Trovata cocaina nell’auto di Filippone
Partono le analisi su un bicchiere di plastica con dentro un mix di droga e altre sostanze, sotto esame anche una siringa usata
CHIETI. Tracce di cocaina nell’auto di Fausto Filippone. A scoprirla in un bicchiere di plastica lasciato nella tasca di una portiera sono stati gli agenti della squadra mobile di Chieti che indagano sul duplice omicidio-suicidio del 20 maggio scorso.
Nel bicchiere sono stati trovati circa 50 grammi di una polvere biancastra: a una prima analisi, quella polvere sarebbe un mix di cocaina e di un’altra sostanza. Un test che, però, non è affidabile al 100%. Ecco perché a dire se si tratta davvero di droga sarà un perito nominato sabato scorso dalla pm Lucia Campo: ieri, il tossicologo Mauro Iacopini ha avviato gli esami in un laboratorio di Roma e, già, oggi potrebbero arrivare i risultati ufficiali. Sempre oggi potrebbero essere pronti anche gli esiti degli esami tossicologici eseguiti durante le autopsie effettuate dal medico legale Cristian D’Ovidio.
Il bicchiere di plastica è stato recuperato nella Bmw X1 che Filippone, intorno alle 13, ha accostato all’imbocco del viadotto Alento dell’A14, nel territorio di Francavilla, prima di prendere la sua bambina mano nella mano e accompagnarla verso quel salto mortale: accanto al bicchiere i poliziotti hanno trovato anche una siringa usata, con all’interno gocce di una sostanza ancora sconosciuta.
Sarà sempre Iacopini a dire se con quella siringa Filippone, dirigente della Brioni di 49 anni, si è iniettato droga alla ricerca di una scarica per aiutarlo a compiere i delitti della moglie Marina Angrilli, 51 anni, insegnante di Pescara, spinta giù da un balcone al secondo piano di un palazzo in piazza Roccaraso a Chieti Scalo verso mezzogiorno, e della figlia Ludovica, 10 anni, gettata nel vuoto intorno alle 13. Ma c’è anche un’altra ipotesi che non è stata ancora scartata: con quella siringa, Filippone avrebbe potuto sedare la figlia per condurla indisturbato sul viadotto Alento e buttarla giù con un volo di 40 metri senza speranza.
I prossimi passi dell’indagine dipendono dagli esiti scientifici che potrebbero spiegare il retroscena in cui è avvenuto il doppio delitto.
A distanza di 9 giorni, la ricostruzione di quella domenica non è ancora chiara: intorno alle 9,30, Filippone avrebbe dovuto sostenere, di nascosto dalla famiglia, una prova pratica per imparare a sparare con una pistola al poligono di Pescara, in via Maestri del Lavoro, e conseguire il porto d’armi a uso sportivo. Ma pochi minuti prima della seduta, il manager ha chiamato l’impianto sportivo e ha disdetto la prova. Intorno alle 11, quindi, Filippone e la moglie sono usciti insieme per andare a comprare una lavatrice in un centro commerciale. Ma i due sono finiti nella seconda casa di Chieti Scalo, solitamente affittata agli studenti universitari. La figlia, invece, è rimasta nella casa di via Punta Penna, a Pescara, in compagnia degli zii materni. Dopo aver scaraventato la moglie giù da una scaletta sul balcone, Filippone è rimasto qualche minuto nel cortile, poi, si è dileguato: con la scusa di una sorpresa si è portato via la figlia per completare il suo piano di morte.