Accrediti Sanstefar, Chiodi si appella

Il commissario contro la sentenza del Tar che nega la convenzione ai centri di riabilitazione

CHIETI. La Regione ricorre al Consiglio di Stato per chiedere l'annullamento delle sentenze del Tar Abruzzo sulle strutture dell'ex galassia Angelini. L'Avvocatura di Stato ha depositato per il commissario alla sanità, Gianni Chiodi, e l'ente, i ricorsi sul secondo blocco di sentenze che chiedevano il ritiro dell'accreditamento a diverse strutture sanitarie, tra cui i centri di riabilitazione Sanstefar. Allo stesso tempo chiede che la vicenda giudiziaria, fatta di ricorsi multipli dell'Aiop contro il fallimento Angelini, sia riunita nell'udienza di merito del 13 luglio. Arriva con il ricorso l'interpretazione degli articoli 7 e 7 bis della legge 32 del 2007, su cui ruotano i diversi procedimenti a scapito dell'accreditamento alle strutture ex Angelini, ed emerge che, qualora l'accreditamento venisse davvero meno, non è detto che ne beneficierebbero gli altri gruppi di sanità privata. Punti sostanziali per questa vicenda che tiene col fiato sospeso circa 1400 lavoratori e la geografia del sistema sanitario abruzzese.

«Finalmente», commentano i lavoratori riuniti nel comitato Villa Pini Resiste, «il presidente della Regione Chiodi afferma con forza le sue ragioni contro le sentenze del Tar aquilano e contro l'Aiop, rispondendo con un appello al Consiglio di Stato, atto dall'evidente contenuto politico. Da mesi attendevamo che il presidente Chiodi e la Regione riaffermassero la completa legittimità dell'accreditamento di Villa Pini e di Sanstefar contro chi vi si oppone con ricorsi amministrativi, strumentali solo ai propri interessi di parte».

Va precisato che il ricorso in appello della Regione riguarda quel blocco di sentenze del Tar posteriori a quella sulla clinica Villa Pini. Tuttavia i diversi procedimenti contro l'accreditamento delle strutture ex Angelini sono fondati su criteri analoghi e, dunque, l'interpretazione e le ragioni formulate dall'Avvocatura dello Stato possono essere letti in maniera estensiva. Per la prima volta emerge che è discrezionale, non obbligatorio, l'esercizio del potere da parte della Regione di ritirare l'accreditamento a quegli imprenditori della sanità privata che non siano in regola con il pagamento di stipendi e contributi. «Dal combinato disposto degli articoli 7 e 7 bis della legge regionale 32 del 2007», si legge in particolare nel ricorso su Sanstefar, «si evince la sussistenza in capo all'amministrazione di un potere sanzionatorio avente carattere discrezionale».

L'Avvocatura dello Stato si spinge oltre e puntualizza le ragioni essenziali che hanno spinto il commissario ad acta Gianni Chiodi a revocare la sospensione dell'accreditamento. Queste ragioni fondano sulla volontà di tutelare la posizione dei lavoratori e garantire la continuità del servizio erogato.Con il ricorso in appello, infine, esce fuori anche che, in caso di ritiro dell'accreditamento, non ci sarebbe necessariamente una redistribuzione sugli altri gruppi di sanità privata.

«La Regione», recita ancora il ricorso, «potrebbe non redistribuire il valore previsto per la struttura esclusa, optando per un diverso impiego della stessa somma». Sipo Beverelli Allo stesso tempo chiede che la vicenda giudiziaria, fatta di ricorsi multipli dell'Aiop contro il fallimento Angelini, sia riunita nell'udienza di merito del 13 luglio. Arriva con il ricorso, finalmente, l'interpretazione degli articoli 7 e 7 bis della legge 32 del 2007, su cui ruotano i diversi procedimenti a scapito dell'accreditamento alle strutture ex Angelini, ed emerge che, qualora l'accreditamento venisse davvero meno, non è detto che ne beneficierebbero gli altri gruppi di sanità privata. Punti sostanziali per questa vicenda che tiene col fiato sospeso circa 1400 lavoratori e la geografia del sistema sanitario abruzzese.

«Finalmente», commentano i lavoratori riuniti nel comitato Villa Pini Resiste, «il presidente della Regione Chiodi afferma con forza le sue ragioni contro le sentenze del Tar aquilano e contro l'Aiop, rispondendo con un appello al Consiglio di Stato, atto dall'evidente contenuto politico. Da mesi attendevamo che il presidente Chiodi e la Regione riaffermassero la completa legittimità dell'accreditamento di Villa Pini e di SanStefar contro chi vi si oppone con ricorsi amministrativi, strumentali solo ai propri interessi di parte». Va precisato che il ricorso in appello della Regione riguarda quel blocco di sentenze del Tar posteriori a quella sulla clinica Villa Pini. Tuttavia i diversi procedimenti contro l'accreditamento delle strutture ex Angelini sono fondati su criteri analoghi e, dunque, l'interpretazione e le ragioni formulate dall'Avvocatura dello Stato possono essere letti in maniera estensiva. Quali? Per la prima volta emerge che è discrezionale, non obbligatorio, l'esercizio del potere da parte della Regione di ritirare l'accreditamento a quegli imprenditori della sanità privata che non siano in regola con il pagamento di stipendi e contributi. «Dal combinato disposto degli articoli 7 e 7 bis della legge regionale 32 del 2007», si legge in particolare nel ricorso su Sanstefar, «si evince la sussistenza in capo all'amministrazione di un potere sanzionatorio avente carattere discrezionale».

Non è tutto. L'Avvocatura dello Stato si spinge oltre e puntualizza le ragioni essenziali che hanno spinto il commissario ad acta Gianni Chiodi a revocare la sospensione dell'accreditamento. Queste ragioni fondano sulla volontà di tutelare la posizione dei lavoratori e garantire la continuità del servizio erogato, che poi incide sul mantenimento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria in Abruzzo. In forza della legge fallimentare, poi, la stessa Avvocatura dello Stato ammette che la curatela non può sanare i ritardi contributivi e previdenziali maturati dalla proprietà del gruppo oggetto di procedura. Con il ricorso in appello, infine, esce fuori anche che, in caso di ritiro dell'accreditamento, non ci sarebbe necessariamente una redistribuzione sugli altri gruppi di sanità privata. «La Regione», recita ancora il ricorso, «potrebbe non redistribuire il valore previsto per la struttura esclusa, optando per un diverso impiego della stessa somma».

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