La figlia in camera a guardare i cartoni animati, lui spaccia: rischia il processo
La compagna di uno dei clienti si indigna quando viene a sapere della presenza della piccola: «Con la bambina nell’appartamento no, capito?». E lui: «Me l’ha data in camera, lei era in sala»
CHIETI. Vendeva droga in casa anche quando all’interno c’era la figlia piccola che stava guardando i cartoni animati. Nulla fermava uno dei 47 spacciatori scoperti dai poliziotti della squadra mobile di Chieti: neanche la presenza della bambina nel suo appartamento di Pescara, trasformato in un luogo di smercio di stupefacenti. A svelarlo sono le carte dell’inchiesta che ha fatto luce su un imponente giro di marijuana e hashish nell’area metropolitana, portando al sequestro di oltre 70 chili di sostanze illegali.
È il 20 novembre 2020 quando uno degli indagati, V.D.A., 40 anni, raggiunge l’abitazione di un altro spacciatore A.M., anche lui quarantenne, per rifornirsi. Il primo si trova insieme alla compagna, che rimane in macchina, al cui interno i poliziotti del commissario capo Nicoletta Giuliante hanno piazzato una microspia proprio qualche ora prima.
Dopo aver acquistato lo stupefacente, V.D.A. torna in auto, consegna la dose alla fidanzata e le riferisce che, nell’appartamento, c’era anche la figlia di A.M. Quelle parole provocano la reazione della donna, che esterna tutta la sua indignazione esclamando: «C’era la figlia?!». Lui cerca di tranquillizzare la compagna, riferendo che l’amico-spacciatore aveva preso le dovute precauzioni, consegnandogli lo stupefacente in camera da letto mentre la figlia era in sala a guardare i cartoni animati.
La donna contesta nuovamente l’accaduto e aggiunge, temendo possibili conseguenze qualora fossero scoperti: «Anche se te l’ha data in camera, in casa c’era comunque un minore». Poi, lei mette in guardia V.D.A. per le future cessioni di droga: «Con la figlia in casa no, capito? ». Lui, infine, minimizza: «Mi ha lasciato due canne, amore...».
Gli episodi di spaccio riscontrati dalla polizia sono stati riassunti in 120 capi d’accusa. La conclusione è questa: «Sono da ritenersi incontrovertibili gli elementi probatori emersi dall’indagine, corroborata da operazioni tecniche di intercettazione, servizi di osservazione, pedinamento e controllo e riscontri investigativi. Questi ultimi hanno acclarato la fondatezza dell’attività svolta attraverso plurimi sequestri di droga, facendo luce sulle condotte malavitose di personaggi dediti in maniera continuativa allo smercio di sostanze stupefacenti nell’area metropolitana di Chieti-Pescara».
Va rimarcata anche «la particolare pericolosità sociale dimostrata da alcuni degli indagati, che non si sono fatti scrupolo nel porre in essere azioni minatorie finalizzate al recupero degli introiti non saldati derivanti dalla frenetica attività di spaccio». Non solo: gli indagati hanno palesato «un’innata capacità camaleontica nel rimpiazzare di volta in volta gli adepti, evidenziando l’assiduo utilizzo dei social network per meglio divulgare e ottimizzare attraverso la rete la compravendita di droga da proporre a un quanto mai ampio portafoglio di clienti».
Il sostituto procuratore Andrea Di Giovanni ha chiesto il processo per i 47 imputati: l’udienza preliminare, davanti al giudice Giovanni De Rensis, è in programma il 20 maggio.
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