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28 dicembre

Oggi, ma nel 1939, a Roma, al Quirinale, Papa Pio XII rendeva visita ufficiale al sovrano sabaudo Vittorio Emanuele III, dopo 70 anni dalla cacciata del pontefice, Pio IX, avvenuta il 30 settembre 1870, dalla storica dimora che diverrà la sede della presidenza della Repubblica. Con questo atto di cortesia del successore di San Pietro (nella foto, particolare, accolto dai dignitari di corte), che si presentava portando in dono un ramoscello di ulivo, simbolo esplicito di pace, avveniva il disgelo.

“Sciaboletta” conferiva ad Eugenio Pacelli il collare dell’Annunziata, la massima onorificenza della casa regnante generalmente riservata ai familiari. Accadeva dopo che la massima carica della cristianità avesse considerato la casa savoiarda un’accolita di usurpatori di quella che era stata per antonomasia la dimora del Santo padre. Quando Giovanni Maria Mastai Ferretti era andato via, con l’arrivo dei bersaglieri entrati dalla breccia di Porta Pia, aveva fatto murare l’accesso al piano nobile del palazzo voluto da Sisto V, nel 1587, a simboleggiare la sovranità pontificia sulla Città eterna, e s’era portato via il mobilio. Di converso i regnanti daranno feste e ricevimenti in quello che era stato il salone del Concistorio senza mai invitare alcun esponente della Chiesa. Il 21 dicembre precedente, era stato il re, accompagnato dalla regina Elena, a passare il Tevere rendendo omaggio a Pio XII in Vaticano. Non era la prima volta, ma Sua Santità non aveva mai contraccambiato inerpicandosi sul colle più alto dell’Urbe, salendo la scalinata voluta dal suo predecessore Gregorio XIII. Lo storico incontro era stato preparato dal ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, insieme all’ambasciatore di stanza nella Santa sede Dino Alfieri, con l’ovvio coordinamento del Duce.

Era stato proprio Alfieri, silurato da ministro della Cultura popolare, il 31 ottobre di quel 1939, a darsi da fare per portare a buon fine lo storico incontro che avrebbe riportato lustro alla sua nuova attività diplomatica, ottenuta grazie all’intervento di Ciano che aveva voluto non farlo precipitare in un cono d’ombra. Dilatando un po’ le date, secondo alcuni studiosi dei rapporti tra Santa sede e regno d’Italia, quel 28 dicembre 1939, si chiudeva realmente il Risorgimento italiano. Davanti all’incombente rischio di trascinare il Belpaese nella seconda guerra mondiale il Quirinale cessava di essere il luogo del sopruso da parte del potere temporale verso quello spirituale e diveniva, miracolosamente, il punto d’incontro. Nella speranza di scongiurare il conflitto che invece sarà inevitabile. Eloquente era il testo del messaggio rivolto dal governatore capitolino, Gian Giacomo Borghese, a Pio XII prima della partenza del corteo papale: “Il popolo di Roma oggi si piega reverente in ginocchio dinanzi a voi e vi saluta acclamando al vostro passaggio con incontenibile esultanza e con devozione infinita. L'unità spirituale instaurata nel clima dell'Italia fascista con gli accordi lateranensi ha oggi il suo più alto e compiuto successo”.