Cappato: «L’Abruzzo è pronto per la legge sull’eutanasia»

L’intervista al politico e attivista Marco Cappato nel giorno della discussione in commissione Salute della proposta di legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito: «Anche il sindaco Masci firmò per la legge»
Parla di una battaglia trasversale che non appartiene ad alcun partito o schieramento ideologico e dice in maniera convinta che i tempi sono maturi affinché l’Abruzzo realizzi il sogno di Marco Pannella e diventi la seconda Regione dopo la Toscana a regolamentare il fine vita. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, politico e attivista, nel giorno della discussione in commissione Salute della proposta di legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito, lancia un messaggio diretto ai consiglieri regionali abruzzesì.
Partiamo dal contesto nazionale, a che punto siamo in Italia sul fine vita?
Una cosa va chiarita subito: il cosiddetto aiuto al suicidio, l’aiuto medico alla morte volontaria, in Italia è già legale. C’è una sentenza della Corte Costituzionale di sei anni fa, durante il mio processo per aver aiutato una persona ad andare in una clinica svizzera, che ha chiarito che in presenza di alcune condizioni non è punibile: se la persona esprime una volontà lucida e consapevole di terminare la propria vita, se è affetta da patologia irreversibile, che produce sofferenza fisica o psichica insopportabile e se è tenuta in vita da trattamenti di sostenibilità. Da quel momento è possibile rivolgersi al servizio sanitario pubblico, che ha l’obbligo giuridico di verificare se sussistono le condizioni e fornire il proprio aiuto e assistenza.
Il problema però sono i tempi di risposta?
Esattamente. La Corte ovviamente non è entrata nel merito: entro quanti giorni, chi deve comprare il farmaco, quale farmaco, da dove arriva, quale medico lo somministra. La legge dice che la direzione sanitaria ha il dovere di rispondere e di prendere in carico la persona che chiede di essere aiutata a morire. Eppure ci sono casi, come quello di Federico Carboni nelle Marche, che ha dovuto aspettare più di due anni la visita della Asl di Senigallia. La Asl è stata poi condannata due volte dal Tribunale di Ancona e lo stesso è accaduto a Trieste.
E qui entrano in gioco le Regioni.
L’approvazione della legge di iniziativa popolare, sulla quale con l’associazione Luca Coscioni abbiamo raccolto le firme, nasce proprio dalla necessità di dare certezze e garanzie tanto al malato quanto ai medici, in modo che anche il personale sanitario sappia cosa bisogna fare. La richiesta che rivolgiamo ai consiglieri regionali abruzzesi è di evitare di discutere se si è a favore o contro l’eutanasia, perché non è una Regione che può decidere chi possa accedere o meno all'aiuto alla morte. Abbiamo una sentenza della Corte Costituzionale che ha forza di legge, quindi non ha senso provare a boicottarla facendone pagare le conseguenze a medici e malati, ma ha più senso approvare delle regole attuative. Lo chiedo in particolare a chi è contrario.
Si è confrontato con il presidente Marsilio o con altri esponenti di centrodestra?
No, solo ai tempi di raccolta firme. Allora venne a firmare anche il sindaco di Pescara, Carlo Masci. Ma ci sono tanti altri governatori di centrodestra che ci sono esposti come Zaia, Toti e Fontana. E ho letto sulle agenzie che anche Salvini ha dichiarato che c’è bisogno di una legge per regolamentare il fine vita. Insomma, le cose si stanno muovendo. Ci avvicinano cattolici, persone di destra, giovani e anziani. Ai tempi del referendum sull’eutanasia legale raccogliemmo 1 milione e 250mila firme. E questo perché la gente ha vissuto questi drammi nel privato, non c’è bisogno che ci sia un partito a dire la linea da seguire. Di fronte all'enorme sconvolgimento che rappresenta stare accanto a un malato terminale che soffre, i pregiudizi ideologici cadono. A quel punto non c'è nulla di più importante che aiutare una persona a vivere come meglio ritiene e quindi interrompere una condizione di agonia qualora non riesca più a sostenerla.
Cosa ha provato nell’accompagnare una persona a morire?
La stessa cosa che si prova quando si aiuta una persona che ha bisogno, non c’è niente di diverso. Quello che mi ha sempre impressionato è stata la serenità che queste persone trasmettono a tutti coloro che hanno vicino.
Lei ha detto che cercare la morte è un atto d'amore per la vita, cosa vuol dire?
Piergiorgio Welby, primo caso pubblico nel 2016, diceva al presidente Napolitano di amare la vita, ma che la sua non era vita. La libertà è parte della vita, altrimenti è sopravvivenza, cioè essere vivi perché gli altri te lo impongono, ed è una tortura insopportabile. Non esistono malati che vogliono vivere e quelli che vogliono morire, tutti lottano per vivere e guarire, ma a un certo punto non ce la fanno più. Dj Fabo ha passato tre anni completamente immobilizzato, steso, cieco, per parlare doveva farsi aspirare la saliva con decine di spasmi insopportabili e tutto questo 24 ore su 24, in una situazione in cui per sentire meno dolore doveva rinunciare anche alla lucidità. Ha cercato di fare fisioterapie, cure, aveva accanto la mamma e la fidanzata, quindi non era una persona abbandonata, ma ha detto basta. Poi dipende dai casi: ci sono persone che durano tre mesi oppure cinque anni.
Quale messaggio vuole dare ai politici abruzzesi?
La speranza è che il consiglio regionale d’Abruzzo non faccia come in Veneto, non boicotti delle regole che già ci sono, perché così facendo non si difende la vita, ma si aggiungono solo difficoltà nei confronti di persone che stanno già soffrendo le pene dell'inferno.
Secondo lei i tempi sono maturi per portare a termine quella che è stata una delle battaglie di Marco Pannella?
I tempi da un punto di vista sociale e della consapevolezza dell'opinione pubblica sono ultra maturi per una buona riforma sul fine vita. Andando oltre poi si rischia di marcire. Noi siamo andati avanti anche con la disobbedienza civile: siamo 13 indagati in 7 procedimenti giudiziari, rischiamo da 5 a 12 anni di carcere. Ma c'è bisogno di questa spinta proprio perché questa legge arriva da un’iniziativa popolare, tanto in Toscana quanto in Abruzzo.
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