Capannoni per i cantieri, sì alla demolizione
Il Consiglio di Stato definisce la questione delle strutture operative provvisorie: vanno rimosse
L’AQUILA. Il Consiglio di Stato, con sentenza, ha confermato la legittimità di una delibera della giunta comunale del 2015 con la quale si ordinava alle ditte della ricostruzione la rimozione di strutture operative di cantiere provvisorie, autorizzate nel periodo dell’emergenza post-sisma 2009. A quella delibera, dopo un congruo periodo di tempo concesso alle imprese per ottemperare, seguirono ordinanze di demolizione tra cui una, oggetto del contenzioso, che il Consiglio di Stato ha confermato.
Tutto è partito dal ricorso di un privato che si è sentito pesantemente danneggiato dalla vicinanza alla sua abitazione di una “struttura operativa provvisoria” di un’impresa impegnata nei lavori post-sisma. Il Consiglio di Stato, nel decidere, non ha tenuto conto di una recente “circolare del Comune depositata all’udienza di discussione” la quale “non può influire sull’esito del giudizio, dato che non incide sull’ordinanza di demolizione emessa nei confronti dell’impresa appellante”. Nella circolare emessa a maggio si leggeva che “è interesse pubblico a che le attività di ricostruzione si svolgano con speditezza, anche considerando l’estrema angustia degli spazi, soprattutto all’interno delle frazioni dove risulta a volte impossibile allestire le indispensabili aree di deposito per attrezzature e materiali. Per cui tale precaria condizione di mantenimento delle strutture di cantiere può essere consentita nel rigoroso rispetto della cronologia, stabilita dall’autorità comunale, per la conclusione degli interventi di ricostruzione. Risulta pacifico che le strutture di cantiere intorno alle quali si dibatte non hanno il carattere di manufatti alloggiativi destinati alle maestranze o ad altri soggetti impegnati nella ricostruzione, né fungono da mense o uffici; essi assolvono esclusivamente alle funzioni di depositi di materiali e di alcuni mezzi d’opera utilizzati nei cantieri”. Questa circolare, come detto, non ha impedito al Consiglio di Stato di confermare l’ordine di demolizione dei “manufatti provvisori”. I giudici però lasciano una porta “socchiusa”. La demolizione potrebbe essere sospesa se ci sono motivi ben precisi, e quindi non generici, da evidenziare e dettagliare. Si legge infatti nella sentenza: “Il Comune potrà, se lo ritiene opportuno, disporre una nuova sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione dando conto in motivazione delle gravi ragioni che la giustificano e specificando in via esplicita e univoca il termine massimo oltre il quale l’ingiunzione riprenderà efficacia ed esecutività. Inoltre, il Comune rimane titolare della funzione di governo del territorio, esercitando la quale potrebbe disciplinare in via ordinaria e generale situazioni come quella che ha dato origine al contenzioso, e che il sindaco può sempre adottare anche gli strumenti che gli sono attribuiti ove ravvisi, nella situazione venutasi a creare, e a prescindere dalle ragioni della stessa e dalle eventuali responsabilità, una situazione di pericolo non altrimenti fronteggiabile”.(g.p.)