Attualità

Viaggio tra il popolo di Francesco tra lacrime e sorrisi: «Papa unico, glielo dobbiamo»

27 Aprile 2025

La nostra inviata Simona De Leonardis al funerale del Pontefice tra la gente in piazza: i ragazzi della parrocchia di Spoltore, i fedeli partiti all’alba da Penne

CITTA’ DEL VATICANPO. La piazza che abbraccia Francesco e lo consacra alla storia ha le facce del mondo. Facce diverse nei tratti e nei modi, ma è finalmente «la stessa famiglia umana» che predicava il Papa argentino, come ricorda il cardinal Battista Re quando nell’omelia davanti ai 450mila, tra le encicliche del Pontefice che sintetizzano il suo testamento di pace, cita anche “Fratelli uniti” e «la sua volontà di far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità». Ed eccola l’Umanità che ha predicato Francesco e che nel giorno dei suoi funerali si compone e si ritrova per rendergli l’ultimo saluto e il rispetto che gli spetta. 

PARTITI ALL’ALBA «Sono qui per la stima prima ancora che per l’affetto», dice Mosè Squartecchia, insegnante di Penne che ieri è partito alle 4 dal capoluogo vestino con il figlio Ivan di nove anni, e il resto della famiglia, Monia, Mina e Swami. «L’ho deciso un paio di giorni fa guardando la televisione, dobbiamo andare a salutarlo ho detto a mia moglie, come si fa da noi in Abruzzo quando muore qualcuno. Ed eccoci qua, prima in macchina fino a Pescara, poi in autobus a Roma e ora la metro. Lo dobbiamo alla persona che è stata. Questo Papa non ha mai avuto paura di dire quello che pensava pur sapendo che le sue parole potevano creare uno squilibrio mondiale. Venire qui è stata un’esigenza, ci dobbiamo stare». La stessa esigenza che ha sentito Matteo, 9 anni, partito alle 7 da Guidonia con il nonno Carlo Mascia. Mentre mostra il biglietto del trenino che da Tiburtina lo porterà a San Pietro, Matteo confida: «Sono emozionato, stanotte non ho dormito. Sono andato a salutarlo due giorni fa, ho fatto la fila». Perché, tanto attaccamento? «Perché quando sono nato lui c’era, è il mio Papa». 

UNA PERSONA CARA Ed è proprio l’affetto per la stessa persona cara, Francesco, a unire questo mare di gente arrivato da ogni dove. Antonella Di Marco e Crispino De Luca, con la figlia Antonella e il fidanzato di lei Manuel si sono messi in viaggio venerdì dal Cilento, Agropoli. «Siamo andati a visitare la salma, una fila di tre ore, e oggi andiamo al funerale. Ha cercato di mettere la pace, si è battuto per la pace, un Papa eccezionale». «Ero in piazza per caso quando ci fu la fumata bianca e fu eletto il 13 marzo del 2013, e sarò in piazza oggi per dargli l’ultimo saluto», spiega Maria, 41 anni, anche lei con un ricordo personale: «Lavoro al museo di via del Corso, a dicembre mi sono trovata di fronte il Papa, venuto a visitare la mostra di Chagall. Io ero lì. È entrato a sorpresa. Un’emozione indimenticabile». Ancora un altro ricordo personale, questa volta dalla Sardegna. Lo racconta Giovanni Succu, di Tonara, mentre raggiunge piazza San Pietro con il gruppo di corregionali: «L’ho conosciuto quando venne a Cagliari, a Bonaria, il primo viaggio che fece nel 2013. Un bel Papa, per la sua semplicità». 

IL SALUTO DEI GIOVANI Tra la folla che sfila composta superando metal detector e percorsi obbligati, sono tanti i giovani e i giovanissimi arrivati a Roma per il Giubileo degli adolescenti. Sono 120mila tra scout e gruppi parrocchiali. Da Spoltore ci sono i ragazzi di San Panfilo, quindicenni accompagnati dai catechisti Marina Febo, Giancarlo Febo e Giovanna Castaldo. «Un’ esperienza unica che ci ha fatto crescere», il commento di Martina con Alisia, Vanessa, Sofia, Ludovica, Lorenzo, Vincenzo, Daniele, Giordano, Camilla e Chiara. Hanno 14-15 anni anche Marzia, Fabiana, Andrada, Francesca, Martina e Sofia, arrivate da San Giuseppe Jato, Palermo, con l’associazione scout d’Europa. «Abbiamo fatto 13 ore di treno per il Giubileo degli adolescenti e oggi siamo al funerale», racconta l’accompagnatrice Emanuela che alla domanda, “come ricorderete il Papa” lascia rispondere loro, che ci pensano e dicono: «Per la gentilezza. E per l’umiltà». 

IL MONDO IN PIAZZA Parole che si ripetono, spesso dopo il silenzio di chi prende tempo per sceglierle con cura. Come Farid e Bathar, iraniani, 39 anni lui, 35 lei, e un nome «che vuol dire primavera». «Non siamo cattolici, siamo musulmani», precisano i due professionisti mischiando molto inglese e poco italiano. «Ma qui la religione non c’entra», commenta col sorriso Farid, «conta quello che ha predicato Francesco, che siamo tutti uguali, che ci dobbiamo rispettare». C’è il mondo in piazza. Della Romania è un gruppo di 55 persone guidate da padre Rosu: «Era un viaggio programmato per il Giubileo, essere qui oggi è una grazia per tutti, siamo molto legati a papa Francesco. Era venuto nel 2019 da noi, quando ha canonizzato sette vescovi morti da martiri nelle prigioni comuniste». Arriva dal Congo l’italianizzata (da cinque anni) Filomena: «Chiedeva sempre di pregare per lui, oggi siamo qui per questo, glielo dobbiamo. È stato il Papa dei poveri, il Papa che è venuto da noi in Congo per dire al mondo quello che nessuno aveva mai detto: di lasciare in pace il Congo, di smetterla di derubarci dei nostri minerali, delle nostre ricchezze. E ha aperto gli occhi anche a tutti noi». Parla di Francesco, ma anche del suo successore, il filippino Jesus. Seduto all’inizio della piazza dice che è arrivato venerdì, «per il Papa, un Papa eccellente», e intanto fa il tifo per il filippino Tagle. 

DA JOVANOTTI A SAN PIETRO Dal concerto di Jovanotti a piazza San Pietro Sabrina ed Elisa, 22 e 21 anni, di Brescia: «Siamo state al concerto ieri sera (venerdì ndr), rientro all’una, ma non potevamo mancare, è un evento storico».

SUD AMERICA Dal Messico padre, madre, e i due figli con le rispettive famiglie. Isabel Maldonado, la madre, racconta che sono a Roma perché qui è sacerdote l’altro figlio, ma poi ecco che anche lei ha un ricordo personale di papa Francesco. «L’abbiamo visto nel 2015 in Messico, quanto affetto, un dolore la sua morte. Onesto, umile, pieno d’amore». Con la bandiera argentina sulle spalle, Alicia Beja, preside in pensione a San Juan, al confine col Cile, ripete «è stata una benedizione essere qui oggi, un viaggio prenotato sei mesi fa. Lo ascoltavo in differita tutte le domeniche il suo Angelus, mi sarebbe piaciuto che fosse venuto in Argentina, avrà avuto le sue ragioni, io continuerò a portarlo nel cuore». 

LA PREGHIERA E IL SILENZIO È un fiume di gente, una folla infinita pronta ad azzittirsi all’unisono quando dai maxi schermi lungo via della Conciliazione inizia il rito funebre solenne. È lì che si interrompe Chris, polacco padre di 7 figli che si è portato dietro il più piccolo, «Karol, come papa Wojtyla», e lo indica mentre il bambino gioca sul tappetino colorato aperto sui sanpietrini. Dall’India c’è Elizabeth con tre amici, «Francesco è stata una benedizione per tutti». In piazza c’è davvero il mondo. C’è chi dice il rosario, chi si commuove, chi si inginocchia, chi porta il velo, chi segue la funzione dal libretto online e tutti i canti in greco e latino. Chi è in pantaloncini e chi vestito a lutto. È il popolo di Bergoglio. Il popolo che Francesco, il pastore gesuita che arrivava dall’altra parte del mondo, nei suoi dodici anni di pontificato è andato a cercare negli angoli più remoti. Ed ecco che nel giorno del commiato tutto il suo gregge si presenta a rendergli omaggio. È l’Umanità che oggi parla la stessa lingua sia se arrivi dal Giappone o dalla Germania, sia se sei «un campesino», un contadino colombiano di 80 anni come Agustìn Rodriguez. È con la moglie Lucrecia e il figlio Carlos, professore che parla italiano «un po’». «Somos campesinos», sussurra timida la madre, «è la prima volta che veniamo in Italia, siamo arrivati due giorni fa. L’avevo visto a Bogotà. Vicino ai poveri, il più vicino, “sensillo”, semplice». 

A 83 ANNI 18 FERMATE IN METRO Parla di «affetto e gratitudine» Filomena, 83 anni, vestita di nero, con il bastone che la sorregge, collana e orecchini. «Arriviamo dal Laurentino», spiega la figlia Stefania che l’accompagna. «È stata lunga in metropolitana», riprende Filomena, «18 fermate con un cambio e poi tutta la strada a piedi da Ottaviano, che è stato pure peggio. Ma andava fatto. Ci siamo vissuti con questo Papa, lascia un vuoto enorme, uno di noi, che pensava ai poveri. È venuto al cimitero Laurentino lo sorso 2 novembre, che bel ricordo, l’abbiamo visto da vicino, un’emozione. E pure oggi è una grande emozione».

APPLAUSI E LACRIME Dai maxi schermi c’è il cardinale Re che nell’omelia ricorda il primo viaggio di Francesco a Lampedusa. E scoppia l’applauso. E di nuovo l’applauso mentre il cardinale dice che Francesco ha raggiunto la periferia delle periferie quando è andato in Oceania. Poi Re cita il Vangelo della Misericordia, il tema della fraternità e la frase di papa Francesco, «nessuno si salva da solo». Applaude la piazza ma lo fa più forte quando il cardinale ricorda al mondo e a tutti i potenti lì in prima fila, che Francesco «ha elevato la sua voce implorando la pace». Appoggiata alle transenne, Delia ascolta e socchiude gli occhi dai lineamenti orientali. Vive a Roma, ha incontrato il Papa con tutta la famiglia. «Continuerò a pregarlo, sono sicura che la pace sarà il suo primo miracolo». Ma resta in lacrime Francesca, 23 anni, arrivata da Treviso dopo aver viaggiato tutta la notte con Ramadan: nove ore e mezza di macchina e subito via dopo il funerale. «Piango sì, perché il Papa aveva la pace nel cuore, la fratellanza. Mi mancherà la sua speranza».