Cialente fa appello all’Europa: "Aquilanti stanchi ed esasperati" 

Riparte la sfida del sindaco per ottenere i fondi per la ricostruzione

L’AQUILA. Le bandiere ammainate, la fascia tricolore prima riconsegnata nelle mani del presidente della Repubblica ed ora riposta in un cassetto del suo ufficio a Villa Gioia, in attesa di tempi migliori che, però, per L’Aquila tardano ad arrivare. E poi, la festa della Repubblica da disertare e il nuovo appello a tutte le istituzioni dello Stato e agli italiani, lanciato ieri attraverso una lettera aperta pubblicata dal Corriere della Sera. E ancora, l’attacco all’Unione europea «che carica sul patto di stabilità anche il peso della ricostruzione di una città – L’Aquila – distrutta dal terremoto».

Una sortita dietro l’altra, con l’obiettivo dichiarato di spingere il governo «a finanziare il futuro dell’Aquila», a garantire, da qui al 2018, lo stanziamento di 11 miliardi (7 per il capoluogo e 4 per gli altri comuni del cratere). Una partita che il sindaco Massimo Cialente sta disputando a tutto campo, «perché» dice «in gioco c’è la sopravvivenza della città che non può e non deve morire. A quattro anni dal terremoto che ha cancellato i luoghi della nostra identità, ci ritroviamo senza risorse per la ricostruzione. Un no, quello finora arrivato da Roma, che per noi equivale a una condanna a morte. Io non me ne starò buono ad aspettare gli eventi. E per favore smettiamola di dire che Cialente è solo contro tutti e che le sue “stravaganti” iniziative hanno finito per mettere in cattiva luce L’Aquila. Non sono un uomo solo. Con me c’è tutta la città, quella che non gioca a rimettere al suo posto il tricolore, ammainato per protesta, e che non solleva sterili polemiche solo per proprio tornaconto politico. Non sono solo. Sto ricevendo messaggi di solidarietà da tutta Italia e gli aquilani mi sostengono. E poi, c’è la splendida iniziativa dei giovani che, scavalcando la vecchia classe dirigente, hanno deciso di lasciare da parte le casacche politiche e di mettersi alla testa di una nuova mobilitazione. So che questo è un Paese che tende ad ignorare i problemi veri. Ma L’Aquila è una grande questione nazionale e siamo stanchi, io per primo, di sentir ripetere che qui sono stati troppi i soldi già spesi. Nulla di tutto ciò è vero: la ricostruzione sta costando meno che altrove e, in quanto all’emergenza, altri hanno deciso per noi. C’è qualcuno che continua a dire che gli aquilani si sono adagiati. Ancora una volta c’è chi dice il falso. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare. Dire che la città non ha reagito è una follia. Io» continua il sindaco «ho messo L’Italia di fronte alle proprie responsabilità. Lo Stato dica se è venuto il momento di ricostruire. Vorrei che il Paese si interrogasse sull’Aquila in modo nuovo. Qui tutti hanno capito che questa è una battaglia per la sopravvivenza. Ed è inaccettabile persino sentir dire, tra l’altro dal presidente della Regione Gianni Chiodi, che dovranno passare vent’anni per poter riavere la nostra città. Io non posso e non voglio dire ai nostri ragazzi che la loro sarà una vita sospesa». Un fiume in piena il sindaco, secondo cui «è necessario ricostruire la storia di questa tragedia. Noi» dice «siamo rimasti schiacciati in uno scontro politico dove in troppi si sono serviti del nostro dolore per costruire le proprie fortune. Ora la gente è esasperata. Al governo, che ci guarda quasi con fastidio, è stato spiegato che la situazione è esplosiva e che i soldi, in un modo o nell’altro, dovranno arrivare. Abbiamo avuto tanta pazienza, ma adesso il tempo è scaduto». Intanto, nei prossimi giorni sarà all’Aquila il segretario del Pd Gugliemo Epifani, mentre il 21 giugno è prevista la visita della presidente della Camera, Laura Boldrini.

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