LA PROCURA DI VASTO
Il suicidio del primario in carcere poteva essere evitato: due indagati
La direttrice e un agente di polizia penitenziaria nell'inchiesta per omicidio colposo e omissioni chiusa dopo dieci mesi. Trotta in cella con la cocaina. La difesa: condotta rispettosa e condizionata dalle norme anti-Covid
VASTO. Il suicidio in carcere del primario di Psichiatria poteva essere evitato. E' con questa conclusione che il sostituto procuratore Michele Pecoraro, prima di lasciare la Procura vastese, ha chiuso le indagini sulla morte del dottor Sabatino Trotta puntando l'indice contro la direttrice della Casa Lavoro di Torre Sinello dove il medico era stato trasferito e rinchiuso dopo l'arresto avvenuto a Pescara il 7 aprile scorso.
L'ipotesi d'accusa nei confronti della dirigente è di omicidio colposo per condotte omissive. La stessa accusa contestata all'agente coordinatore dello staff multidisciplinare di accoglienza e sostegno della polizia penitenziaria.
Secondo il pm, quel giorno nel carcere non sarebbe stato attuato il piano per la prevenzione delle condotte suicide predisposto dalla Asl. Furono omesse le procedure per cui al medico fu lasciato il laccio dei pantaloni della tuta con il quale poi si impiccò e non venne scoperto il quantitativo di cocaina che, come venne successivamente accertato, Trotta assunse prima di uccidersi.
I due indagati si difendono invece sostenendo di aver avuto una condotta rispettosa e condizionata dalle norme anti-covid.
copyright il Centro
ARTICOLO SUL CENTRO IN EDICOLA