Perdere la tua vita per salvarne un’altra

19 Ottobre 2019

Scriveva così Emily Dickinson: «Se io potrò impedire/a un cuore di spezzarsi/non avrò vissuto invano». I versi della poetessa americana tornano alla mente leggendo la storia di una donna che in Sardegna ha salvato la vita della sua nipotina perdendo la sua. È accaduto, pochi giorni fa, a Iglesias. Una nonna e la nipote di otto anni sono state travolte da un’auto mentre attraversavano la strada. Anna Maria Fois, di 67 anni, è morta. La nipote, invece, è riuscita a salvarsi grazie alla nonna che l’ha scostata evitando che fosse uccisa da un Suv. C’è qualcosa di numinoso, di pervaso da un'aura sacra, che ispira insieme soggezione e reverenza, in questa storia. È l’idea del sacrificio estremo che sfugge ormai al nostro orizzonte morale: perdere volontariamente la propria vita per consentire a un’altra di fiorire è continuare a godere dei doni del mondo. Questo squilibrio si sottrae alla legge dello scambio che regola, che lo ammettiamo o no, le nostre vite. È in difesa di questo sacro scompenso che la Dickinson schierava le armi incruente di quella sua poesia: «Se allevierò il dolore di una vita/o allevierò una pena/o aiuterò un pettirosso caduto/a rientrare nel nido/non avrò vissuto invano!».
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