Appalti chiese, il giudice scarcera Vinci

29 Giugno 2014

All’imprenditore è stato concesso l’obbligo di dimora dopo un interrogatorio durato tre ore

L’AQUILA. Non è stato inutile l’interrogatorio-fiume di Nunzio Massimo Vinci, l’imprenditore arrestato dalla squadra Mobile, insieme ad altre quattro persone, nell’ambito dell’inchiesta su presunte tangenti nella ricostruzione dei beni culturali.

Infatti il giudice per le indagini preliminari del tribunale gli ha concesso l’obbligo di dimora. Vinci ha scelto di recarsi a Carlentini in Sicilia.

«Il mio assistito si è mosso con chiarezza in una questione di enorme complessità», ha detto l’avvocato Stefano Rossi. «L’interrogatorio più che altro si è basato sulla copiosa massa di intercettazioni, quindi su fatti documentati». Lunedì scorso Vinci si era avvalso della facoltà di non rispondere, nell’impossibilità di leggere e riflettere sulle carte processuali, rimandando a giovedì scorso il colloquio, questa volta con il pm. L’impressione è che Vinci, pur senza vuotare il sacco, abbia chiarito alcune cose che il pm voleva conoscere ai fini della prosecuzione dell’inchiesta. Di lì il rapido passaggio dal carcere all’assai più tenue misura dell’obbligo di dimora.

Nei giorni scorsi sono stati effettuati gli interrogatori di tutti coloro che erano stati oggetto di misure cautelari da parte della magistratura. Si tratta di Alessandra Mancinelli, funzionaria Mibac, che è in carcere, Patrizio Cricchi, imprenditore agli arresti domiciliari e Luciano Marchetti, ex vicecommissario per i beni culturali, che sono ai domiciliari. Ai domiciliari si trova anche il 50enne imprenditore aquilano Graziano Rosone, accusato di millantato credito.

Il suo avvocato, Lanfranco Massimi, sostiene che gli sia stato contestato il reato sbagliato e che, semmai, il suo assistito deve rispondere di traffico di influenze illecite.

Ma la partita su questa inchiesta si giocherà davanti al tribunale del Riesame che si terrà il 3 luglio, collegio al quale quasi tutti gli indagati hanno fatto ricorso contestando in radice le misure cautelari.

Finora la maggior parte delle persone ascoltate dai magistrati hanno sostanzialmente respinto le accuse. E i loro avvocati ritengono che le intercettazioni siano «suggestive» e che finora siano state sempre interpretate nella direzione voluta dalla Procura.

©RIPRODUZIONE RISERVATA