Songs of a lost world il viaggio nel buio dei nuovi The Cure
Nell’album in uscita della band di Robert Smith implacabile sguardo sulla realtà, tra lutti e futuro
È un viaggio di ricerca che attraversa l’oscurità più profonda, quella dell’attualità e del tempo, inesorabile, il nuovo album firmato The Cure che uscirà il prossimo 1° novembre in tutto il mondo con il titolo di Songs of a lost world. Un mondo perduto nelle cui storie scava Robert Smith, tra un implacabile sguardo sulla realtà, lutti da metabolizzare e un futuro con il quale dover fare i conti.
Il 14° album della band inglese è un compendio del come fare musica, quando realmente deve essere fatta. Quando necessario perché parole e note lo chiedono con prepotenza. Il viaggio di solitudini e suoni crepuscolari nel mondo perduto di Smith & soci comincia da Alone, il primo singolo che già ha fornito in anticipo, a scanso di dubbi, un buon prologo sul senso e sulla direzione di tutto l’album a venire. La poesia di Ernest Dowson unita alle atmosfere notturne, quelle del buio vero e delle solitudini tangibili. Un viaggio in note fatto anche di perdite, è quello che Smith ha riassunto invece nelle parole e nella musica di And nothing is forever, secondo brando in scaletta nell’album, dedicata alla scomparsa di persone care, comprese quelle recenti dei genitori e ispirata alla promessa fatta di stare vicino a chi partiva per il suo ultimo viaggio, tra accettazione della mortalità e paura del distacco. A Fragile Thing è invece il secondo singolo estratto dall’album e pubblicato nelle scorse ore. «Non avrei mai pensato di portarti a rimpiangere quel che sono stato, ma tutto questo tempo da solo mi ha lasciato freddo e perduto», canta Smith, rincorrendo problemi che insorgono quando si è chiamati a scegliere tra esigenze che si escludono a vicenda e di come affrontiamo l’inutile rimpianto che si portano dietro queste scelte. E poi c’è l'attualità, forse ancora più oscura dei pensieri cupi, di Warsong, scritta in origine pensando a vicende personali e vicine, poi adattata a vicende ben più grandi, quelle delle guerre che aprono nuovi fronti in continuazione, a volte lontano e a volte tanto vicino da poterli quasi toccare. Stessa attualità e altrettanto cupa quella narrata tra le righe di Drone:Nodrone, canto denuncia di quanto il “mondo moderno” possa insinuarsi nella vita privata di ciascuno e ancora di più in quella di un personaggio pubblico, magari di un cantautore britannico famoso che sta passeggiando dietro casa sua. Il dolore e l’incoscienza del distacco definitivo tornano a essere i temi protagonisti di I Can Never Day Goodbye. È il personale e struggente messaggio di Robert Smith al fratello maggiore Richard, morto inaspettatamente e per il quale Smith ha scritto il testo subito, il giorno dopo il decesso, alla ricerca delle parole giuste. Una sorta di rito catartico, da amplificare nel momento del live. L'età e il tempo sono poi il filo conduttore degli ultimi due brani di Songs of a Lost World. Con All i ever am Smith cerca di fare i conti con le tante versioni di Robert che si sente di incarnare, nonostante il passare degli anni costringa ad adattarsi a ritmi e idee differenti, mentre Endsong chiude il discorso cominciato con il primo singolo, e prima canzone dell’album, Alone, in una sorta di reciproco eco. Formatasi come band nel 1978, i The Cure hanno venduto oltre 30 milioni di dischi nel mondo, sono stati headliner del Glastonbury Festival per 4 volte e inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2019 come una delle band inglesi più influenti di sempre.