«Sei la ragazza del pusher ci puoi scrivere un libro»

4 Settembre 2019

Ecco i colloqui con la fidanzata che inguaiano il cameriere Michele Montuori:  «Questo carico è così forte che mi fa smascellare, sembra l’anfetamina»

CHIETI. «Sei la ragazza del pusher, ci puoi fare un libro». Così Michele Montuori, ritenuto lo «spacciatore di punta» del gruppo scalino, si vanta con la fidanzata. È la sera del 6 aprile del 2018 quando i due sono sulla Ford Fiesta dell’indagato. Una microspia registra tutto. Michele mostra alla compagna i quattro grammi di cocaina, ricevuti dal “capo” Andrea Di Muzio, che dovrà consegnare di lì a poco a un giovane da lui conosciuto come studente universitario napoletano. Il pusher racconta che Andrea pretende un ricavo di 80 euro al grammo, «mentre lui li venderà a 100, così ci guadagnerà a sua volta», è scritto sull’ordinanza di custodia cautelare. «A tal proposito, aggiunge: “Che stiamo a fare i down qua?”, come a dire che non è stupido e sa come guadagnarci». E conclude il discorso dicendo alla ragazza: «Inizia a scrivere il libro dai: la ragazza del pusher». In realtà, Montuori cade nella trappola: quello che ha conosciuto come studente è un agente sotto copertura del Servizio centrale operativo della polizia di Stato.
Qualche giorno dopo, Montuori e la fidanzata sono sempre in macchina. Ed entrambi «concordano sul fatto che lo stupefacente che Michele sta spacciando al momento è troppo forte», riassume il giudice. «Sto lotto mi fa smascellare troppo», dice l’arrestato, «cioè mi viene troppo da mordere il piercing...è strano è!». Poi, paragona quella cocaina a potenti droghe sintetiche: «Io questo prodotto non lo voglio più fa’, perché fino a quando non lo cambia io non me lo voglio fa’... sa di anfetamina». Come ricordato in conferenza stampa dal capo della squadra mobile, Miriam D’Anastasio, durante le indagini è stata infatti sequestrata cocaina con un grado di purezza di oltre il 90%. Dalle intercettazioni, sostiene sempre l’accusa, emerge chiaramente che Montuori «ha ricevuto l’incarico da Andrea Di Muzio di esercitare l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti in particolare nei giorni di venerdì e sabato, che rappresentano quelli in cui la movida ha il suo massimo fervore e i giovani, in massa, riempiono i locali e le piazze adiacenti». Ma quanto guadagnava Montuori per la sua attività di pusher? «Per ogni giorno in cui spaccia», chiariscono gli investigatori, «riceve 50 euro, ma incrementa il suo guadagno con piccole somme che “arrotonda” dal prezzo delle singole dosi». E accade anche che la fidanzata lo rimproveri per il ricavo esiguo: «Cioè tu rischi per 100 euro?». Michele si dice consapevole della sua situazione: «Tanto prima o poi ci fanno un culo... io me l’aspetto!». Ma ribadisce con fermezza: «Quello lo devi accettare per forza. Fino a quando non trovo un lavoro, quello è». Montuori si lamenta quando viene rifornito in «maniera spropositata» da Simone Di Muzio: «Oggi ho rischiato la galera per tipo vent’anni. Avevo di tutto appresso», racconta sempre alla fidanzata. «Lo stesso Simone», riferiscono gli agenti, «gli ha poi ordinato di spacciare fuori dal pub. Michele ha aggiunto che a un accenno di propria rimostranza (“Che palle, un’altra volta”), Simone ha ribadito il comando: “E per forza”». Per gli investigatori, le parole di Montuori non sono quelle di un «ragazzo prestatosi occasionalmente al malaffare, ma da perfetto malavitoso». Il riferimento è a una frase pronunciata davanti a Simone: «A me mi acchiappano in flagrante! Prima o poi succede... questa è la vita nostra». L’ultima parte della conversazione Michele la riserva «ad Andrea Di Muzio: questi si rivela ottimo “oracolo” chiedendogli se “ha paura della galera” e aggiungendo poi la previsione: “perché prima o poi se la deve fare”». È lungo l’elenco dei colloqui che inguaia Montuori. «Un po’ di droga la devo vendere per forza», ripete quasi nel tentativo di giustificarsi. «Devo prendere un attimo quello amo’, te lo metti in mezzo alle sise, o si vede? Vabbè, lo tengo io».
Il 15 gennaio del 2018, Michele Montuori, il padre, la nonna e Simone Di Muzio fanno un viaggio a Napoli per acquistare banconote false. Ma, in autostrada, vengono fermati e denunciati dalla polizia, che li trova in possesso di 148 pezzi da 20 euro farlocchi. Il giorno successivo, Andrea Di Muzio va su tutte le furie: per lui è fondamentale che Simone resti incensurato. «Quando ti prendo ti trincio di mazzate», lo rimprovera, prima di ricordargli che «sul suo nome si poggia l’impresa commerciale e, di conseguenza, quella criminale: “Hai tutta la squadra su di te, mongoloide”». (g.let.)