Young band di Celano, la somma di tutti i talenti per un lavoro di squadra
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La nostra intervista al maestro Mariano Filippetti: “La musica è un’eccellente strumento di restanza”
CELANO. Fellini diceva che assistere a un’orchestra che prova produce un senso di turbamento anche commovente, tant’è che a questa ingenua suggestione, nel 1979, decise di dedicare addirittura un film, Prova d’orchestra, che prima di ogni spericolata interpretazione è un film che parla di ciò che dichiara già nel titolo. Proviamo quindi a definire cos’è un’orchestra guardando quello che succede quando dalla platea scende il silenzio che precede l’attacco del direttore: dal caos delle singolarità, alla voce unica di un corpo che può comunicare solo attraverso le sezioni dei legni, degli ottoni, delle percussioni.
Provando a dirla in altre parole, quelle del direttore Luca Telese, un’orchestra deve saper «produrre la somma di tutti i talenti», così che il risultato sia «molto più di valore della materia originaria». L’analogia con la redazione di un giornale viene da sé, e allora la Young Band, l’orchestra di giovanissimi talenti locali guidati dal maestro Mariano Filippetti, diventa nell’occasione della celebrazione del Centro un altro modo per raccontare l’idea vincente del lavoro di squadra. Ecco la nostra intervista.
Maestro Filippetti, come racconterebbe la Young Band?
«Il nostro è un progetto nato nel 2018, con l’idea di consentire ai ragazzi della nostra scuola di musica di frequentare dei corsi d’insieme, quando molti di loro erano ragazzi delle scuole elementari e alcuni frequentavano le scuole medie. Abbiamo iniziato così, ma da subito si è potuto notare il loro talento che ci ha permesso, già dal 2019, di partecipare a vari concorsi: a Pesaro, poi ancora a Ortona e a Verona, dove abbiamo vinto il primo premio. Sono ragazzi davvero talentuosi».
Celano, una terra di musicisti. Da dove nasce questa tradizione?
«Forse è proprio merito della banda, che a Celano è sempre stata presente. Noi come associazione proseguiamo l’itinerario di un vecchio maestro che riunì, tanti anni fa, alcuni ragazzi, tra cui il sottoscritto, per rifondare la banda cittadina, cominciando un nuovo percorso musicale».
Nell’evento di venerdì, a suonare nell’auditorium c’erano anche bambini piccolissimi…
«E non erano lì semplicemente per fare scena, ma perché sono davvero talentuosi e per noi grande motivo di orgoglio».
Come reagiscono i ragazzi di fronte alle prove spesso molto stancanti a cui è sottoposta normalmente una orchestra?
«Il papà di uno di questi bambini, Marco, che suona la tromba, mi ha raccontato che il figlio alle 23 si è messo a suonare, dicendo che doveva imparare bene il brano per fare bella figura alle prove del giorno dopo. Le prove sono davvero sempre frequentatissime, perché i ragazzi fanno gruppo e questa scuola diventa motivo di aggregazione. Domani sera, per esempio, andremo a mangeremo la pizza tutti insieme».
Se la musica ha permesso a questi ragazzi di ri-creare una comunità anche al di fuori della sala prove, non è forse questa una forma straordinaria di restanza?
«Assolutamente sì, la nostra è una comunità inclusiva e aggregante. La musica unisce, è uno strumento fortissimo di coesione e può anche salvare la vita, di questo sono convinto. E poi suonando i brani di Morricone, degli Abba, ma anche la musica originale per l’orchestra di fiati, si aprono a una cultura più vasta, che non si ferma soltanto alla musica in sé».
Qual è la ricetta per trasformare tanti singoli elementi in una sola grande orchestra?
«Credo che sia l’empatia: da parte mia, che come insegnante ho a che fare da tanti anni con gli adolescenti e cerco di capirli e di instaurare un legame profondo, ma anche tra di loro, perché alla base di tutto c’è una sana amicizia. I ragazzi suonano insieme, ma si frequentano anche al di fuori della nostra scuola, hanno saputo fare gruppo e questa è stata la carta vincente».
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