Donna umiliata e picchiata dal marito: «Mi diceva: “Ho messo una taglia sulla tua testa”»

9 Aprile 2025

Secondo la sentenza pronunciata dal tribunale di Chieti, la donna è stata vittima di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori da parte del compagno di 35 anni, nonché padre dei suoi tre figli, condannato ieri a quattro anni di reclusione.

CHIETI. «Mi diceva di aver messo una taglia di 5.000 euro sulla mia testa. In questo modo, se i suoi amici e i suoi parenti mi avessero vista, mi avrebbero ammazzata». Comincia così il racconto choc della donna che, secondo la sentenza pronunciata dal tribunale di Chieti, è stata vittima di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori da parte del compagno di 35 anni, nonché padre dei suoi tre figli, ieri condannato a quattro anni di reclusione.

«All’inizio della relazione», riferisce in udienza la donna, «c’erano violenze verbali. Poi sono subentrate quelle fisiche, andate avanti per dieci anni. Dovevo chiedere scusa in ginocchio. E se lui non le accettava, mi sputava». Come è emerso dalle indagini dei carabinieri, coordinate dal pubblico ministero Marika Ponziani (ieri l’accusa era rappresentata in aula dal sostituto procuratore Giancarlo Ciani), la vittima è stata «sottoposta a continue vessazioni fisiche e psicologiche». In più circostanze, «in occasione di accessi d’ira del tutto immotivati o dovuti a futili motivi e spesso aggravati dallo stato di ubriachezza dell’imputato», lui la minacciava di morte o comunque di danni alla persona, umiliandola gridando: «Sei una p..., sei una nullità, non sei in grado di fare nulla, non vali niente, sei una stupida». In numerose occasioni è passato alle vie di fatto, colpendola con calci e pugni.

Come quando, a suo dire, lei non aveva pulito correttamente il frigorifero di casa. «Da dietro, mi ha dato una botta sulla testa, davanti ai bambini. Avevo la fronte piena di sangue e la più grande ha scattato delle foto con il cellulare». E ancora: «Un’altra volta, quando mia figlia era piccola, mi ha dato un pugno. E sono andata in giro con un occhio nero».

Nell’aprile del 2022, ormai esausta, la vittima è andata via di casa ed è tornata dalla famiglia d’origine. «Da quel giorno», ripercorre, «sono iniziate minacce telefoniche e parolacce a dismisura». Quando lei ha deciso di cambiare utenza telefonica, lo stalker ha cominciato a perseguitarla attraverso il cellulare della figlia. E non è finita qui. «Ci diceva che ci ammazzava tutti e che ci avrebbe mandato al Tg5. Quando mi ha detto di aver messo una taglia sulla mia testa, sono andata nel panico più totale».

L’accusa ha ritenuto particolarmente significativo un messaggio audio, finito agli atti dell’inchiesta, in cui l’imputato ha terrorizzato così la madre dei suoi figli: «Io infame e traditore non ci sono nato. Non mi serve andare dall’avvocato per riprendere i bambini. Quando sarò pronto, tu non preoccuparti, te li vengo a strappare dalle mani come tu li hai strappati a me. Non me ne frega, puoi andare dai carabinieri, fai quello che c... vuoi, tanto sei una m..., sei una p..., io sono migliore di te, sono più forte. Io vado in galera, ma i miei figli se li pigliano gli assistenti sociali e tu non ce l’hai come non li avrò io. Mo’ te so pigliato a odio, io sono disposto a farmi ammazzare per uccidere te».

L’imputato, assistito dall’avvocato Rocco Giancristofaro, respinge le accuse su tutta la linea e si prepara a presentare ricorso in appello: per la difesa, mancano le prove sia per quanto riguarda i maltrattamenti in famiglia che gli atti persecutori. Nei suoi confronti il tribunale ha disposto anche la sospensione della responsabilità genitoriale per otto anni e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. La vittima, rappresentata dall’avvocato Moira Tamanti, si è costituita parte civile e dovrà essere risarcita in separata sede.

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