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26 ottobre

Oggi, ma nel 1965, a Indianapolis, nello stato dell’Indiana, in Usa, spirava, per le conseguenze delle sevizie ricevute, Sylvia Maria Likens, di 16 anni, torturata letalmente da Gertrude Baniszewski, concittadina, di 37. Agli abusi perpetrati dalla donna (nella foto, particolare, la scritta marchiata a fuoco sul ventre della sventurata ragazza), che, per 20 dollari a settimana, avrebbe dovuto accudire la vittima e la sorella Jennifer, resa disabile dalla poliomielite, si erano aggiunte crudeltà inferte insieme ai figli Paula e John e a due ragazzi del quartiere, Coy Hubbard e Richard Hobbs.

I genitori della malcapitata, Elizabeth “Betty” Grimes Matheson, del 1927, e Lester Likens, di un anno più grande, erano giostrai partiti per un lungo tour, e avevano in tutto cinque figli. L’omicidio di Sylvia verrà considerato tra gli episodi criminali più cruenti del periodo, non solo negli States. Anche nel Belpaese il caso desterà non poco scalpore. Tra le angherie vi erano anche abusi sessuali, perpetrati sia tradizionalmente che mediante sistemi meno convenzionali. Il tentativo di fuga di Sylvia, proprio nel giorno del decesso, non andava a buon fine. In Italia, così come in altre zone del globo, l’accaduto genererà, anche nella fase processuale nei confronti degli aguzzini, proteste organizzate e movimenti di riprovazione collettiva.

La vicenda verrà poi ripresa cinematograficamente, nel 2007, da due pellicole. Saranno: “American crime”, di Tommy ‘O Haver, e “The girl next door”, di Gregory Wilson. La Baniszewski, con problemi di depressione, dovuti ai suoi rapporti sentimentali falliti, aveva iniziato a maltrattarla ad agosto, confinando Sylvia nello scantinato, nuda e senza nutrirla. La carceriera ed assassina verrà condannata all’ergastolo, ma uscirà di prigione, per buona condotta, il 4 dicembre 1985.