Silvio promette: darò soldi per le infrastrutture
«Con Chiodi volteremo pagina e prima di tutto dovremo risanare la sanità».
MONTESILVANO «L’ottimo Di Pietro ha impiegato cinque minuti per distruggere il mio lavoro di cinque anni sul ponte di Messina». Silvio Berlusconi, dal palco del palacongressi di Montesilvano attacca il leader dell’Idv. La platea fischia, il Cavaliere lascia fare, poi commenta sornione: «Il vostro intervento è sgraziato ma estremamente efficace». E i fischi diventano applausi fragorosi. Sono gli applausi del suo popolo, di quelli che Berlusconi nomina seduta stante «missionari di libertà».
E li manda «a convertire amici e parenti» al verbo di Gianni Chiodi, il suo candidato presidente alla Regione. «Era il 1994 quando, per paura di vedere i comunisti al potere, sono sceso in campo insieme a pochi altri». Il presidente apre così il suo comizio elettorale, con la mano sulla spalla di Chiodi.
Rivive i momenti del suo battesimo politico, partendo proprio dai fatti di Tangentopoli (era il ’92), quando «la magistratura iniziò un’azione rivolta ai cinque partiti democratici che fino ad allora, pur con molti errori, erano riusciti a garantire per cinquant’anni progresso e benessere, facendoli scomparire». Berlusconi ricorda «quanto si sentì trasalire» di fronte all’ipotesi che «il Paese potesse consegnarsi a chi credeva nella falce e nel martello». Da qui la decisione, di «abbandonare le nostre professioni» per abbracciare la politica, ma «sempre per il bene del Paese».
Immediata la replica di Antonio Di Pietro: «Berlusconi mente sapendo di mentire, perché nel ’94 scese in campo proprio promettendo “il nuovo” rispetto a quella partitocrazia corrotta e malata, di cui invece si è alimentato ingrossando le fila del suo partito». Ma Berlusconi, dallo scranno con la scritta «Casa Abruzzo si governa tutti insieme», ha già smesso di pensare al passato. Ora sorride: è il momento dell’Abruzzo.
«Sono arrivato in ritardo perché aspettavo da Milano i risultati di un sondaggio: Chiodi è avanti di undici punti», e aggiunge di averlo scelto «perché non è un politico di professione». Il presidente racconta della cena durata due ore in cui ha conosciuto «la bellissima famiglia di Gianni», scherza con il pubblico, dà indicazioni sulla distribuzione della gente in sala: «Voi più avanti, voi a destra, avrei dovuto fare il vigile».
Il siparietto dura qualche minuto, poi si riparte con la scuola: «Abbiamo fatto una piccola cosa e la sinistra l’ha fatta sembrare chissà che», e ancora «non abbiamo licenziato nessuno: i maestri in eccesso possono occuparsi degli alunni nel doposcuola». Lo stesso vale per l’università, «vogliamo solo ridurre gli sprechi». Sull’Abruzzo Berlusconi non ha dubbi sulle cose da fare: guarire la sanità, raddoppiare la ferrovia Roma-Pescara, perché «ci vogliono le infrastrutture.
E la prossima settimana nel consiglio dei ministri ci mettiamo 16 miliardi di euro, così le facciamo subito, senza troppi cavilli burocratici e tempi lunghi». Ma il governo non ha appena tolto 250 milioni di euro per le infrastrutture in Abruzzo destinandole ad altre aree del Paese? Gli replica a distanza il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. Troppo tardi. Il presidente è già andato oltre, in un perfetto equilibrio di tempi, toni e sorrisi.
«L’Abruzzo avrà il suo tutor, è Gianni Letta», afferma, e a chi tra il pubblico invoca Letta presidente della Repubblica, replica: «Mi sembra una cosa giustissima». Sulla crisi, dice il presidente, dobbiamo stare tranquilli: «Il sistema bancario tiene benissimo». Per quanto attiene al lavoro del suo governo si dice «orgoglioso» perché «le cose le fa». I trafori delle Alpi ad esempio, «li faremo con l’esercito» e poi l’Alitalia: «Non può esserci scritto Air France sui nostri aerei, altrimenti dove pensate che porteranno i turisti cinesi e indiani, in Italia o nei Castelli della Loira?». E giù applausi. E giù il sipario.
E li manda «a convertire amici e parenti» al verbo di Gianni Chiodi, il suo candidato presidente alla Regione. «Era il 1994 quando, per paura di vedere i comunisti al potere, sono sceso in campo insieme a pochi altri». Il presidente apre così il suo comizio elettorale, con la mano sulla spalla di Chiodi.
Rivive i momenti del suo battesimo politico, partendo proprio dai fatti di Tangentopoli (era il ’92), quando «la magistratura iniziò un’azione rivolta ai cinque partiti democratici che fino ad allora, pur con molti errori, erano riusciti a garantire per cinquant’anni progresso e benessere, facendoli scomparire». Berlusconi ricorda «quanto si sentì trasalire» di fronte all’ipotesi che «il Paese potesse consegnarsi a chi credeva nella falce e nel martello». Da qui la decisione, di «abbandonare le nostre professioni» per abbracciare la politica, ma «sempre per il bene del Paese».
Immediata la replica di Antonio Di Pietro: «Berlusconi mente sapendo di mentire, perché nel ’94 scese in campo proprio promettendo “il nuovo” rispetto a quella partitocrazia corrotta e malata, di cui invece si è alimentato ingrossando le fila del suo partito». Ma Berlusconi, dallo scranno con la scritta «Casa Abruzzo si governa tutti insieme», ha già smesso di pensare al passato. Ora sorride: è il momento dell’Abruzzo.
«Sono arrivato in ritardo perché aspettavo da Milano i risultati di un sondaggio: Chiodi è avanti di undici punti», e aggiunge di averlo scelto «perché non è un politico di professione». Il presidente racconta della cena durata due ore in cui ha conosciuto «la bellissima famiglia di Gianni», scherza con il pubblico, dà indicazioni sulla distribuzione della gente in sala: «Voi più avanti, voi a destra, avrei dovuto fare il vigile».
Il siparietto dura qualche minuto, poi si riparte con la scuola: «Abbiamo fatto una piccola cosa e la sinistra l’ha fatta sembrare chissà che», e ancora «non abbiamo licenziato nessuno: i maestri in eccesso possono occuparsi degli alunni nel doposcuola». Lo stesso vale per l’università, «vogliamo solo ridurre gli sprechi». Sull’Abruzzo Berlusconi non ha dubbi sulle cose da fare: guarire la sanità, raddoppiare la ferrovia Roma-Pescara, perché «ci vogliono le infrastrutture.
E la prossima settimana nel consiglio dei ministri ci mettiamo 16 miliardi di euro, così le facciamo subito, senza troppi cavilli burocratici e tempi lunghi». Ma il governo non ha appena tolto 250 milioni di euro per le infrastrutture in Abruzzo destinandole ad altre aree del Paese? Gli replica a distanza il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. Troppo tardi. Il presidente è già andato oltre, in un perfetto equilibrio di tempi, toni e sorrisi.
«L’Abruzzo avrà il suo tutor, è Gianni Letta», afferma, e a chi tra il pubblico invoca Letta presidente della Repubblica, replica: «Mi sembra una cosa giustissima». Sulla crisi, dice il presidente, dobbiamo stare tranquilli: «Il sistema bancario tiene benissimo». Per quanto attiene al lavoro del suo governo si dice «orgoglioso» perché «le cose le fa». I trafori delle Alpi ad esempio, «li faremo con l’esercito» e poi l’Alitalia: «Non può esserci scritto Air France sui nostri aerei, altrimenti dove pensate che porteranno i turisti cinesi e indiani, in Italia o nei Castelli della Loira?». E giù applausi. E giù il sipario.