Chieti, ecco i rifiuti bruciati: la discarica ignorata / VIDEO
A due anni e mezzo dal rogo nessun intervento a Colle Marcone. L'assessore Bevilacqua: «Il Comune ha fatto il suo dovere ma la Regione non dà i soldi»
CHIETI. Ci sono ancora i fusti con i rifiuti pericolosi bruciati nella notte tra il 27 e il 28 giugno del 2015; ci sono le carcasse di batterie per auto squagliate; ci sono i cumuli di immondizia alti fino a 6 metri in cui sono mischiati gli scarti della vita di tutti i giorni. A due anni e mezzo dal rogo doloso, la discarica abusiva di Colle Marcone resta un mostro senza bonifica. Le foto esclusive che pubblichiamo in queste due pagine lo dimostrano e raccontano di un luogo finito nel dimenticatoio.
Arroccata in cima a una collina, la discarica non si vede ma è ancora lì. Finora, i soldi per bonificare l’area tra Chieti e Bucchianico sono stati trovati ma soltanto a parole: «La Regione ha annunciato di aver impegnato 400 mila euro ma quei fondi non sono mai arrivati al Comune», dice l’assessore all’Ambiente Alessandro Bevilacqua. Soldi soltanto annunciati. E risposte che non sono arrivate. Come quelle che, all’indomani dell’incendio, aveva chiesto il deputato Gianni Melilla di Sinistra Italiana: il 1° luglio del 2015, Melilla aveva presentato un’interrogazione al ministro dell’Ambiente ma quella richiesta è rimbalzata nel vuoto perché la «risposta scritta» del dicastero non è arrivata. «Nessuno mi ha risposto e, quindi, sento puzza di bruciato», dice il deputato, «questo silenzio è strano. Ora, solleciterò ancora il ministro e vedremo cosa accadrà: di solito, dopo un’interrogazione, le risposte arrivano e, proprio per questo, voglio capire perché stavolta non è successo».
Quello della discarica incendiata è un caso scolastico di scaricabarile tra istituzioni che si trascina almeno da 8 anni. Nel 2009 la guardia di finanza sequestrò l’area per l’ipotesi di inquinamento proveniente dai rifiuti abbancati su 4 mila metri quadrati di terreno e senza alcuna misura di sicurezza: quintali di immondizia scaricati a terra e lasciati lì. Dopo altri 5 anni di abbandono, nel marzo 2014, la Asl di Chieti segnalò al Comune di Bucchianico la «necessità» di intervenire. In risposta, il Comune di Bucchianico disse alla Asl e anche alla prefettura che la zona interessata ricade «nel territorio comunale di Chieti». Con la risposta del Comune di Bucchianico in mano, la Asl non perse tempo e, il 24 aprile 2014, tornò a segnalare il caso stavolta al Comune di Chieti scrivendo in una lettera che avrebbe dovuto agire con «urgenza e predisporre un intervento di messa in sicurezza perché l’area gravemente inquinata era a rischio incendio». Quella richiesta di intervento non fu raccolta nei mesi successivi. Sta di fatto che pochi giorni dopo un’inchiesta del Centro sul sospetto che nella discarica fossero stoccati anche rifiuti provenienti dal Napoletano, il fuoco ha distrutto tutto: decine di fusti e batterie esauste, contenitori di rifiuti speciali accatastati sotto lamiere di rimedio, cumuli di spazzatura senza nessuna messa in sicurezza.
Ma l’interrogazione di Melilla dice che è andato bruciato anche dell’altro: «Il rogo ha distrutto non solo i rifiuti ma anche quei documenti mai sequestrati e custoditi per 6 anni in un gabbiotto che ora è esploso. Documenti che parlano di collegamenti con la discarica e con il termovalorizzatore di Pantano di Acerra, nel Napoletano, dove a marzo (2015, ndr) sono stati portati via 21 mila tonnellate di ecoballe». Con la sua interrogazione, Melilla aveva chiesto al ministro «di quali informazioni» fosse in possesso sulla discarica dimenticata. Ma non c’è stata risposta.
Sul fronte fondi per la bonifica, sembra in atto uno scontro tra Regione e Comune: «Il Comune ha fatto tutto quello che doveva fare come è emerso anche dall’ultima riunione in prefettura», dice l’assessore Bevilacqua, «ora è la Regione che deve intervenire con lo stanziamento dei fondi per la bonifica. Ognuno deve fare la sua parte e, adesso, non tocca di certo al Comune». Secondo l’Arta, a Colle Marcone non ci sarebbero più rischi per l’ambiente anche se i rifiuti restano esposti alle intemperie. Ma di preciso non si sa neanche cosa è andato bruciato: «Si deve fare una caratterizzazione del sito per capire che tipo di rifiuti sono andati a fuoco e quanto siano nocivi», spiega Bevilacqua, «poi, si farà la bonifica che è un’opera costosa. Un anno fa, la Regione ha annunciato di aver stanziato 400 mila euro ma ne servono almeno 600 mila. Il problema è che questi soldi non sono mai arrivati in Comune».
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