Aborto sull’elicottero denuncia contro l’ospedale

Torricella, la donna rimandata a casa nonostante le perdite Il marito: se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi

TORRICELLA PELIGNA. «Questa brutta storia non può finire così, se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi». Con un filo di voce il giovane romeno racconta la disavventura capitata a sua moglie che ha abortito al quinto mese di gravidanza sull’elicottero del 118 durante il trasporto all’ospedale clinicizzato di Chieti.

Ieri la coppia, 24 anni lui e 21 lei, che ha già un bambino di 11 mesi, è ritornata a Torricella, paese nel quale vivono, ben integrati, da quattro anni. La rabbia e il dolore sono i sentimenti che attanagliano i coniugi che non si rassegnano ad aver perso un figlio in questo modo. «Mia moglie», racconta il marito, «giorni fa si è sentita male: dolori al basso ventre e perdite di sangue. Subito l’ho portata all’ospedale di Lanciano dove, tra il pronto soccorso e il reparto di ginecologia ci hanno appena guardato in faccia forse perché siamo stranieri». Dopo la visita ginecologica e l’ecografia, la donna è stata rimandata a casa.

«Ci hanno detto che doveva riposarsi», racconta il marito. Ma il riposo non è bastato perché il giorno dopo le dimissioni, alla giovane mamma aumentano sia i dolori e sia le perdite di sangue. «Non sapevamo che fare, abbiamo prima chiamato un’amica e immediatamente il 118. Poco dopo sono arrivati in casa il medico, Luigi De Pamphilis, e il sindaco, Tiziano Teti. Il medico ha subito chiamato l’elicottero perché mia moglie stava male. Il bambino purtroppo non ce l’ha fatta. Perché non ci hanno creduto all’ospedale di Lanciano? Perché non hanno ricoverato mia moglie almeno per una notte? Non è giusto che succedano queste cose, questa brutta storia è capitata a noi che siamo stranieri, ma poteva succedere ad altri».

Il sindaco Teti, che esprime dolore e vicinanza per ciò che è successo ai coniugi romeni, punta il dito ancora una volta sulla scarsa attenzione che è riservata ai territori montani. «A parte le responsabilità del caso specifico, bisogna ribadire che nei paesi montani serve un presidio di emergenza del 118 affinché un’urgenza sanitaria non debba da subito rivestirsi di dramma».

Matteo Del Nobile

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