Il diario del partigiano Gilberto Malvestuto: “Quel giorno in cui liberammo Bologna”

25 Aprile, Festa della Liberazione. Gilberto Malvestuto (Sulmona, 17 aprile 1921 – Sulmona, 1º marzo 2023) è stato un partigiano italiano. Qui pubblichiamo il ricordo dell’ufficiale abruzzese della Brigata Majella sull’accoglienza di “una folla enormemente assiepata”
Gilberto Malvestuto (Sulmona, 17 aprile 1921 – Sulmona, 1º marzo 2023) è stato un partigiano italiano. Ufficiale della Brigata Maiella con il grado di sottotenente, entrò tra le primissime truppe liberatrici a Bologna all'alba del 21 aprile 1945 alla testa della sua sezione Mitraglieri della Compagnia Pesante Mista, integrata da un plotone della I Compagnia Fucilieri. Questo il racconto di quei momenti tratti dal suo libro “Sulle ali della Memoria per non dimenticare”
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di GILBERTO MALVESTUTO
All’alba del 21 aprile, la 1ª Compagnia fucilieri ed il mio plotone mitraglieri ad essa aggregato, iniziano l’attacco per l’occupazione di Bologna. Con noi opera anche un plotone polacco della III Divisione Carpazi. E più che il mio ricordo personale, c’è la descrizione precisa di quanto avvenne quell’indimenticabile 21 aprile del 1945 e ricordato dall’Aiutante Maggiore Travaglini nel “diario storico” della Majella:
Dopo 2 chilometri circa, la 1ª Compagnia – con i Mitraglieri in aggregazione – si porta alla sinistra della via Emilia infrangendo ogni sporadico tentativo di resistenza del nemico. Occupato San Lazzaro di Savena ed oltrepassato il Savena prosegue sulla via Emilia rastrellando i campi adiacenti. A 2 chilometri da Bologna viene fermata da reparti celeri polacchi ed inglesi che vogliono sfruttare il successo così rapidamente ottenuto dalla Compagnia; ma questa reagisce anche con le armi e riesce ad entrare in Bologna, accolta entusiasticamente dalla popolazione.
Il diario annota anche che la 4ª Compagnia, dalle prime ore del mattino avanza senza ostacoli e senza incontrare resistenza, procedendo parallelamente alla 1ª Compagnia e proteggendo il fianco di due Compagnie polacche. Entra anch’essa nel capoluogo emiliano tra le primissime truppe liberatrici. La folla enormemente assiepata in via Rizzoli, in via Indipendenza ed altre parallele fino a piazza Re Enzo, piazza Maggiore e via Mazzini ed altre ancora, accoglie le prime truppe liberatrici con un entusiasmo indescrivibile. E noi della “Majella” facciamo fatica a passare. Dalle finestre e dai balconi migliaia di bandiere e drappi tricolori sventolano al vento di primavera, mentre migliaia e migliaia di volantini che inneggiano alla Resistenza, alla libertà, coprono il cielo nella loro corsa volteggiando a lungo sulla moltitudine osannante ed impazzita per la gioia, travolta dall’entusiasmante momento che Bologna sta vivendo per la libertà riconquistata.
Facciamo fatica a camminare, all’ombra delle maestose Torri: la Torre degli Asinelli e la Garisenda, cariche di storia antica e gloriosa, sono mute testimoni di quella meravigliosa accoglienza riservata a noi della “Majella” che dal lontano nostro Abruzzo siamo giunti per portare il dono della fratellanza, della giustizia, della pace universale fra i popoli. Gli uomini della “Brigata Majella” transitano davanti alla popolazione civile accorsa che durante i lunghi mesi della occupazione nazifascista, aveva appreso dalla stessa radio 38 della Repubblica di Salò e dalle radio clandestine, l’esistenza della nostra formazione partigiana. La gente piange anche, mentre una ragazza, fendendo la folla, mi raggiunge di corsa e mi stringe forte a sè e poi mi dice anche: «Grazie, Tenente».
Mi bacia a lungo e poi scompare, mentre suona per la prima volta dopo tanto tempo, il campanone della torre del capitano del popolo, tra lo sferragliare dei mezzi cingolati che stanno sopraggiungendo su via Mazzini e su altre vie che immettono verso il centro storico. Purtroppo, come riferisce Nicola Troilo nel suo volume Brigata Maiella, edito nel lontano 1967, la cronica insufficienza di mezzi della “Majella” impedì che l’unità fosse ulteriormente impiegata nell’inseguimento del nemico, che poteva essere effettuato soltanto da reparti celeri. Nella tarda mattinata del 21 aprile, prima di tornare ai reparti che hanno partecipato alla liberazione di Bologna, e in fase di riordino per concentrarci tutti a Castel San Pietro, sono invitato con premura da una famiglia abitante in un appartamento vicino alle due Torri per consumare un pasto leggero “compatibile” con la scarsità dei prodotti alimentari del tempo.
Accetto perché ho fame! Sono andato avanti smorzando i morsi della fame solo con barrette di cioccolata! Riassaporo il calore della famiglia, con la presenza dei due genitori e delle due loro figliole, mentre il terzo figlio, del quale non si hanno notizie da tempo, ufficiale pilota dell’Aeronautica militare, deve trovarsi nelle Puglie, con il Regio Esercito italiano. Mi accompagnano, al termine della frugale colazione, fin verso la Garisenda la mamma, il papà e le loro due ragazze mi abbracciano affettuosamente e mi sussurrano, commossi: «Buona fortuna ed auguri». Questa è la gente emiliana, sempre gentile, ospitale e generosa.
È la Bologna che ho sempre tenuta nel mio cuore, è la Bologna che mi aveva ospitato appena due anni prima 39 quando, dal gennaio all’agosto del 1943, vi frequentai il corso Allievi Ufficiali presso il 3° Reggimento Carristi, nella Caserma di San Ruffillo, oltre i Giardini Margherita. Utilizzavo il tram che congiungeva la mia Caserma con il centro storico, dove scendevo all’altezza delle due Torri. E risento ancora la voce del conduttore di servizio che, nel buio della sera e con la luce fioca esistente sul veicolo a causa dell’oscuramento imposto sulla città dalla guerra, indicava l’approssimarsi della successiva fermata.
Spesso, forse perché percorro l’ultimo tratto della mia sofferta giovinezza e la nostalgia mi assale, torno all’album dei miei ricordi passati, con le tante foto ormai ingiallite dal tempo che scorre inesorabile, per riandare con la mente e con il cuore ai miei vent’anni, a quando, cioè, la mia seconda Compagnia Allievi Ufficiali di cui facevo parte, si trasferiva per le esercitazioni a Rastignano, sul Savena, sul Reno, a Casal de’ Britti e in altre località del bolognese ancora vive nella mia memoria. Via Rizzoli e via Indipendenza erano le mète preferite per la nostra passeggiata serale, durante la libera uscita di cui si fruiva giornalmente.
Non avrei mai immaginato che dopo appena due soli anni quelle due strade le avrei ripercorse, in divisa di Tenente della Brigata Majella, al comando di un plotone della Compagnia Pesante Mista, tra due ali di folla festante, nel giorno della liberazione di Bologna dall’occupazione nazifascista. Nella mia memoria che si è nutrita anche di fatti raccapriccianti che bisogna sempre raccontare perché il mondo intero possa gridare «mai più!», è indelebilmente conservato il calvario dei cittadini di Bologna sottoposti a numerosi bombardamenti aerei da parte degli angloamericani.