Margelletti: «La deportazione dei palestinesi da Gaza una vergogna storica»

18 Febbraio 2025

L’intervista ad Andrea Margelletti, l’uomo delle Forze speciali: «La Russia è una minaccia e l’Ucraina rischia di sparire, l’Europa deve riarmarsi»

Andrea Margelletti è l’uomo che sussurra agli eserciti. Unico membro onorario delle Forze Speciali italiane, una lista di incarichi infinita, una competenza indiscussa. Dal 2012 è stato consigliere di tutti i ministri italiani della Difesa (tranne Elisabetta Trenta) ed è lui che si ascolta per capire qualcosa di ciò che pensavamo un baluardo novecentesco: la guerra guerreggiata.

Sulle pareti del suo ufficio di Presidente del Ce.S.I., il Centro Studi Internazionali, campeggiano più di 200 crest. Avete presente quegli stemmi di un reparto militare posti sopra uno scudo di legno? Sono di tutti i reparti, di tutte le armi, di tutti i corpi. E poi modellini di aerei, berretti militari, un casco da guerra, gagliardetti, medaglie, targhe…

Lei è un agente segreto?

No.

Dica la verità.

Sempre. E per dirla tutta, avrei voluto. Ho fatto domanda nel 1993. Spero ancora che mi rispondano.

Quanti segreti conosce che non si possono rivelare?

È una domanda alla quale non si può dare una risposta. Me ne faccia una seria.

In Ucraina siamo pronti al dietrofront? A dire: avevamo sbagliato tutto?

No, le trattative sono appena all’inizio e tante tessere del mosaico devono comporsi.

Ma il fronte è cambiato. Gli Stati Uniti volevano distruggere l'Europa con Biden, prima, e completano il lavoro con Trump, adesso?

Questa lettura è, mi perdoni, figlia di un atteggiamento molto italiano.

Quale?

Pensare che è sempre colpa di qualcun altro, per non ammettere le proprie colpe. L'Europa non è stata messa ai margini. Ha scelto, consapevolmente e storicamente, di esserlo.

Addirittura, storicamente?

Sin dai tempi del fallimento della CED, la Comunità Europea di Difesa, l’Europa ha optato per voler essere non un'entità politica, ma un difensore di un’alta qualità di vita. In realtà, dopo tanti anni, abbiamo avuto una brusca sveglia con lo scoppio della guerra d'Ucraina. Una tragedia che ci ha fatto vedere come non esista alcuna vita, se non all'interno di una cornice di sicurezza. Noi abbiamo pensato che fosse tutta economia, solo economia e nient’altro di economia.

Non è così?

No. C’è la sicurezza, prima. Noi la abbiamo delegata molto, troppo, secondo me, a qualcun altro.

Era evitabile?

Difficilmente. L'Europa non è una nazione. È un continente, mentre dall'altra parte ci sono nazioni…. Cosa poniamo noi sul piatto della bilancia rispetto agli Stati Uniti, rispetto alla Cina? Noi siamo oltre 400milioni di persone… No! Neanche questo è vero. Siamo tanti piccoli Stati, non abbiamo una governance politica, non abbiamo una sicurezza comune, non abbiamo una visione comune delle cose. Vuole solo un esempio?

Dica.

Le faccio proprio il caso più semplice di tutti: pensi al diverso approccio sulle politiche migratorie, alla differenza tra i paesi del Nord e i paesi del Sud Europa. Vivono e percepiscono in maniera diversa il fenomeno. Manca una strategia comune e questo porta, inevitabilmente, alle difficoltà che viviamo.

Mentre l’Europa ciacola, Trump pare tronfio. Questa pace in Ucraina ci sarà?

No, non credo. Secondo me non sarà una pace, cioè una conclusione permanente delle ostilità. Noi speriamo che sia una pace, certo, perché vogliamo credere nella pace. Ma secondo me i russi intendono altro.

Cosa?

Una sosta operativa, una tregua di un paio di anni per riassortire l'arsenale e poi cancellare l'Ucraina dalla cartina geografica per puntare decisamente sui paesi baltici.

Per questo, allora, Trump ha dichiarato che in futuro l'Ucraina potrebbe non esistere più come stato indipendente?

Assolutamente sì.

Potrebbe essere questo il contenuto non detto degli accordi Trump-Putin?

L’America – o, perlomeno, questa amministrazione che potrebbe durare anche otto anni – non è più interessata a partecipare a quelli che loro ritengono, a torto o a ragione, problemi degli europei. Che dovrebbero essere eminentemente gestiti dagli europei. Gli americani hanno un’altra rogna.

Quale?

La Cina. Quello che è evidente è che gli americani si stanno preparando a un confronto con la Cina e la Cina si sta preparando a un confronto con gli Stati Uniti.

Confronto vuol dire confronto militare?

Ovviamente sì. Se la Cina vuole che il XXI secolo sia il secolo cinese, come il XIX secolo è stato il secolo americano, come il XVIII secolo è stato quello inglese, come il XVII secolo è stato quello francese, la Cina ha bisogno di far vedere al mondo che è una superpotenza.

Beh, lo è già.

Eh no. Le superpotenze, per quanto noi continuiamo a sperare in un mondo che esiste solo nella nostra mente, sono potenze sia economiche che militari. Trump sa che arriverà allo scontro e le sue mosse in Medio Oriente e in Ucraina vanno in questa direzione.

Cioè?

Quando si spostano delle risorse militari e strategiche, lo si fa perché queste servono in un altro scacchiere. Trump ha necessità che il quadrante russo sia calmo. Non ci si può permettere di avere focolai alle spalle se si sta andando ad accendere – o a spegnere – un grande incendio.

In questa fase del conflitto globale, invece, esistono anche dei vincitori laterali? Faccio solo un nome, Mohammed Bin Salman, il principe ereditario saudita a casa del quale ci sarà il primo incontro Putin/Trump…

No, non confondiamo mai il peso specifico dei paesi. L'Arabia non è ricca, ma ricchissima. Come naturalmente ricchissimi sono il Qatar, il Kuwait, gli Emirati Arabi… Ma non sono neanche superpotenze regionali. È lo stesso errore che le ho segnalato prima.

Quale?

Continuare a pensare sempre in termini economici. Una superpotenza, per esser tale, deve avere anche capacità militari riconosciute.

Ma non sarà che alla fine Trump è il male che diventa strumento del bene perché costringerà l’Europa a farsi un suo esercito?

Chi parla di difesa europea o è ignorante o è in mala fede.

Tranchant.

La difesa europea è semplicemente im-pos-si-bi- le da realizzare, in assenza di una governance europea. Da chi dovrebbe dipendere questo esercito europeo? Da un Governo dell’Europa, immagino. Ma non essendoci questo governo, non può esserci neppure un esercito europeo. Sono solo esercizi retorici.

Esclude che si possa arrivare agli Stati Uniti d’Europa?

Ma, suvvia, non li vuole nessuno! La tendenza europea va nella direzione di un forte nazionalismo. I partiti antieuropei stanno vivendo una nuova luce. Non mi pare davvero che nell'Europa di oggi la questione degli Stati Uniti d’Europa sia percepita come vitale.

E lo è?

Noi non sopravviveremo senza gli Stati Uniti d’Europa. Diventeremo sempre più periferici rispetto ai grandi giochi mondiali. Ma – le ripeto – non mi pare che ci siano né la consapevolezza né alcun interesse!

Seguendo questo ragionamento, Trump…

Ma non è questione di Trump! Né di altri. Mi ricordo bene quando tutti applaudivano l’arrivo di Obama, “Obama cambierà il mondo”! Dovremmo tenere sempre presente che il Presidente degli Stati Uniti non viene eletto in Italia, in Nigeria, nelle Filippine, in Bolivia.

E quindi?

E quindi il Presidente degli Stati Uniti, chiunque esso sia, fa gli interessi esclusivi del proprio elettorato, che è americano. Noi continuiamo a volerlo vedere in una maniera ideale, ma si tratta di un politico, uguale ai nostri. Probabilmente Trump è solo meno ipocrita nel far vedere in maniera cruda quello che lui ritiene siano gli interessi degli Stati Uniti d'America. Altri lo mascheravano con un po' di multilateralismo…

Parliamo di equilibri mediterranei: la Libia, oltre il caso Al Masri, è uno Stato che non è uno Stato, che è ancora governato da contrapposizioni tribali, ma rimane un boccone goloso per molti. Per i francesi, ma anche per i russi, soprattutto dopo l'abbandono forzoso delle due basi in Siria. La stessa Italia continua ad avere forti interessi.

Ha citato Francia, Russia, Italia, ma ha dimenticato il più importante e pericoloso: la Turchia! La vicenda dello stallo libico è paradigmatica: se già noi europei non riusciamo ad avere una visione comune sulla Libia, ci si può immaginare come possiamo affrontare il dibattito degli Stati Uniti d'Europa.

Lo stesso vale per il conflitto israelo-palestinese? Le villette a Gaza di Trump sono una provocazione o sono la vera proposta concreta in campo?

Chiariamo una cosa. Quella regione si chiama Palestina perché ci sono i palestinesi. Altrimenti si sarebbe chiamata Irlanda, o Portogallo.

Cosa intende?

Intendo dire, senza alcun infingimento, che la deportazione di massa di milioni di persone è una vergogna di fronte alla storia e ne affronteremo nei secoli futuri le conseguenze, sia dal punto di vista morale che da quello securitario.

Parole dure.

Durissime. Ma più dura e scellerata è la scelta di avere e conservare in quella parte del mondo un odio sempiterno. Non si porta via un popolo dalla sua terra.

Ma è un’ipotesi che ha delle chance si successo?

Dipende. Le forze in campo sono talmente sproporzionate che una rimozione forzata è, ovviamente, possibile. Ma lascia aperti problemi giganteschi.

Il primo.

Sapere dove andranno – o dove dovrebbero andare queste persone.

Il secondo.

Comprendere che se questo accadesse, gli equilibri geopolitici cambieranno e, soprattutto…

Soprattutto?

Le conseguenze storiche di una scelta che produrrà solo altro orrore. Stiamo vivendo un momento storico altamente drammatico e umanamente terribile.

In Ucraina si freeza il conflitto, in Israele si pongono le basi per nuovi e più gravi scontri, in Libia e nord Africa il disordine regna sovrano, le superpotenze disegnano i loro progetti egemonici. Noi?

Il fatto che, oggi quotidianamente, ma anche ieri, molti leader europei lamentino il fatto di essere stati tagliati fuori dal dialogo, dà l'idea della pochezza dell'offerta politica dell'Europa. Di quanto poco gli interessi di sicurezza dell'Europa vengano tenuti conto in un eventuale accordo. Sa cosa mi ricorda questo inizio di dialogo sull’Ucraina?

Cosa?

L’Afghanistan. Mi ricorda proprio quando gli Stati Uniti – e fu la prima amministrazione Trump! - decisero di sganciarsi dall'Afghanistan e fecero gli accordi di Doha con i talebani, senza coinvolgere il governo afghano. La dinamica oggi è la medesima: mi accordo con chi potrebbe crearmi dei problemi. Chi sta in mezzo, in quel caso era il governo di Kabul che non partecipò, non viene neppure caricato a bordo.

Effetto?

Il disastro afghano. Ma lo avevamo già visto anche nel ’72 con gli accordi di Parigi sulla guerra del Vietnam, quando Nixon promise che gli americani sarebbero tornati in caso di un nuovo attacco dei vietnamiti del nord. E invece li lasciarono soli. Gli accordi valgono sempre nella misura in cui vogliono essere rispettati, un po’ come le promesse di fedeltà in amore, che valgono finché valgono.

L’Ucraina dovrebbe entrare nella Nato.

No. Non ci sono le condizioni per far entrare l'Ucraina nella Nato. Punto.

Perché? È un errore far entrare paesi nuovi, magari confinanti con la Russia? È stato un errore anche fare entrare la Svezia o la Finlandia?

La Nato è un club in cui si può entrare con alcune condizioni tassative.

Le elenchi.

Bisogna averne le caratteristiche democratiche e, soprattutto, serve l’unanimità degli altri soci del club. Onestamente, a paesi come la Svezia o la Finlandia, maestri di democrazia da sempre, non so veramente su quali basi noi avremmo potuto dire di no. Il problema non è la Nato, è la sindrome del bullo.

Cioè?

Mi pare che la cultura oggi preveda che se c'è un bullo, noi non dobbiamo farlo arrabbiare. Continuiamo a pensare, perché siamo oberati e schiacciati dalla paura, di non dover far adirare qualcuno. Quindi questo qualcuno pur di non farci spaventare, può far quello che vuole. Io la penso diversamente.

Come?

Le regole internazionali valgano per tutti. Fuor di metafora, Mosca non può invadere un paese sovrano perché vuole ricreare l'impero zarista. Per questo ritengo giusto continuare a sostenere l'Ucraina. Anche se ha un costo alto.

E i problemi di bilancio?

Scegliere cosa fare non è un problema economico, è un problema eminentemente politico. Siamo di fronte a una situazione internazionale in cui lo scoppio di un conflitto è un'eventualità reale, non è soltanto una mera fantasia.

Scontro con chi?

Esiste la possibilità concreta di uno scontro con la Russia, è un dato oggettivo e innegabile. Se non è questo il momento per aumentare il budget della difesa, quando è il momento? Ma c’è una cosa che trovo molto squallida e tipicamente italiana.

Quale?

Mettere sempre in competizione le spese per la difesa con le spese per il welfare. Mi faccia capire, ma se noi non abbiamo la difesa come facciamo a proteggere gli ospedali? Oggi è talmente forte la paura che preferiamo vivere da schiavi che rischiare di vivere da uomini liberi. L’Europa e l’Italia debbono assumere una strada con onestà intellettuale, qualunque essa sia. Il vecchio continente ha un vizio-virtù, una grande forza e una grande debolezza.

Qual è la grande forza?

Le sue profonde radici storiche.

La grande debolezza?

Le sue profonde radici storiche.

I nostri servizi segreti come funzionano?

Molto bene.

Ne parla bene perché sono suoi amici.

Al contrario. Sono miei amici perché ne posso parlare bene. Conosco personalmente Bruno Valensise e Giovanni Caravelli ed è una fortuna poter avere accanto grandi professionisti e grandi servitori dello Stato, come loro.

Anche i servizi segreti stranieri pensano lo stesso dei nostri 007?

I nostri servizi sono universalmente considerati molto molto molto capaci, molto molto bravi. I servizi segreti che funzionano hanno due caratteristiche: una strategia politica chiara, che deve venire naturalmente dal decisore politico.

E l’altra?

Le risorse economiche. I servizi segreti costano moltissimo. Ma non sono lussi, sono necessità. Non si può fare buona politica senza un’ottima intelligence. Un adagio inglese spiega bene cosa sia quel lavoro.

Dica.

Un lavoro assolutamente da mascalzoni che può essere solo fatto da persone assolutamente per bene.

Come il lavoro del consigliere dei servizi e dei ministri?

Il mio ruolo è, più o meno, quello del meteorologo. Devo dire qual è il tempo di domani e se prevedo pioggia. Poi è una scelta politica comprare l'ombrello o meno. Sempre che piova davvero, eh…

Un lavoro difficile?

Ho sacrificato moltissimo della mia vita privata al mio lavoro. Davvero tanto. Mi ci sono voluti i capelli bianchi per trovare la quadra tra la passione per il servizio allo Stato e la necessità di rendere felice una persona. Credo adesso di avere trovato quell'equilibrio.

Chi è questa persona, se si può sapere tra i tanti segreti.

Si può. È mia moglie Libera. La amo profondamente, intimamente, completamente perché mi guarda come non mi ha mai guardato nessuno prima.

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