Tagli ai servizi e alle assunzioni: cinque anni per uscire dal dissesto
L’assessore Della Penna analizza i nuovi scenari: «I tributi sono già al massimo, ma nulla è scontato» E Ferrara si scusa per grida e pugni sul tavolo in consiglio: «Ho sbagliato, ma la misura era colma»
CHIETI. Il dado è tratto: il Comune di Chieti è in dissesto per la seconda volta nella sua storia e si prepara ad affidare a terzi la gestione dei debiti accumulati negli anni. L’amministrazione del sindaco Diego Ferrara traccia una linea netta di demarcazione con il passato: mette un punto e va avanti secondo regole, però, molto stringenti che non permetteranno grandi margini di manovra. La maggioranza guarda al bicchiere mezzo pieno e parla di «nuova sfida», ma il consiglio comunale per la dichiarazione di dissesto di giovedì sera ha dimostrato, con una violenta lite in aula, che i nervi sono a dir poco tesi.
COSA PREVEDE IL DISSESTO
Serviranno cinque anni per chiudere il dissesto. Nel frattempo tasse al massimo e possibile riduzione dei servizi. «I tributi sono già al massimo», spiega l’assessore comunale alle finanze Tiziana Della Penna, «d’altronde con il piano di predissesto abbiamo dovuto mettere in atto tutte le misure possibili per riportare il bilancio in bonis». Quanto al taglio dei servizi, «nulla è scontato», dice l’assessore, «i servizi essenziali certamente non verranno toccati. Per gli altri è tutto da vedere». Il dissesto ha ripercussioni anche sulle assunzioni dell’ente che già soffre di gravi carenze di personale. «È ovvio», dice l’assessore, «che ci saranno dei paletti a cui sottostare: per le assunzioni ci sarà bisogno di specifiche autorizzazioni ministeriali». Ai debiti dell’ente penserà un organismo straordinario di liquidazione, composto da tre membri, di nomina ministeriale. Tratterà con i creditori del Comune, gestendo il disavanzo comunale che, come riferito dalla maggioranza, non ammonta più a 78 milioni di euro certificati al termine dell’indagine ricognitiva avviata al momento dell’insediamento, ma il debito in due anni e mezzo di amministrazione si è ridotto di oltre 10 milioni di euro. Sarà il rendiconto del 2022 a cristallizzare la cifra precisa del disavanzo, rendiconto che arriverà in consiglio comunale nella prima settimana di luglio.
TEATESERVIZI
Anche sul fronte di Teateservizi non dovrebbe cambiare nulla. Il sindaco e il presidente del consiglio comunale Luigi Febo hanno incontrato ieri i sindacati della partecipata per spiegare che l’amministrazione sta ancora lavorando al salvataggio della società dal fallimento e alla salvaguardia dei posti di lavoro. All'incontro hanno partecipato i rappresentanti sindacali di Cisl Fp, Uil Fpl, Fp Cgil, Confsal Funzioni Locali, Felsa Cisl e Uiltucs. Ai sindacati Ferrara e Febo hanno illustrato il percorso tecnico per ottenere il doppio obiettivo, attraverso una serie di atti e adempimenti alcuni dei quali già pronti. C'è anche una delibera di giunta su Teateservizi che andrà in consiglio comunale la prossima settimana. Per quanto riguarda i servizi, il cimitero torna subito in gestione diretta del Comune e verrà gestito attraverso il ricorso ad agenzie di lavoro interinali; questo sarà il destino anche dei parcheggi a pagamento anche se con tempistiche diverse. Nel frattempo si pensa a una futura assegnazione di entrambi i servizi a Chieti solidale. I sindacati sono rimasti soddisfatti, ma lo sciopero del 30 è comunque confermato in attesa di atti concreti.
IL SINDACO SI SCUSA
Il giorno dopo la violenta lite in consiglio comunale Ferrara spiega che non avrebbe voluto reagire come si è trovato a fare: «Io avevo preparato alla vigilia della seduta un discorso sinceramente ecumenico da tenere in aula», dice, «pensando che il consiglio comunale potesse avere altri toni. Non è che mi aspettassi che la minoranza, o quanto meno quei consiglieri che per dieci anni avevano fatto parte della precedente amministrazione, ci ringraziassero per non aver dichiarato dissesto subito e per aver cercato di evitarlo, ma mi aspettavo quanto meno che facessero silenzio e insieme con la maggioranza assumessero un atteggiamento di condivisione dell'onere di riportare la città alla normalità. E invece è andata diversamente. Ma ho sbagliato anche io a manifestare veementemente il mio disappunto. Purtroppo la misura era colma».
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