“Megalopolis” debutta a Pescara con la versione in lingua originale
PESCARA. Ottantacinque anni, sei premi Oscar, due Palme d’oro e ancora tanta voglia di fare cinema. Francis Ford Coppola ieri a Cinecittà ha presentato “Megalopolis”, pre apertura della Festa del...
PESCARA. Ottantacinque anni, sei premi Oscar, due Palme d’oro e ancora tanta voglia di fare cinema. Francis Ford Coppola ieri a Cinecittà ha presentato “Megalopolis”, pre apertura della Festa del Cinema di Roma e della sua sezione Alice nella città, in sala da domani con Eagle Pictures. E il Multiplex cinema Arca di Spoltore, alle porte di Pescara, per questa attesa uscita cinematografica darà la possibilità di vedere la versione in lingua originale del film, con sottotitoli in italiano, domani stesso, in due spettacoli, alle 17,30 e alle 20,30. Intanto il regista de “Il Padrino” e di “Apocalipse Now” ha dunque incontrato il pubblico romano per parlare di politica, cinema, apprendistato, giovani, arte, business e molto altro. Intanto arte e business. «Il primo sbaglio è non considerare che il cinema è fatto di arte ma anche di business», esordisce. «Ora per quanto riguarda quest’ultimo c'è una formula predefinita, come quella della Coca Cola, una formula che crea dipendenza, amata da chi finanzia i film e non vuole mai rischiare. Il mio “Megalopolis” volevo fosse diverso, lo volevo con un finale ricco di speranza. Anche “Apocalypse Now” quando uscì fu amato e odiato, ma nonostante questo dopo tanti anni c’è ancora chi va a vederlo», dice il regista di origini italiane facendo forse riferimento alla fredda accoglienza del film in Usa. «La democrazia oggi in Usa è a grandissimo rischio. Ci vorrebbe un genio come Pico Della Mirandola per risolvere tutto. Non capisco però perché in Italia si sa fare tutto bene, auto, barche ed elicotteri tranne che realizzare un governo che funzioni». Poi parla a lungo invece dell'importanza dell'apprendistato: «Quando ho girato Megalopolis ho utilizzato trenta giovani registi, italiani, svedesi, cinesi, trenta apprendisti fantastici. Come capita nelle grandi cucine lavoravano tutti sodo, io ascoltavo le loro idee e allo stesso tempo gli davo le mie conoscenze».