagamento accettando un titolo per una riba scaduta sia con i clienti che con i fornitori. In noi c'è la consapevolezza che così non può durare. Non possiamo noi imprese sostenerci l'un l'altra, è semplicemente impossibile. Prima o poi ci sarà un effetto domino che coinvolgerà tutto il sistema produttivo delle piccole imprese e da lì, purtroppo, non potranno che scaturire tensioni sociali dall'esito, secondo me, incerto. Adesso siamo demoralizzati perché il nostro lavoro non produce più reddito. Quello che riusciamo a guadagnare non è sufficiente per gestire la nostra attività, perciò ci indebitiamo sempre più. Abbiamo da giugno anche attivato la cassa integrazione per i nostri dipendenti. Le nostre risorse personali stanno esaurendosi. Veramente non sappiamo più che cosa fare. Con le scadenze fiscali da qui alla fine dell'anno la situazione diventa ancora più difficile. Saremo in tanti a soffrire e a rischio di non potercela fare. Poi c'è la paura per Equitalia, purtroppo arriveranno cartelle per imposte che non abbiamo pagato. Come spiegheremo che noi prima della crisi riuscivamo a pagare e che adesso è diventato tutto più difficile? Come riusciremo a far capire che la nostra intenzione non è quella di non pagare, ma che abbiamo bisogno di tempi più lunghi per poterlo fare? Certamente potremo rateizzare ma, se noi non riusciamo a pagare quelle che adesso sono le spese correnti, come possiamo fare ad aumentare le nostre uscite con una nuova rata da pagare? Potremmo fare come fa il governo con i cittadini. Il governo aumenta tasse e benzina, noi potremmo aumentare i nostri prezzi, ma poi chi acquisterebbe i nostri prodotti?
Il confronto col mercato.
Noi dobbiamo confrontarci con la concorrenza, il libero mercato, altri no. Poi abbiamo anche gli studi di settore ai quali dobbiamo essere congrui altrimenti, rischio di controlli fiscali. Tutto questo sicuramente non ci aiuta. Abbiamo bisogno di rilanciare il lavoro e per poterlo fare, dobbiamo rilanciare il mercato interno in modo consistente. Dobbiamo dare l'opportunità a chi ha la necessità di spendere di più di poterlo fare. Penso i dipendenti ed ai pensionati al minimo. Abbiamo bisogno di più investimenti, meno burocrazia, meno tasse, meno costi energetici, meno sprechi, meno corruzione, lotta all'evasione, lotta all'elusione, meno costi della politica, meno oneri bancari e di tanto altro ancora. Certamente questo non lo possiamo fare noi piccole imprese, ci sono altri preposti a fare questo, ma i loro tempi sono lunghissimi e la loro visione del mondo delle piccole imprese è approssimata se non in qualche frase di circostanza. Sono distratti da altro, e anche se dicono il contrario, sono interessati molto di più alla loro sopravvivenza che non al futuro del paese. Noi come artigiani non possiamo fare altro che credere nella nostra attività e quindi dobbiamo essere ottimisti, ed impegnarci nel nostro lavoro, anche se in questi momenti siamo messi veramente a dura prova.
Dobbiamo fare sistema.
Penso, e credo che non sia solo il mio pensiero, che dobbiamo fare sistema, ognuno facendo il proprio dovere e non speculando sull'altro. Dobbiamo trovare quell'unità, quella solidarietà quella tenacia che siamo sempre stati capaci di trovare come categoria, ma soprattutto come popolo, nei momenti più difficili per uscire dalle difficoltà che si sono presentate per costruire veramente una società diversa e non una copia di quella esistente. Per fare questo dobbiamo collaborare tutti. A tutti gli artigiani chiedo con coraggio e con determinazione, con forza e con entusiasmo, di far sentire la propria voce, attraverso questo giornale che ci dà questa grande opportunità, ma anche attraverso le associazioni di categoria e in qualsiasi altro modo così da poter intraprendere delle iniziative condivise per rilanciare le nostre attività. Tempo fa ho letto uno slogan diceva "se chiudono le piccole attività, chiude L'Italia". Credo sia vero. Questo dobbiamo far capire ai nostri interlocutori. Diamoci da fare. Tutto questo sempre pensando che la crisi comunque non sarebbe durata così a lungo. Non eravamo preparati per una crisi cosi duratura. Ci siamo pertanto trovati con un calo di fatturato, con una riduzione dei ricavi, con un mercato molto più aggressivo dove la concorrenza viene fatta solo dal prezzo e non dalla qualità.Bisogna anche capire, la capacità di contrattazione che in queste situazioni hanno piccole imprese come le nostre.
Torniamo a noi. Ci siamo perciò trovati di fronte ad un calo di ricavi di fatturato e ad un maggiore indebitamento. Per ridurre l'indebitamento abbiamo chiesti ulteriori prestiti che se nel breve tempo hanno dato una mano a lungo termine con le situazioni descritte hanno aumentato le uscite e reso ancor più difficoltosa la gestione della nostra attività. Allora abbiamo deciso di non pagare le nostre assicurazioni sia quelli sulla vita che quella sugli infortuni. A questo punto però, la situazione è diventata seria. La notte perdo sonno per cercare di trovare soluzioni che poi si rivelavano comunque inadeguate. Spesso mi trovo a chiedermi quand'è che Aldo ed io abbiamo iniziato a sbagliare. Mi chiedo se sono ancora all'altezza di gestire questa situazione.Dopo averci ridotto lo stipendio, da qualche tempo abbiamo iniziato ad attingere anche ai pochi risparmi che abbiamo e sicuramente non dureranno ancora per molto.Tutto questo si traduce in una perdita di sicurezza e serenità, in una maggiore difficoltà nei rapporti con gli altri. Per adesso non abbiamo compromesso i nostri equilibri famigliari ma solo per la grande comprensione dei nostri cari perché in verità questa crisi mi ha cambiato. Non sono certamente una persona piacevole con cui passare il tempo libero. D'altronde neanche io cerco compagnia e preferisco stare da solo. Questa crisi sta cambiando le mie abitudini, ho perso la serenità necessaria per poter vivere bene con gli altri. Conservo ancora un po’ di fiducia speranza.Ci troviamo, adesso, con fatturato diminuito, ricavi inferiori, commesse ridotte, con al tempo stesso, una incertezza elevata sull'incasso, costi del lavoro del denaro dell'energia elevati, con tasse in continuo aumento e noi non c'è la facciamo più. Ci si chiede di innovarci, di agganciarci all'esportazione ed ai mercati esteri, ma in queste condizioni come si fa? Ci si rende conto che la maggioranza delle piccole imprese si rivolge in modo specifico al proprio territori ? Si danno incentivi per nuove assunzioni quando migliaia di aziende come la nostra, hanno difficoltà a stare sul mercato, ma mi dite voi chi è che assume?Credo che siano state fatte delle scelte a monte e quello che si diceva una volta del piccolo è bello, oggi non vale più, così come non vale il detto che le piccole imprese sono la spina dorsale del paese. La globalizzazione farà si che tutto il mondo sarà come la Cina di Mao. In quel tipo di società non ci saranno bisogno di artigiani, non ci sarà posto per la fantasia. Pochi prodotti per tutti, ecco perché la grande distribuzione, ecco perché le grandi produzioni ed i grandi numeri. Noi che produciamo cassoni per autocarri così come richiesti dai clienti, non avremo più necessità di esistere. I clienti dovranno accontentarsi di quello che il mercato offre loro. Saranno loro che dovranno adeguarsi a quello che offre il mercato e non il mercato alle necessità dei consumatori.
Saremo più poveri.
Quello che dispiace è che stiamo buttando all'aria capacità, tradizioni, tipicità, per sostituirli con prodotti anonimi. Per gente come noi che del proprio lavoro né ha fatto una ragione di vita sembra esserci poco spazio. Se le cose andranno avanti ancora così non ci vorrà molto tempo che molti di noi chiuderanno, la Sar per prima. Con la Sar svaniranno i nostri sogni si perderanno posti di lavoro, non molti ma alcuni. Aldo ed io con le nostre famiglie sicuramente saremo più poveri, più poveri saranno i nostri dipendenti con le loro di famiglie, e lo stato, il sistema creditizio la comunità sarà forse più ricco? Quello che personalmente trovo più difficile da accettare e la perdita della mia dignità di uomo di cittadino e soprattutto di padre. Sarò costretto a rivedere i miei principi e mettere quello dell'onesta del rispetto per gli altri , per il bene comune dietro altri come quelli dell'individualismo. Non credo dobbiamo arrivare a tanto, non credo dobbiamo arrivare a questo perciò invito tutti quanti vogliono dire la propria storia di farlo. Non farlo adesso potrebbe significare di non poterlo fare più.
Savino Saraceni
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