Negli occhi dei testimoni: «Orrore, paura e sangue»
Il racconto degli abruzzesi che erano sul posto quando è arrivato il furgone killer «Stava succedendo il finimondo. In quegli attimi la tensione ti lascia tramortito». Tredici morti, 90 feriti. Due le vittime italiane, 3 i feriti
BARCELLONA. «Paura, tensione, grande dolore per le vittime». Questi i sentimenti di Jacopo D'Andreamatteo di Pescara e la sua fidanzata Federica Giancola, in vacanza da alcuni giorni a Barcellona. La coppia alberga all'hotel Nh Collection Gran Calderon, su Rambla Catalunya, nella zona nord della Rambla, quella divisa dalla piazza da cui ha preso velocità il furgone assassino. Pochi minuti prima dell'attentato i due pescaresi sono usciti dall'albergo: «Ci stavamo recando verso Avenguida Diagonal», racconta al telefono Jacopo «quando abbiamo sentito alcuni mezzi di emergenza attraversare le strade ad alta velocità e a sirene spiegate. Abbiamo pensato immediatamente a qualche fatto molto grave. Alcuni in strada ci hanno chiesto se sapevamo cosa fosse accaduto, abbiamo verificato su Twitter e purtroppo le notizie sono state subito tragiche».
Uno chef abruzzese che lavora a Barcellona, l'aquilano Fabrizio Osvaldo Iuliano, ha seguito le notizie sull'attentato da casa. «Prima mi ha chiamato un collega per dirmi che era sulla Rambla e si era rifugiato in un supermercato», racconta Iuliano. «Poi mi ha chiamato il proprietario del ristorante e mi ha detto di non uscire perchè stava succedendo il finimondo. In quegli attimi provi tanta agitazione, uno stato di tensione che ti lascia tramortito. La televisione parla di 13 morti e 64 feriti. Una strage».
La prima, vera vacanza si è trasformata in un incubo per sei giovani di Avezzano. Dopo alcuni giorni a Lloret de Mar sulla Costa Brava, teatro del delitto del giovane italiano Niccolò Ciatti, ieri la comitiva si è trasferita a Barcellona. Marialuigia Di Giampietro, Luigi Olivieri, Alessandro Tarullo, Alessia Aquilio, Bruno Colle e Francesco Stefano De Ponti stanno bene ma sono molto spaventati.
«La paura è stata tanta», racconta Marialuigia Di Giampietro, «eravamo stati a pranzo in un locale vicino a quello dove si sono asserragliati gli attentatori. Questione di qualche ora e potevamo essere coinvolti. Nel pomeriggio stavamo tornando verso la Rambla e ci trovavamo su un bus quando l’autista ha fermato il mezzo e ha gridato che c’era un attentato. Siamo andati in un vicino albergo dove si trovano altri due amici e siamo riusciti a prendere l’ultima camera disponibile. La polizia non ci fa uscire. Abbiamo contattato i nostri familiari in Italia per avvertirli che stiamo bene. Dobbiamo tornare lunedì e il vero problema è che i nostri bagagli si trovano a Lloret.
E’ la nostra prima vacanza e abbiamo scelto la Spagna perché ci affascina. Sulla Costa Brava ci siamo trovati nei giorni del delitto, adesso l’attentato a Barcellona. Siamo abbastanza spaventati». Di italiani in quella zona ieri ce ne erano diversi. Altri hanno raccontato la loro drammatica esperienza. «Ce lo siamo visto arrivare addosso» e «ho visto distintamente le persone colpite che saltavano in aria».«Una cosa terribile»: la testimonianza drammatica, fatta al telefono all'ANSA, è di un trentenne italiano, Saverio, che con la fidanzata e due amici stava passeggiando sulla Rambla. La sua ragazza, Chiara, era entrata in un negozio. Saverio e due amici sono rimasti fuori. «Ho sentito le grida, ho guardato verso la piazza (Plaza de Catalunya) e a circa 80 metri di distanza ho visto il furgone che veniva veloce verso di noi», racconta il giovane, con nella voce ancora tracce dell'emozione terrificante che ha subito un'ora prima. «Immediatamente ho realizzato cosa succedeva: da come conduceva il veicolo era chiarissimo che era tutto voluto».