Deflagrazione Sabino Esplodenti, morirono in 3. Il giudice assolve i vertici dell’azienda
Assolti i vertici dell’azienda Sabino Esplodenti dall’accusa di omicidio colposo. La sentenza: “I lavoratori deceduti mentre svolgevano attività estranee al ciclo produttivo”
VASTO. «È verosimile sostenere che i tre dipendenti deceduti, al momento dell’esplosione, stessero realizzando un’attività del tutto estranea alle procedure di lavorazione: la produzione artigianale di fuochi d’artificio da parte delle vittime non era in alcun modo riconducibile all’organizzazione del ciclo produttivo dell’azienda Sabino Esplodenti». Ecco perché il giudice del tribunale di Vasto, Anna Rosa Capuozzo, ha assolto con la formula più ampia – «il fatto non sussiste» – dai reati di omicidio colposo plurimo aggravato e disastro colposo i vertici della storica società di Casalbordino che si occupa di residuati bellici. A svelarlo sono le motivazioni della sentenza, arrivata con il rito abbreviato, che ha messo un primo punto fermo in una tragedia che ha colpito al cuore l’Abruzzo e ha avuto un’eco che ha superato ben oltre i confini regionali.
TUTTI SCAGIONATI
Secondo il giudice di primo grado, i nove imputati non hanno alcuna responsabilità per la morte, avvenuta il 21 dicembre 2020, degli operai Carlo Spinelli, 54 anni, di Casalbordino, Paolo Pepe, di Pollutri, e Nicola Colameo, di Guilmi, entrambi di 45 anni. Sono stati completamente scagionati, dunque, Gianluca Salvatore, 55 anni, di Lanciano, residente a Pescara, legale rappresentante e presidente del consiglio di amministrazione della Esplodenti Sabino spa; Sabino Salvatore, 56 anni, nativo di Pescara e residente a Vasto, amministratore delegato; i consiglieri del cda Massimo e Marco Salvatore, rispettivamente di 55 e 50 anni, residenti a Lanciano; Giustiniano Tiberio, 45 anni di Casalbordino, direttore dello stabilimento; Stefano Stivaletta, 39 anni, di Vasto, responsabile del servizio di protezione e prevenzione; Paolo Iocco, 53 anni, di Casalbordino, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; Carlo Piscopo, 57 anni, anche lui di Casalbordino; e la Esplodenti Sabino spa. Le qualifiche e i ruoli indicati sono quelli ricoperti all’epoca dei fatti. Il pubblico ministero Silvia Di Nunzio aveva chiesto per tutti condanne comprese tra sei anni e tre mesi e quattro anni e due mesi di reclusione.
LA RELAZIONE DEL PERITO
Determinante, per la decisione del giudice Capuozzo, è stata la perizia affidata all’ingegnere Francesco De Marzo dopo che i consulenti della procura e quelli degli imputati erano giunti a conclusioni diametralmente opposte. «L’ipotesi formulata dai consulenti della difesa e dal perito nominato», si legge in un passaggio chiave delle 50 pagine di motivazioni, «presenta solide basi di effettivo riscontro nelle risultanze procedimentali e impone una pronuncia assolutoria nei confronti degli imputati la cui responsabilità penale non può dirsi, nel caso di specie, dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio».
ACCOLTA LA TESI DIFENSIVA
Più nel dettaglio: il giudice «ritiene condivisibili le argomentazioni spese dai difensori degli imputati», vale a dire gli avvocati Augusto La Morgia, Marco Spagnuolo, Alessandra Cappa, Sergio Della Rocca, Arnaldo e Francesco Tascione, Nicola Di Domenica, Andrea Sonnini, Marco Serafini, Stefano Vitale e Antonio Gatta. Il riferimento è «all’interruzione del nesso causale tra la condotta colposa degli imputati e gli eventi verificatisi, derivata dal comportamento tenuto dai tre operai deceduti. Infatti, nel caso di specie, l’affermazione o l’esclusione della responsabilità degli imputati passa necessariamente dalla valutazione del comportamento imprudente dei tre lavoratori». Il giudice «osserva preliminarmente che, in materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante e imprevedibilmente colposa del lavoratore».
«PREPARAVANO I FUOCHI»
«Nel caso in esame», è scritto in sentenza, «risulta evidente che la condotta posta in essere dai tre operai impegnati presso il forno 80, eccentrica, abnorme ed estranea rispetto a qualsivoglia procedura lavorativa in essere nello stabilimento Esplodenti Sabino, abbia determinato l’interruzione del nesso causale tra le condotte omissive contestate e l’evento lesivo verificatosi». E ancora: «I lavoratori deceduti erano infatti verosimilmente intenti a svolgere attività illecite all’interno del locale 80, ossia attività di assemblaggio di manufatti pirici attraverso il riempimento di razzi nautici con polvere pirica artatamente occultata in un fusto in quantità pari o superiore ai 5 chili al fine di utilizzarli verosimilmente in occasione delle imminenti festività di fine anno. Le vittime hanno utilizzato la postazione lavorativa e i razzi nautici in modo strumentale ai loro interessi personali, estranei all’attività produttiva».
LE CONCLUSIONI
Il giudice entra ancora più nello specifico: «L’abnormità del comportamento illecito de quo evidenzia l’inefficacia preventiva rispetto all’evento concreto verificatosi delle prescrizioni antinfortunistiche asseritamente violate dagli imputati. Come affermato dal perito, “la responsabilità dell’innesco è sempre riconducibile al fatto che Pepe e Colameo svolgevano attività lavorative non previste da alcun tipo di regolamento o di legge vigente senza che l’azienda Sabino Esplodenti ne fosse a conoscenza e senza che la stessa azienda traesse un vantaggio diretto da tale lavorazione autonoma” e che “l’evento è stato causato da fattori assolutamente estranei al forno e alle procedure aziendali in vigore per l’uso dello stesso”. La condotta dei tre lavoratori, secondo la condivisibile ricostruzione del perito, ha costituito il fattore causale esclusivo dell’evento infausto». La logica conseguenza, per il giudice, è che «gli imputati devono essere mandati assolti per insussistenza del fatto».
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