SULMONA
Morte del generale, la Procura archivia
Esclusa l’istigazione al suicidio, nessun legame con Rigopiano. Ma gli ex colleghi gettano nuove ombre: «Mai ascoltati»
SULMONA. Archiviata l’inchiesta per istigazione al suicidio avviata dalla Procura di Sulmona sulla tragica fine del generale Guido Conti. Ma è un epilogo che non cancella i tanti interrogativi che hanno portato l’alto ufficiale a spararsi un colpo di pistola alla tempia. Era un venerdì quel 17 novembre di un anno fa, quando il generale dei carabinieri forestali, 58 anni, fu ritrovato senza vita a pochi metri da una Smart, auto lasciata sul ciglio della strada, chiusa da anni, che collega Sulmona a Pacentro. Per la Procura, a guidare la mano di Conti non ci sarebbe stato nessuno.
ANCORA DUBBI. Non la pensano così i colleghi della Forestale che quotidianamente hanno lavorato al fianco del loro superiore che ancora oggi sono convinti che quell’estremo gesto non sia stato il frutto dell’esclusiva volontà del generale. «Abbiamo in mano elementi che ci fanno pensare che quel colpo di pistola sia partito perché il generale Conti si sentiva oppresso», rivelano alcuni colleghi, «dal momento del ritrovamento del cadavere nessuno ha ritenuto di ascoltarci, tenendoci fuori da un’inchiesta che secondo noi doveva avere un altro epilogo». Dichiarazioni che lasciano un cono d’ombra ancora più ampio su questa tragica vicenda.
CHE COSA ACCADDE. Ricostruendo quella giornata, il generale uscì di casa ben presto, già sapendo quello che avrebbe dovuto fare. Dapprima va in una tabaccheria sotto i portici di via De Nino per acquistare tre buste da lettera e un francobollo. Poi dal vicino sportello della Bnl preleva 1.500 euro in contanti che saranno ritrovati a casa. Dopo queste due operazioni, di Conti si perdono le tracce. Sparisce il telefonino, mai ritrovato, mentre dal suo computer scompaiono sia il profilo Facebook che tutti i file delle inchieste che aveva condotto personalmente. Computer che qualche giorno prima il generale aveva portato a resettare in un negozio di informatica. Solo nel primo pomeriggio di quel venerdì i familiari e gli amici cominciano a preoccuparsi per le sorti di Conti che non si trovava da nessuna parte. Da quel momento partono le ricerche di polizia e carabinieri che si concludono poco dopo le 21 quando due forestali, che avevano lavorato sempre a stretto contatto con l’ufficiale, lo ritrovano cadavere.
LE INDAGINI. Da quel momento è il Nucleo investigativo dell’Aquila agli ordini del maggiore Edoardo Commandè a svolgere le indagini, coordinate dal pm Aura Scarsella. I primi misteri riguardano il destinatario di una delle tre lettere che non è stato mai identificato. Come pure resta un mistero la scelta di Conti di abbandonare la divisa portata con orgoglio per lunghi anni segnati da delicate inchieste e importanti risultati (fu lui a scoprire la mega discarica di Bussi).
IL CASO RIGOPIANO. Unico suo cruccio che rivela anche nella lettera lasciata ai familiari è la tragedia dell’hotel di Rigopiano di cui, in qualche modo, si sentiva coinvolto. Anche se questo richiamo è stato poi smentito dai risultati dell’inchiesta. Come resta un mistero il licenziamento lampo dal Gruppo francese Total. Tante le ombre. Ma i colleghi decisi a parlare, se dovessero essere ascoltati, potrebbero fornire nuovi elementi interessanti utili a riaprire l’inchiesta.
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