Gabrielli: emiliani meglio degli aquilani

Il capo della Protezione civile mette a confronto la reazione al sisma e scatena la bufera. Cialente: una sciocchezza

L’AQUILA. Emiliani meglio degli aquilani, quanto a reazione al sisma. E scoppia la polemica. Le frasi del prefetto Gabrielli capo della Protezione civile a Radio Capital riaccendono la rissa sui ritardi nella ricostruzione. «Il problema dell’Aquila, purtroppo», sostiene Gabrielli, «è una serie di concause, nelle quali continuo ad ascrivere anche responsabilità del territorio. Quello emiliano l’ho visto molto molto diverso da quella che è stata la mia esperienza aquilana. È sempre molto facile ascrivere ad altri e a qualcuno che sta al di fuori le responsabilità. C’è un attivismo, una determinazione, una voglia di fare molto spesso insita nelle stesse comunità. La differenza nei vari terremoti non l’ha fatta la quantità di denaro ma la capacità di progettualità di ogni singolo territorio». Quindi la domanda: «Gli emiliani hanno reagito meglio?». E la risposta: «Sicuramente».

CIALENTE. Immediata la reazione del sindaco. «La tragedia dell’Aquila si chiama governance e burocrazia. Altro che volontà. Colpa di un governo e del meccanismo creato per escludere gli enti locali e occupare la città. Siamo passati dal potere assoluto della Protezione civile al commissariamento. Gabrielli ha perso la capacità di avere notizie sulla situazione aquilana. Non abbiamo alcuna colpa. Ha detto una sciocchezza e sta difendendo cause non sue».

PEZZOPANE. L’assessore Stefania Pezzopane si dice «delusa». «Si può essere così superficiali? Ho lavorato a fianco di Gabrielli e sono veramente arrabbiata. Come può aver dimenticato? Come può dire una cosa così assurda? Reazione migliore? Rispetto a cosa? Ai 309 morti che ancora piangiamo? Al nostro centro storico bloccato da vergognose procedure imposte dal governo e dal commissario? La verità è un’altra. Gli emiliani, persone meravigliose, erano con noi già il 6 aprile e loro sono certa non direbbero mai una cosa come quella detta ingiustamente. Hanno un vero presidente della Regione, Errani, che non si è fatto certo togliere con soggiacenza i poteri come ha fatto Chiodi, dalla cinica cricca Berlusconi&Co, che scorrazzava con ampio codazzo tra tendopoli e case distrutte. Molti hanno costruito carriere sul sisma, noi siamo ancora qui col nostro dolore con mille problemi ereditati da un cinismo che per fortuna gli emiliani non stanno conoscendo».

CONTROREPLICA. A sera Gabrielli aggiunge: «Le reazioni di alcuni appaiono sproporzionate oltre che offensive. Evocare i morti e le distruzioni non serve a nascondere le responsabilità che sono molteplici ma che non possono non riguardare anche il territorio e le sue Istituzioni. Dette affermazioni non sono per me nuove e non ho mancato di pronunciarle in più circostanze anche in Abruzzo. Non pretendo di dare pagelle, non è mia intenzione offendere la memoria delle 309 vittime o dimenticare i dolori patiti».

I POLITICI. Se per l’Udc Mantini «Gabrielli un po’ ha ragione», per De Matteis «le parole vanno interpretate. Non credo si riferisse alla popolazione ma alla conflittualità politica alimentata da Cialente». Giustino Masciocco (Sel): «Mi dispiace, è stato qui con noi e sa che non era tutto nelle nostre mani. Una parte di responsabilità è nostra ma non si danno i voti sul terremoto». Per Enrico Perilli (Prc) « Gabrielli dovrebbe fare mea culpa e ricordare che ha fatto carriera anche grazie all’esperienza aquilana». Per Ettore Di Cesare (Appello per L’Aquila) «prima dei soldi è importante la volontà di una comunità. L’errore più grande è stato di disperdere gli aquilani come è stato fatto per dare il via libera alle speculazioni. Se non c’è stata la reazione immediata della comunità è per questo. E anche perché l’amministrazione che oggi s’indigna ieri ha avallato quegli errori premiando chi li commise». Il presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti: «Imbarazzante che il capo della Protezione civile non sappia distinguere. Il suo è un ruolo non politico ma di servizio. Pontificare di meno, lavorare di più».

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