Massimo Urbani e Massimo Franzè, morti a Campo Felice

Morti sotto la valanga a Campo Felice, erano sciatori esperti

Chi sono le vittime: grandi amici e legati all'Abruzzo. Franzé aveva fondato Okcom. E un altro appassionato racconta: "Io scampato alla tragedia per una coincidenza"

L'AQUILA. Appassionati di montagna ed esperti sciatori. Massimo Urbani, 57 anni, e Massimo Franzè, 56 _ le vittime della valanga di Campo Felice _ erano molto conosciuti nella zona. Entrambi romani erano amici e legati dalla passione per la montagna insieme ad Americo Guerrazzi, scampato per un miracolo alla slavina e ora ricoverato per politraumi.

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Urbani, sposato, con due figli, sui social manifestava tutta la sua passione per lo scii. Laureato alla Sapienza, consulente e docente in contrattualistica pubblica, viveva e lavorava a Roma ma era molto legato all'Abruzzo. Tornava spesso a Ortona dei Marsi, dove la sua famiglia ha una casa, insieme ai due fratelli e alla madre. A Ortona la famiglia Urbani ha anche una cappella. Aveva due lauree, una in Economia e commercio e una in Giurisprudenza. «La prima montagna che ho conquistato da bambino - scriveva sul suo profilo nell'agosto 2015 - in fondo c'è Scanno ... sarà il posto dove saranno sparse le mie ceneri ... il più tardi possibile».

Massimo Franzè, era un imprenditore nel settore della telefonia, oltre che uno scialpinista e uno sciatore con tanta esperienza alle spalle. Era fondatore e presidente della Okcom, azienda telefonica che aveva rilevato parte delle quote di Telecom. Lavorava a Roma, ma frequentava l'Abruzzo da tanti anni proprio perché appassionato di montagna. Spesso prendeva una casa in affitto a Rocca di Mezzo.

Con i tre doveva esserci un altro amico, Massimo D'Azzena, medico di Roma, che all'Ansa ha raccontato la combinazione che gli ha salvato la vita: «È un puro caso che io sia vivo. Dovevo essere con loro ma stamattina quando sono arrivato l'impianto era ancora chiuso e non ho agganciato i miei amici». «Quando è accaduto - ha spiegato - sono stato contattato da un nostro amico comune che mi chiedeva se stessi bene: ed è allora che mi ha detto della slavina. Ho capito subito che si trattava di loro. Siamo andati al punto critico e abbiamo visto l'elicottero del soccorso e i cani. C'erano anche altri amici», ha proseguito D'Azzena. La scena è stata impressionante: «Si è staccato un pezzo di montagna grosso, un dente di neve che si è accumulato col vento della notte». Una dura lezione di fronte alla quale D'Azzena ora invita alla massima prudenza: «Le disgrazie accadono sempre ai più bravi».

Rimane riservata la prognosi di Americo Guerrazzi, lo sciatore romano unico superstite della valanga che ieri, durante un fuori pista, ha ucciso i suoi due amici. I medici potrebbero sciogliere la prognosi di Guerrazzi nella giornata di domani. L'uomo è in stato di choc, ricoverato nel reparto di Chirurgia dell'ospedale San Salvatore. Arrivato in codice rosso, ha avuto necessità di numerose trasfusioni. Ha riportato numerose lesioni ritenute dai medici importanti.