CORONAVIRUS
Teatino di 35 anni resta bloccato in Bolivia
Il racconto di Profenna: «L’ambasciata non organizza voli e non sappiamo cosa fare.Abbiamo paura»
CHIETI. È rimasto bloccato in Bolivia, a oltre 10mila chilometri da casa. Luca Profenna, teatino di 35 anni, non può tornare in Italia: per l’emergenza coronavirus sono stati bloccati tutti i voli. «Sono partito per un lungo viaggio in Sudamerica il 5 dicembre, quando il Covid nemmeno esisteva», racconta il diretto interessato, che da qualche anno vive a Torino. «Ho viaggiato per mesi in Argentina e Cile, documentando con foto e parole ciò che incontravo, con l’obiettivo di arrivare fino in Colombia, passando per Perù ed Ecuador. Sono entrato il 12 febbraio in Bolivia, dove i primi casi di coronavirus – per l’esattezza due – si sono verificati l’11 marzo. Dopo qualche giorno, la presidenza del governo di transizione della Bolivia ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria nazionale, chiudendo tutte le frontiere. Di conseguenza, sono stati bloccati i voli in entrata e in uscita». Ed è stata dichiarata una quarantena obbligatoria con il divieto assoluto di uscire di casa. «Sono stati aboliti treni, bus e taxi. Si può uscire una sola volta a settimana per andare al supermercato. Come me, ad oggi, ci sono altri circa 50 italiani bloccati in Bolivia: studenti, viaggiatori, madri e padri con figli e figlie minori».
Da un mese, Profenna è in contatto con l’ambasciata italiana a La Paz per cercare supporto e capire come tornare in Italia. «Ma non hanno organizzato nemmeno un volo di rientro. Nei Paesi confinanti latinoamericani, invece, questo è avvenuto. Ci hanno solo mandato alcune mail. Le prime erano informazioni di un volo organizzato da Francia e Germania con arrivo a Parigi e Francoforte; con le altre, invece, ci hanno parlato di un volo organizzato dall’ambasciata di Malesia in Perù in arrivo in Brasile. Entrambi in maniera completamente disorganizzata, senza orari precisi, facendo numerosi scali e, soprattutto, a prezzi assurdi».
La situazione in Bolivia è molto complessa. «Non ci sono strutture con terapie intensive. Ad oggi, la percentuale di mortalità per Covid è molto alta: con 398 casi ci sono 28 decessi. Cosa intende fare il ministero degli Esteri italiano? Farci rimanere qui per mesi? Perché non organizzano dei voli? Quello che vogliamo è solo tornare nelle nostre case, dai nostri affetti. L’Italia deve organizzare un volo di rimpatrio sicuro e a prezzi accessibili: non tutti possiamo permetterci di spendere 3mila euro o vogliamo rischiare di infettarci facendo scalo in quattro o cinque aeroporti».
Profenna sta vivendo in un appartamento in affitto. «Passare la quarantena è già di per sé complesso. Farlo in un Paese straniero, con una lingua e leggi diverse, senza conoscere la città in cui ci si trova e con gli affetti lontani, diventa ancora più complicato. Il senso di sconforto, rabbia e solitudine è giorno dopo giorno sempre più forte. Perché abbiamo paura, e non mi vergogno affatto a dirlo».
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