Jois Pedone, inchiesta archiviata Il giudice: «È stato un suicidio» 

Il gip Capuozzo respinge la richiesta della famiglia del 20enne e dispone la chiusura del caso Confermata la richiesta del sostituto procuratore Chirico. L’avvocato: «Altro dolore per la famiglia» 

VASTO. Il gip del tribunale di Vasto, Anna Rosa Capuozzo, ha respinto il ricorso presentato dall'avvocato Federica Benguardato, e ha disposto l’archiviazione delle indagini sulla morte di Jois Pedone, così come richiesto ad aprile dal sostituto procuratore Vincenzo Chirico. Si chiude così una delle vicende più drammatiche avvenute a Vasto negli ultimi anni. Jois Pedone, 20 anni, venne trovato senza vita fra gli scogli di Punta Penna la mattina del 22 agosto 2022. La famiglia si è sempre opposta all'ipotesi del suicidio. Dalle indagini, durate 20 mesi, non sono tuttavia emersi elementi a supporto dell'ipotesi di «istigazione al suicidio». Le argomentazioni presentate a ottobre dall'avvocato Federica Benguardato non sono state ritenute sufficienti per approfondire le indagini. «Ci è stato notificato il rigetto», conferma l'avvocato Benguardato. «Nei prossimi giorni incontrerò la madre di Jois e decideremo il da farsi. Per la famiglia un nuovo dolore che si aggiunge allo strazio per la perdita del ragazzo. Un dolore che il tempo non ha affatto placato e che ora è acuito dal mistero non risolto che continuerà a circondare la morte dello studente universitario. La procura di Vasto ha indagato per quasi due anni per istigazione al suicidio. Non ci sono mai stati indagati, ma il magistrato ha ascoltato numerose testimonianze, dal tassista che portò Jois a Punta Penna ad altre persone che quella notte erano in zona. Il ragazzo venne trovato in posizione verticale vicino ad un trabocco, con un borsone pieno di 40 chili di rena legato alla caviglia. Sul suo collo, stampata una zeta. Una sorta di marchio a fuoco. La famiglia del ragazzo che frequentava la facoltà di Economia all'Università di Parma resta convinta che il giovane sia morto a causa di un rito esoterico sfuggito di mano. La famiglia Pedone, esclusa sin da subito l'ipotesi suicidio, ritenuta del tutto inverosimile per diverse ragioni, dal biglietto che Jois aveva comprato per tornare a Parma, alle camicie che aveva chiesto di stirare, al misterioso borsone, che il ragazzo non aveva con sé quando salì sul taxi, fino ad arrivare a quella Z sul collo, molto simile ad un marchio a fuoco, che la trasmissione «Chi l'ha visto» ipotizzò corrispondere ad una delle rune utilizzate nei riti satanici.
Ora il rammarico dei genitori di Jois per il mistero irrisolto e le tante domande rimaste senza risposta. Il lavoro degli investigatori è stato raccontato in un voluminoso fascicolo di 1700 pagine. Analisi, confronti e testimonianze non hanno però portato ad accertare che effettivamente Jois quella notte non fosse solo quando si calò in mare con una zavorra legata alla caviglia. Nessuna prova concreta a supporto di questa ipotesi. Per la famiglia ora è un nuovo momento doloroso, accolto nel silenzio.