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16 febbraio

16 Febbraio 2025

Oggi, ma nel 1996, a Roma, nella chiesa di Santa Maria del popolo, il capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro interveniva nella messa celebrata in occasione della commemorazione di Ezio Vanoni, notabile scudocrociato componente dell’Assemblea costituente e storico ministro delle Finanze della cruciale fase di ricostruzione del Belpaese, a 40 anni dalla morte in servizio, avvenuta, il 16 febbraio 1956, nella Capitale, a Palazzo Madama, a 53 anni, per collasso cardiaco, mentre era alla guida del dicastero del Bilancio del primo governo presieduto dal democristiano Antonio Segni.

L’immagine del ministro morente, sdraiato sul divano dell’ufficio di Cesare Merzagora, presidente dell’assise senatoriale, dopo aver tenuto l’accorato discorso al Senato, nel quale tra l’altro aveva sollecitato maggiore equità per i non abbienti, era divenuta un’icona del massimo sacrificio per il bene istituzionale. Tanto che il 23 marzo di quel 1956 gli era stata assegnata dalla presidenza della Repubblica retta da Giovanni Gronchi la medaglia d’oro al valor civile alla memoria.

Quanto alla salma, era stata tumulata a Morbegno, in provincia di Sondrio, dove il docente di Scienze delle finanze in vari atenei italiani inclusa l’università “La Sapienza”, senatore Dc per la prima e la seconda legislatura, e cinque volte ministro (nella foto, particolare, ritratto al lavoro sul treno durante la quotidiana lettura dei giornali) era nato nel 1903. Agli albori del ’51 il Piano Vanoni aveva introdotto, tra l’altro, nell’ambito della riforma tributaria attuata con la legge che portava il suo cognome, quella dell’11 gennaio 1951 numero 25, l’obbligatorietà della dichiarazione dei redditi per tentare di combattere l’elusione e l’evasione fiscale.

Il 25 marzo 1955 Vanoni aveva presentato, per la prima volta, in Parlamento, il suo prospetto di sviluppo: con tanto di azioni che la politica avrebbe dovuto seguire dal punto di vista economico per periodo 1955-1964 in modo da cercare d’implementare l’occupazione, di ridurre il divario sociale tra il Grande nord e il Mezzogiorno, di aspirare al risanamento dei conti statuali. Ma il rigido piano d’attuazione dello Schema decennale Vanoni era rimasto in atto fino al 1960, poi era stato archiviato.