Lavori al Rettorato, polizia sequestra 900mila euro
Nel mirino il pagamento fatto dal Comune a una ditta veneta in fallimento La capofila ha operato insieme a un’azienda aquilana che reclama quella somma
L’AQUILA. Si apre un nuovo versante giudiziario collegato con l’inchiesta “Do ut des”, una vicenda su presunte tangenti per lavori di puntellamento nel post-sisma, per la quale sono sotto processo sette persone.
La squadra Mobile ha sequestrato 900mila euro dal conto della curatela fallimentare dell’impresa edile vicentina Steda spa, già impegnata in lavori di ricostruzione post-terremoto 2009 e al centro dell’inchiesta “Do ut des”.
A eseguire le misure della Mobile aquilana, diretta da Tommaso Niglio, è stata la sezione Reati contro il patrimonio. Il sequestro, considerato rilevante nel settore ed eseguito in una banca veneta, nasce su mandato del sostituto procuratore David Mancini che indaga per appropriazione indebita, al momento contro ignoti.
L’indagine è partita da un esposto dell’azienda edile aquilana di Cesare Silva, che accusa la curatela di Steda di appropriazione indebita per aver incassato il quarto e quinto stato di avanzamento dei lavori (Sal) della commessa per l’intervento di ristrutturazione di Palazzo Carli, sede dell’Università, per oltre un milione di euro. Steda e Silva erano associate su questo lavoro post-terremoto.
L’indagine dovrà dimostrare anche i motivi per i quali il Comune ha pagato il Sal alla Steda nonostante, come scrivono i legali della Silva nella denuncia, la ditta del capoluogo avesse comunicato ai funzionari dell’ente che c’erano decreti ingiuntivi per spettanze non pagate da Steda alla ditta Silva. Un comportamento inspiegabile al quale qualcuno dell’ente dovrà fornire una spiegazione nell’ambito di un procedimento penale, che sia pur parallelo a quello principale, è in corso da anni con alcuni blitz della polizia nell’istituto di credito veneto interessato.
Com’è noto, secondo il castello accusatorio di “Do ut des”, la Steda sarebbe stata imposta come partner dagli ex amministratori, finiti ai domiciliari, alla ditta Silva, che aveva avuto alcuni incarichi, tanto che si procedette a creare un’Associazione temporanea d'impresa (Ati).
E proprio su questa circostanza punta, secondo quanto appreso da fonti giudiziarie, la tesi difensiva dell’amministrazione comunale, chiamata in causa in questo nuovo filone: Steda di quell’Ati era capogruppo, perciò è a quell’impresa che sono stati indirizzati i pagamenti. Resta comunque il fatto che i legali della ditta Silva da diversi anni avevano presentato delle diffide per ottenere almeno una parte di quella somma senza ottenere risposta. Il caso ha anche una coda davanti al giudice civile che va avanti da tempo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La squadra Mobile ha sequestrato 900mila euro dal conto della curatela fallimentare dell’impresa edile vicentina Steda spa, già impegnata in lavori di ricostruzione post-terremoto 2009 e al centro dell’inchiesta “Do ut des”.
A eseguire le misure della Mobile aquilana, diretta da Tommaso Niglio, è stata la sezione Reati contro il patrimonio. Il sequestro, considerato rilevante nel settore ed eseguito in una banca veneta, nasce su mandato del sostituto procuratore David Mancini che indaga per appropriazione indebita, al momento contro ignoti.
L’indagine è partita da un esposto dell’azienda edile aquilana di Cesare Silva, che accusa la curatela di Steda di appropriazione indebita per aver incassato il quarto e quinto stato di avanzamento dei lavori (Sal) della commessa per l’intervento di ristrutturazione di Palazzo Carli, sede dell’Università, per oltre un milione di euro. Steda e Silva erano associate su questo lavoro post-terremoto.
L’indagine dovrà dimostrare anche i motivi per i quali il Comune ha pagato il Sal alla Steda nonostante, come scrivono i legali della Silva nella denuncia, la ditta del capoluogo avesse comunicato ai funzionari dell’ente che c’erano decreti ingiuntivi per spettanze non pagate da Steda alla ditta Silva. Un comportamento inspiegabile al quale qualcuno dell’ente dovrà fornire una spiegazione nell’ambito di un procedimento penale, che sia pur parallelo a quello principale, è in corso da anni con alcuni blitz della polizia nell’istituto di credito veneto interessato.
Com’è noto, secondo il castello accusatorio di “Do ut des”, la Steda sarebbe stata imposta come partner dagli ex amministratori, finiti ai domiciliari, alla ditta Silva, che aveva avuto alcuni incarichi, tanto che si procedette a creare un’Associazione temporanea d'impresa (Ati).
E proprio su questa circostanza punta, secondo quanto appreso da fonti giudiziarie, la tesi difensiva dell’amministrazione comunale, chiamata in causa in questo nuovo filone: Steda di quell’Ati era capogruppo, perciò è a quell’impresa che sono stati indirizzati i pagamenti. Resta comunque il fatto che i legali della ditta Silva da diversi anni avevano presentato delle diffide per ottenere almeno una parte di quella somma senza ottenere risposta. Il caso ha anche una coda davanti al giudice civile che va avanti da tempo.
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