Abusi dall’ex della madre Ma lei dal Gip parla poco
Secondo la difesa si ridimensionano le accuse contro il proprio assistito «Non sono state confermate», dicono i legali, «chiederemo la scarcerazione»
LANCIANO. «Fredda, distaccata, come se i fatti, la violenza subita che le è stato chiesto di raccontare, non l’ avesse vissuta in prima persona». Così gli avvocati Giovanni Cerella e Alessandro Troilo hanno descritto il racconto fatto dalla 12enne di un piccolo centro del frentano, della presunta violenza sessuale di cui sarebbe stata vittima ad agosto da parte dell'ex compagno della madre. Un racconto fatto durante l’incidente probatorio a cui è stata sottoposta alla presenza della psicologa Silvia Marfisi e del giudice per le indagini preliminari Massimo Canosa. Gli avvocati Cerella e Troilo hanno ascoltato quanto avveniva in difesa del presunto violentatore, A. R., operaio di 38 anni di origini campane ma residente a Vasto. L’uomo, rinchiuso da ottobre nel carcere di Villa Stanazzo l’estate scorsa iniziò a frequentare la mamma della 12enne, conosciuta in una chat di incontri alla quale si era iscritto con il falso nome di Antonello Rossi (stesse iniziali del suo vero nome). Ma, una sera avrebbe approfittato della ragazzina. In base alle indagini coordinate dal sostituto procuratore Rosaria Vecchi e condotte dal Nucleo operativo della compagnia carabinieri di Lanciano l’abuso sarebbe avvenuto una sera di fine agosto approfittando del fatto che la madre della 12enne non c'era. «E’ stato contestato a Rossi un solo episodio», spiega Troilo, «tutto da verificare anche alla luce dell’incidente probatorio di ieri. Per la procura Rossi le avrebbe prima toccato il seno, poi le gambe e infine si sarebbe denudato. La bambina avrebbe raccontato tutto alla madre che ha subito troncato la relazione e denunciato l’accaduto ai carabinieri. In realtà ieri la 12enne non ha detto di aver subito violenza, non ha menzionato i fatti per i quali il nostro assistito è ancora in carcere. Alle domande insistenti della consulente del giudice Silvia Marfisi ha risposto in modo freddo. Ha detto che Rossi le mani le avrebbe poggiate sulle cosce, ma non ha confermato violenza. Ha raccontato senza sofferenza i fatti, ha parlato come se gli abusi non li avesse subiti lei. Alla domanda poi su cosa avesse provato quella sera, ha detto di aver avuto paura, ma di non essere fuggita. La procura non ha avuto le conferme che cercava nel racconto della ragazzina. Proporremo istanza di scarcerazione o i domiciliari con la possibilità di recarsi a lavoro». Un interrogatorio delicato, fatto forse dopo troppo tempo da fatti che sconvolgono e possono provocare reazioni diverse e difficili. Anche di rimozione e chiusura. Bisognerà riflettere sulle parole della ragazzina. Rossi, comunque, è in carcere perché nel 2012 aveva commesso un fatto analogo. Era stato posto ai domiciliari per violenza sessuale ed estorsione; avrebbe adescato delle ragazze sul web, filmato i rapporti sessuali con loro e poi le avrebbe ricattate. Nel maggio 2013 per questi fatti è stato condannato in primo grado, dal tribunale di Vasto, a due anni di reclusione, pena sospesa.