Ucciso a pugni, la sorella: "Sono bestie, li ammazzerei"
La tragedia vissuta a Castel di Lama. La madre: «Non l’ho ancora riabbracciato»
CASTEL DI LAMA. Raccontare il dolore per un lutto che toglie il respiro e le forze, è difficilissimo. Lucia Di Virgilio, la madre di Antonio De Meo e Maria, la sorella, ci provano ed escono dal riserbo. «E’ una cosa troppo grossa togliere un figlio a una madre, un dolore inaccettabile. E poi un figlio come il mio... un ragazzo mite, che non avrebbe mai partecipato a una rissa. Mi hanno detto che quando quelli hanno cominciato a prenderlo in giro, lui ha cercato di far finta di niente, sperava che smettessero. Se li incontrassi adesso mi verrebbe da dire che li ammazzo, ma lasciamo stare».
«Pure io», aggiunge Maria, «se avessi di fronte quelli che hanno fatto morire Antonio proverei ad ucciderli, gli farei sentire quello che ha provato lui e quello che stiamo provando noi. Gli assassini di mio fratello sono bestie. I rom bisognerebbe rimandarli tutti a casa, non hanno un’anima nè un cuore. Vengono qui fanno quello che vogliono e se la prendono pure senza motivo con chi si guadagna il pane con il duro lavoro, proprio come faceva mio fratello, studente e cameriere. La vita, si sa, è fatta di nascita e poi di morte: ma come si può morire in quel modo e a quell’età? Te lo dico io, non si può. E’ una cosa brutta, brutta. I miei genitori sono distrutti, noi fratelli siamo distrutti. E’ difficile sopportare tutto questo, non lo auguro a nessuno, mai». La sorella del giovane chiude gli occhi e ricorda le ultime ore.
«Abbiamo ricevuto una telefonata alle due di notte, domenica. Mia madre è andata a rispondere. Era la fidanzata di Antonio. I carabinieri pare abbiano raccolto il suo cellulare e composto l’ultimo numero in memoria: le hanno chiesto di presentarsi in caserma perché era successo qualcosa. Lei ci ha voluti con sè, siamo partiti e solo dopo tanto che eravamo là, mi ricordo che era già mattina, ci hanno detto quello che era successo veramente, che Antonio non c’era più. E’ stato drammatico, scioccante, devastante. Ancora adesso ripensando a quel momento non so, sembra che il cuore non mi batta più. Non abbiamo avuto ancora il permesso di rivederlo, sai. Sembra che prima dell’autopsia sia impossibile. Quindi lo potremmo riabbracciare, per l’ultima volta, solo domani. Io intanto sono andata a Villa Rosa. Ho voluto vedere l’ultimo posto dov’era stato Antonio, per essergli ancora in un certo senso vicina. Ho lasciato dei fiori. Ho cercato di rendere carino quel misero posto».
«Pure io», aggiunge Maria, «se avessi di fronte quelli che hanno fatto morire Antonio proverei ad ucciderli, gli farei sentire quello che ha provato lui e quello che stiamo provando noi. Gli assassini di mio fratello sono bestie. I rom bisognerebbe rimandarli tutti a casa, non hanno un’anima nè un cuore. Vengono qui fanno quello che vogliono e se la prendono pure senza motivo con chi si guadagna il pane con il duro lavoro, proprio come faceva mio fratello, studente e cameriere. La vita, si sa, è fatta di nascita e poi di morte: ma come si può morire in quel modo e a quell’età? Te lo dico io, non si può. E’ una cosa brutta, brutta. I miei genitori sono distrutti, noi fratelli siamo distrutti. E’ difficile sopportare tutto questo, non lo auguro a nessuno, mai». La sorella del giovane chiude gli occhi e ricorda le ultime ore.
«Abbiamo ricevuto una telefonata alle due di notte, domenica. Mia madre è andata a rispondere. Era la fidanzata di Antonio. I carabinieri pare abbiano raccolto il suo cellulare e composto l’ultimo numero in memoria: le hanno chiesto di presentarsi in caserma perché era successo qualcosa. Lei ci ha voluti con sè, siamo partiti e solo dopo tanto che eravamo là, mi ricordo che era già mattina, ci hanno detto quello che era successo veramente, che Antonio non c’era più. E’ stato drammatico, scioccante, devastante. Ancora adesso ripensando a quel momento non so, sembra che il cuore non mi batta più. Non abbiamo avuto ancora il permesso di rivederlo, sai. Sembra che prima dell’autopsia sia impossibile. Quindi lo potremmo riabbracciare, per l’ultima volta, solo domani. Io intanto sono andata a Villa Rosa. Ho voluto vedere l’ultimo posto dov’era stato Antonio, per essergli ancora in un certo senso vicina. Ho lasciato dei fiori. Ho cercato di rendere carino quel misero posto».