ORTONA
Vino, è cominciato il dopo-Montepulciano. È l'Abruzzo c'è
Nel convegno di Vinco le prospettive e il cambiamento del mercato con i vitigni autoctoni protagonisti
ORTONA. – Si è svolto ieri il primo appuntamento di «VINCONTRI» - Dibattiti e Confronti in Cantina - una serie di iniziative per riflettere sul futuro vitivinicolo regionale, promosse da VINCO, la prima cantina di spumanti da uve autoctone in Abruzzo. Al centro dell’incontro, moderato da Fabio Piccoli, direttore responsabile del magazine online Wine Meridian, si è discusso del futuro del Montepulciano, del vino abruzzese e il ruolo delle bollicine autoctone. I vari relatori hanno posto l’attenzione su quanto sia importante valorizzare le uve autoctone attraverso gli spumanti abruzzesi e il marchio collettivo Trabocco, per integrare l’offerta vitivinicola dell’Abruzzo che rappresenta un vero e proprio continente enologico. In esame le trasformazioni in atto nel settore del vino nazionale e internazionale: quali i cambiamenti climatici, le nuove abitudini di consumi dei consumatori, la sostenibilità, e la loro relazione con lo sviluppo futuro del vino abruzzese. “Il titolo di quest’incontro è volutamente provocatorio:
«C’ERA UNA VOLTA IL MONTEPULCIANO D’ABRUZZO». – dichiara Luciano Di Labio, presidente VINCO – Non vogliamo assolutamente mettere in discussione il glorioso Montepulciano d’Abruzzo che sarà sempre importante per la nostra Regione; ma è fondamentale riflettere con tutti gli attori del mondo vitivinicolo d’Abruzzo per tracciare insieme nuovi percorsi e strategie che guardino al futuro del vino abruzzese. Molti sono i cambiamenti in atto che spingono a rivedere le nostre produzioni ponendo al centro il territorio e la biodiversità attraverso i vitigni autoctoni. Sicuramente le bollicine e il marchio Trabocco giocheranno un ruolo centrale perché insieme promuovono la nostra identità.” “I dati esaminati mostrano come il consumo dei vini rossi ad alta gradazione sia notevolmente diminuito nei mercati esteri e in quello nazionale. Inoltre, i consumatori di questa tipologia sono soprattutto persone di età adulta con un consumo abituale.” - afferma Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma S.p.A. – “C’è molta più attenzione alla sostenibilità e all’aspetto salutistico, vedi l’estremizzazione con i vini no alcol. Contestualmente assistiamo ad un incremento del consumo di vini bianchi e delle bollicine. In questo caso i giovani risultano i consumatori più frequenti e numerosi, soprattutto nel vino “mixato”.
Cambiano anche i consumi: calano quelli quotidiani e aumentano quelli occasionali. Il vino rosso è penalizzato dal calo del consumo abituale, mentre le bollicine sono favorite nei momenti occasionali e di consumo collettivo. In definitiva, i cambiamenti climatici, sociali, economici e demografici si riflettono nei consumi di vino, portando ad una crescita degli spumanti a discapito dei rossi fermi, privilegiando vini più leggeri, da vitigni autoctoni, di bassa gradazione e sostenibili. Rispetto a questi nuovi trend l’Abruzzo del vino ha tutte le carte in regola per giocare una buona partita nello scenario di mercato nazionale e internazionale, diversificando la propria offerta vinicola attraverso una valorizzazione dei vitigni autoctoni e lo sviluppo di vini spumanti.” “Credo che si possa parlare - racconta Alessandro Regoli, direttore WineNews - di «sociologia della bollicina».
Le bollicine appassionano i giovani, sono un vino “orizzontale”, destagionalizzato e sdoganato nel consumo, un vino a tutto pasto. Le bollicine rappresentano la festa, la convivialità, un modo di vivere all’italiana, che tutto il mondo ci invidia. Se interrogassimo degli antropologi autorevoli penso che definirebbero le bollicine come dei vini “contemporanei”: in mezzo a mille difficoltà tutti cercano momenti di convivialità e festa che puntualmente vedono protagoniste le bollicine che ben si abbinano a piatti della tradizione ma anche alla cucina contemporanea, per incontri a due o in compagnia, occasioni importanti o serate tranquille. Sono contemporanei per la freschezza, per la gradazione e la loro versatilità, o forse per essere quasi un vino-non vino, tanto da arrivare a sostituirlo in tante occasioni di consumo, che sono ormai appannaggio esclusivo delle sole bollicine.
I giovani della Generazione Z sono meno legati al vino e se lo consumano lo fanno con un’attenzione alla salute e al grado alcolico. Per l’Abruzzo del Montepulciano, Pecorino, Trebbiano, Cerasuolo (che nella flessione dei mercati e dei consumi mondiali dovuti alla difficile congiuntura internazionale, crescono in controtendenza sia in Italia che all’estero), la scelta di puntare anche sulle bollicine da uve autoctone, con il marchio “Trabocco” è, sicuramente, una buona idea. Ma “Trabocco” non è e non deve essere solo un’operazione commerciale bensì anche culturale. La stessa parola Trabocco è un pezzo dell’identità regionale dell’Abruzzo, come le antiche macchine da pesca, che vantano un testimonial d’eccezione come il poeta ed intellettuale Gabriele d’Annunzio che le paragonava a dei “ragni colossali”. Uno strumento utilizzato dagli agricoltori per pescare senza allontanarsi dalla costa e stare sul mare: si tratta di continuare su questa strada, di fare un vino “pop” (ma stando attenti alla giusta remunerazione di chi produce le uve da cui hanno origine queste bollicine) e costruire contenuti semplici, ma non banali, che valorizzino il Trabocco, legandolo comunque fortemente al territorio, in maniera moderna, contemporanea, leggera, spensierata, e rimanendo anche aperti alla mixology”.
“Questo titolo “C’era una volta il Montepulciano d’Abruzzo” pone al centro una riflessione. Chiaramente con il Montepulciano sappiamo da dove siamo partiti. Il rinascimento del vino abruzzese, avviene a fine anni ‘90 con l’affermazione dei vini rossi. - afferma Giovanni Pasquale, Presidente Assoenologi Abruzzo Molise - E noi abruzzesi siamo stati pronti ad intercettare questo nuovo stile di consumo che si affacciava in maniera globale con i nostri vini che ben si prestavano ad assecondare questi gusti: opulenti, corposi e concentrati. Il Montepulciano è un grande vitigno. Negli anni 2000 ci ha fatto diventare attori in una fase molto positiva del vino italiano. Oggi assistiamo ad un calo dei consumi dei vini rossi, che per una Regione come la nostra offre delle preoccupazioni. Ma è pur vero che abbiamo delle soluzioni messe in campo da qualche decennio. È chiaro che il Montepulciano la parte sua l’ha fatta e probabilmente ha trainato tutta la Regione, ma è necessario che ci sia qualcuno che gli dia il cambio. In questi ultimi anni, il Montepulciano ha trovato degli ottimi compagni di viaggio nei vitigni autoctoni, che hanno alleggerito la sua responsabilità, e si sono fatti conoscere ed apprezzare.
Sicuramente la svolta delle bollicine è la conferma della grandissima potenzialità che abbiamo in Regione; penso a vitigni come Cococciola, Montonico, Passerina, Pecorino che ben si adattano a questo tipo di lavorazione. Ma è chiaro che il Trabocco non può essere una mera operazione commerciale. L’Abruzzo ha bisogno di qualcosa in più per alzare il tiro. Il vino finora ha dovuto trainare una Regione. Il Montepulciano è stato il primo ambasciatore dell’Abruzzo nel mondo: ha avuto una funzione, anche sociale, di far crescere e dare visibilità alla Regione. È stato un compito molto importante che ha avuto il Montepulciano, ma forse è stato anche un limite perché l’Abruzzo ha puntato sempre su questo grandissimo vitigno e forse incerte fasi doveva osare e non ha osato. L’idea che si passi da un concetto di vitigno ad un concetto di denominazione territoriale è, sicuramente, la svolta più importate che si potesse fare negli ultimi anni. L’idea di rimanere attaccati al Montepulciano e di difenderlo a tutti i costi, è un qualcosa che bisogna fare, ci batteremo fino all’ultimo per questo, ma dobbiamo trovare una strada di uscita, che è stata individuata nelle nuove denominazioni e nuove sottozone. Queste mettono in rilievo al primo posto la denominazione territoriale, quindi è importante la centralità della denominazione della zona.
Ancora più centrale in questo caso è il marchio Trabocco, che qualcuno oggi ha ricordato come il luogo più iconico della nostra Regione, ed è stato fatto diventare il testimonial di un progetto ambizioso e di una delle tendenze più attuali e importanti di mercato, quella delle bollicine. Per la prima volta abbiamo messo al centro il territorio e un simbolo fortemente identificativo della Regione. Su questo dobbiamo fare tutti uno sforzo perché il mondo del vino abruzzese “da solo” non va da nessuna parte. Le sfide si vincono insieme se si fa sinergia con tutto ciò che circuita intorno: turismo, ristorazione, giornalismo, Enti e Regione. Noi possiamo anche fare le bollicine Trabocco ma se poi non c’è una crescita culturale, un elevarsi generale, se non si trasmette tutto ciò che rappresenta il Trabocco quando si viene in vacanza in Abruzzo si rischia che il progetto diventi un’operazione commerciale fine a sé stessa. Per questo motivo è fondamentale l’esperienza che il consumatore riporta dalla sua visita in Abruzzo: quello che si associa a tutto ciò che si riporta da una Regione. È importante che tutti facciano squadra e si faccia sistema per affrontare le sfide che il futuro riserva, soprattutto qui in Abruzzo dove gran parte della produzione è affidata alla Cooperazione. Per valorizzare il nostro territorio e il nostro vino dobbiamo continuare a lavorare con i nuovi disciplinari e il marchio Trabocco per fare in modo che chi venga in Abruzzo, conservi il sapore della nostra Terra: il suo ricordo sarà il miglior ambasciatore dei nostri prodotti.”