Avezzano, Guanciale: io fantasma un’esperienza unica

4 Marzo 2017

L’attore marsicano si racconta agli studenti del corso di giornalismo del Centro: volevo fare il medico come mio padre ma il palco mi ha conquistato. Presto sarò di nuovo protagonista al cinema

AVEZZANO. Emozionante e coinvolgente lo spettacolo “Cadrà dolce la pioggia” presentato dal Teatro dei Colori e interpretato da Lino Guanciale al Teatro dei Marsi. Un testo difficile da interpretare e rischioso da proporre ai ragazzi delle scuole superiori.

Una sfida che si è però conclusa con un grande successo. Nonostante il discorso per frammenti, le immagini spezzate, i diversi temi tratti anche dai famosi libri di fantascienza di Ray Bradbury, i ragazzi hanno seguito con un’attenzione e un interesse inframezzati solo dai tanti applausi, testimonianza del grande affetto del pubblico avezzanese e della riconoscenza per una performance impegnativa in cui l’attore si è speso senza risparmiarsi. Insomma, quanto mai fuori luogo sarebbe in questo caso il detto latino nemo propheta in patria.

Lino Guanciale, i suoi studi teatrali sono iniziati nella città di Avezzano con la compagnia Teatro dei colori, com’è tornare a lavorare con loro dopo questi anni di successo?

«È bello, perché è come tornare periodicamente a casa. Io amo fare per il teatro cose diverse. Chi conosce la mia compagnia modenese e bolognese sa bene che facciamo cose diverse da questo tipo di ricerca teatrale. Quindi lavorare con Valentina e Gabriele è sicuramente per me stimolante per il tipo di lavoro che possiamo fare insieme».

Lei ha debuttato nel mondo dello spettacolo con Gigi Proietti. Come è stato lavorare con lui? Che effetto le fa sapere di aver iniziato la sua carriera con un personaggio così noto?

«È stato l’inizio ideale, perché Gigi è una persona molto simpatica e molto attenta ai ragazzi. È stato un contesto molto protettivo entro il quale cominciare l’attività professionale. Poi ho incontrato anche tanti altri maestri, perciò, per fortuna mia, ho dovuto fare l’abitudine a lavorare con personaggi molto importanti».

In questi giorni la vediamo protagonista della fiction di Rai due “La porta rossa”. Com’è interpretare un fantasma intrappolato tra due mondi?

«È stato bello. E poi sono molto contento di essere qui oggi, perché è un modo per festeggiare il fatto che sta andando tutto bene. Ho avuto l’occasione di competere con altri attori per quel ruolo. È una produzione che può concorrere anche al di fuori dell’Italia. È stato difficile, ma talmente stimolante che la fatica non si sente».

“La porta rossa” è la storia di una relazione molto strana, soprannaturale. Lei crede nel soprannaturale?

«No, però io ho una forma mentale decisamente scientifica. Non posso escludere però che sia vero ciò. Non posso, quindi, dire né sì, né no, fino a prova contraria. D’altra parte credo che ci sia un modo molto serio per studiare il soprannaturale. Il mio autore preferito Thomas Mann inserisce sempre, nei suoi romanzi, una parte di parapsicologia. Questa esperienza è stata per me, che non ci credo, l’occasione per affrontare l’argomento con uno spirito laico».

Ha in progetto per il futuro collaborazioni in pellicole cinematografiche?

«Sì, ma non ve lo posso dire. Sta succedendo che il cinema torna spesso a cercarmi. Adesso sarà un disastro fare i calendari», scherza l’attore.

Suo padre è un noto medico avezzanese; ha mai pensato di seguire le sue orme?

«Sì, ci ho pensato, anche lungamente, ma poi ho desistito. Mi sarebbe piaciuto fare il medico, però mi sarebbe mancato troppo questo (indica il palco, ndr). La mia scelta allora è stata quella di studiare recitazione in una scuola d’eccellenza, scelta che ha legittimato la strada che volevo prendere agli occhi dei miei genitori (e indica il padre e la madre seduti in prima fila). Comunque i miei genitori sono stati un sostegno sin dall’inizio, sono stati bravi».

A che cosa attribuisce il suo indiscutibile fascino?

«Indubbiamente alla perfezione del mio naso, alla perfezione dei miei denti (scherza ridendo); penso che dipenda molto anche dal fatto che, negli anni, ho sviluppato una certa attitudine all’ironia, al non prendersi troppo sul serio. Cerco di mettere sempre un po’ di straniante canzonatura e di originalità nei personaggi che interpreto».

Preferisce interpretare la parte del buono o del cattivo?

«In generale, sono belli i ruoli scritti bene. Che sia il buono o il cattivo è poco importante. Quello che mi piacerebbe sarebbe interpretare, per una volta, il ruolo di antagonista».

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